lunedì 29 dicembre 2008

Se il boss è un eroe, cliccando su Facebook

di Roberto Puglisi
La cosca? La ritrovi su Facebook. Questi non ammazzano. Non sciolgono gli avversari nell’acido, secondo il delicato modus operandi introdotto dai corleonesi, non fanno saltare giudici per aria col tritolo, e ci mancherebbe. Semplicemente simpatizzano.
La scoperta l’hanno fatta le agenzie oggi e le citazioni sono d’obbligo. “Sul social network Facebook impazzano i fan dei boss mafiosi, come i corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano, che hanno anche formato dei gruppi che raccolgono migliaia di iscritti. Un gruppo cerca il sosia ufficiale di Provenzano e mette in rete le foto di persone che somigliamo al padrino. Provenzano ha un fan club con 201 iscritti un gruppo per la sua ‘santificazione’ con 152 aderenti e altri tre profili intestati a suo nome e con la sua foto, uno dei quali fondato da ‘Paolo Provenzano’. Nelle pagine a suo nome c'è chi gli augura ‘Buon Natale’, chi gli dice che ‘è grande’, chi mette video sulla sua storia, e chi gli ‘bacia le mani’. Cinque sono i profili intestati invece al boss latitante trapanese Matteo Messina Denaro, su cui alcuni giovani chiedono ‘ma lei è veramente Messina Denaro’ o si dicono ‘onorati della sua amicizia’. Salvatore Riina è il mafioso che ha più profili, oltre dieci, e centinaia di fans. C'è anche il gruppo ‘Totò Riina libero’ con 133 membri. E tra i commentatori c'è chi scrive: ‘Riina è un grande’ o scherza in maniera incosciente sulle stragi di mafia o sulle vittime di Cosa nostra. Un fan di Riina chiede ‘Ma cu è stu Dalla Chiesa?’”.
Fin qui la cronaca e il comprensibile sdegno. Per chi ha vissuto sulla sua pelle le stragi di Cosa nostra, in maniera indiretta o con direttissime ferite, i latrati paramafiologhi disseminati su Facebook non possono nemmeno muovere a un sorriso di compatimento. Ed è pure vero che – in democrazia, al netto del caso in studio – perfino il diritto all’idiozia dovrebbe essere garantito. Del resto, quando si girano le fiction, quando si scrive di Corleone come se si scrivesse del vecchio West, poi capita che gli sprovveduti mitizzino e si confondano, se perdono di vista la storia ed entrano in un disgustoso pastone che sa di finta letteratura e di vera mercificazione. A quando i pupazzetti di Binnu? L’antidoto? La scuola, si diceva un tempo. O forse le lacrime filmate di Rosaria Schifani che piange ai funerali di Falcone. O forse qualche pacata parola, qualche frase banale, buona e sincera sulla giustizia, sull’onore, sulla legge. Ma chissà se basterebbe davvero nel virtuale che eguaglia tutto e che, in fondo, non può conoscere indignazione, perché questo virtuale nasce per addormentare e sostituire la realtà. Così, alla fine nemmeno capisci più la differenza tra un bieco assassino e un eroe in borghese o con le mostrine dei carabinieri, come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Palermo, 29 dicembre 2008
da I Love Sicilia

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