martedì 2 dicembre 2008

"Un patto tra Cosa nostra e la politica. I boss scelsero candidati di FI e Udc"

In mille pagine, il giudice motiva la sentenza che condanna i capi mandamento. Provenzano decide di inserire uomini fidati nelle liste, la sua lobby per il comando
di ALBERTO CUSTODERO
PALERMO - Cosa Nostra di Bernardo Binnu Provenzano è "lobby o partito?". S'intitola così, nella motivazione della sentenza che spiega le condanne a 430 anni di carcere di 40 boss, il capitolo più delicato dedicato ai rapporti fra il vertice della mafia siciliana e la politica. Il giudice dell'udienza preliminare Piergiorgio Morosini - che ha depositato ieri le 1000 pagine della motivazione - lascia aperto questo interrogativo. Perché la mafia può essere l'uno o l'altro, lobby o partito, a seconda dei tempi. Quel che è certo, scrive il gup, è che i capimandamento di Cosa Nostra "fin dal 2005 iniziano a tessere la trama" per le future elezioni del 2006. "Vogliono essere pronti per il momento cruciale in cui si giocherà la partita. Pretendono posti nel consiglio comunale e in quello provinciale. Scelgono i candidati per le elezioni ormai prossime e si attivano per affiancarli a uomini influenti dello schieramento del Polo delle Libertà. In particolare di Forza Italia e dell'Udc". Il gup Piergiorgio Morosini traccia la storia di quei "reticoli politico-clientelari e reticoli del potere mafioso" partendo dalla seconda metà degli anni Ottanta, quando, "crescendo la disillusione nei confronti della Dc, Cosa Nostra cerca un nuovo veicolo politico per i suoi interessi". Alle elezioni politiche del 1987 "delle avance furono fatte al Psi", ma è dopo le condanne del '92 al primo maxiprocesso - scartato il progetto di creare il movimento separatista "Sicilia libera" - che il boss Bernardo Provenzano "punta all'immersione" e "suggerisce di cercare rapporti e offrire sostegno a nuove forze politiche nazionali che stanno nascendo sulle rovine del vecchio sistema dei partiti". Provenzano, va detto, è diffidente nei confronti dei politici che definisce ora "truffaldini", ora "sprovveduti". Ma sempre "calcolatori". E allora il leader corleonese arrestato a Montagna dei Cavalli decide di "creare una "cordata riservata" che studi il modo di interagire con la politica". A partire dagli anni Novanta, nella "cordata Provenzano" entra a far parte "un gruppo ristretto di consiglieri e di persone lungimiranti chiamato a raccolta dall'anziano boss per le questioni più delicate". "Quel trust di cervelli - scrive il gup - deve aiutarlo a tessere la trama per recuperare consenso e intrecciare nuovi legami dopo le stragi del '92 e '93". Di questo gruppo fa parte "pure l'onorevole regionale Giovanni Mercadante, eletto nel 2001 nelle liste di Forza Italia". Ma è il 2006 l'anno che vede Cosa Nostra "in stato di fibrillazione: cambiano Camera e Senato, si rinnova l'Assemblea regionale, i consigli comunali. "Gli uomini di Provenzano - annota il giudice Morosini - sono in stato di allerta. Il gotha mafioso è chiamato a scelte importanti che lasceranno il "segno" per gli anni venturi". L'Italia bipolare, osserva il gup, "probabilmente è a un bivio. Ma in Sicilia il Polo delle Libertà è ancora forte di quel 61 a zero del 2001, con una componente Udc che, oltre ad esprimere il presidente della Regione, costituisce quasi un terzo dell'elettorato nazionale di quel partito". "La decisione sulla coalizione da votare sembra scontata, c'è una netta preferenza per il Polo della libertà". Provenzano, il reggente di Cosa Nostra dopo l'arresto di Totò Riina, sceglie di "internalizzare la rappresentanza politica, ossia mobilitare il proprio peso elettorale in favore di membri interni alla associazione da presentare come candidati, appoggiando persone legate da stretti vincoli di amicizia o parentela al capo o ai capi delle cosche". Ma a svelare la nuova strategia politica di Cosa Nostra, il nuovo schema di "internalizzazione" che si ripete anche in altri casi, è il rapporto fra "i Mandalà" e Francesco Campanella. Quest'ultimo è considerato dal gup "uomo ponte" fra le cosche e il mondo politico. "Al suo matrimonio sono suoi testimoni il leader dell'Udeur Clemente Mastella e l'onorevole Salvatore Cuffaro". Nel 2000 è segretario nazionale dei giovani Udeur, quindi resta consulente del sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino, di Fi, che lo stesso Campanella indica alle cosche come candidato ideale a primo cittadino. Furono quei due politici, utilizzando di notte gli uffici anagrafici comunali, a confezionare il documento d'identità falso utilizzato da Provenzano per recarsi a Marsiglia a farsi operare. "Non collateralismo, dunque, ma leadership, è questo l'orientamento prevalente di Cosa Nostra". "Internalizzare la rappresentanza - spiega ancora il gup - significa essere più forti nella costituzione di lobby politico-mafiose da utilizzare in posizioni chiave della vita economica, politica e istituzionale". Il quartier generale politico di Cosa Nostra è ricavato in un box di lamiera che, però, la polizia ha imbottito di microspie. Rinchiusi là dentro, è Antonino Cinà a parlare con Nino Rotolo "del deputato regionale Giovanni Mercadante: in cambio dell'appoggio elettorale per il rinnovo dell'Assemblea regionale, Mercadante dovrà sostenere al consiglio comunale di Palermo il prescelto dei boss, Marcello Parisi, nipote dell'associato mafioso Angelo Rosario Parisi". E Mercadante si dà subito da fare, promettendo di "attivarsi con l'onorevole Francesco Musotto, presidente della Provincia di Palermo, proveniente da Fi, nella sponsorizzazione del candidato del Corleonesi" al palazzo delle Aquile.
(La Repubblica, 2 dicembre 2008)

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