giovedì 29 aprile 2010

Sicilia. Il Pd voterà la finanziaria solo se l'acqua tornnerà ad essere a gestione pubblica, nelle mani dei comuni

di Ignazio Panzica
Finanziaria regionale 2010. Il Pd ha ribadito le sue quattro proposte qualificanti che dovranno figurare nel testo che, alla fine, dovrà essere esitato dall’Ars. Si tratta di veri e propri “paletti politici di confine”, non contrattabili. Le condizioni necessarie per ottenere il voto di sostegno del Pd siciliano al documento finanziario in discussione:
1) ripubblicizzazione della gestione delle reti idriche; 2) aumento del numero dei siciliani aventi diritto all’esenzione dal ticket sanitario per talune delicate prestazioni mediche e diagnostiche specialistiche (tac, risonanza magnetica, etc); 3) istituzione del tempo prolungato al pomeriggio nelle scuole siciliane ; 4) avvio della revisione e/o accorpamento delle 38 società regionali collaterali, partecipate o controllate, e degli enti pubblici ormai ad attività ridotta tipo l’Esa. Ma è la ripubblicizzazione dell’acqua, l’indicazione politica prioritaria, che darebbe un segno tangibile della “discontinuità” con le precedenti gestioni governative del centrodestra siciliano. Per intanto il Lombardo ter, in Commissione Bilancio, ha fatto propri gli emendamenti Pd sull’acqua, trasformandoli nei corposi articoli 50 e 51 del testo della Finanziaria esitata per la votazione in aula. Per rafforzare ulteriormente la strada odierna della ripubblicizzazione dell’acqua, lo stesso Pd, il segretario regionale Giuseppe Lupo e Giovanni Panepinto hanno già depositato un sub emendamento che propone, ai sensi dell’art.14 dello Statuto autonomo della Regione, di far dichiarare l’acqua e il suo sistema di gestione: “bene e servizio pubblico privo di rilevanza economica”. Ossia riuscire a fissare in una norma di legge di valenza parastatutaria, il principio dell’Onu secondo cui l'acqua è un bene vitale per l'umanità. Come bene collettivo, indisponibile nella sua gestione sia al commercio che al profitto dei privati. Esattamente quello che ha già prodotto - con omologhe modifiche statutarie già approvate in ben 143 comuni siciliani di tutte le nove province dell’Isola - il movimento dei sindaci per “l’acqua bene pubblico”. Opinione che ormai rappresenta fisicamente un milione e mezzo di cittadini siciliani, contrari alla devoluzione ai privati della discrezionalità nella gestione delle reti idriche comunali e regionali. “Con il proposto articolo 50 della Finanziaria ci stiamo impegnando ad identificare il criterio giuridico e contrattuale per potere giungere alla risoluzione, in modo meno oneroso possibile – spiega Giovanni Panepinto deputato regionale del Pd ed uno dei portavoce del “movimento dei 143 comuni” - dei contratti di gestione affidata ai privati, attualmente attivi in sei province su nove. Sfruttando la possibilità di utilizzare, nel frattempo, la decisione del parlamento nazionale che ha recentemente abrogato, comunque, l’articolo 148 del Dlgs n°152/2006, ossia la cancellazione degli Ato idrici”. “Invece, con l’articolo 51 della Finanziaria, con la creazione del Comitato consultivo degli utenti, da allocare presso l’Assessorato regionale all’Energia – incalza Panepinto – abbiamo cercato di realizzare giuridicamente una camera di compensazione regionale permanente, per identificare e porre sotto vigilanza i costi del servizio idrico, a tutela delle tasche e dei diritti civili dei cittadini –consumatori.” Non vi è dubbio che se all’Ars dovessero essere approvate anche queste due norme di legge sulla ripubblicizzazione dell’acqua in Sicilia, ci troveremmo di fronte ad un fatto storico, di valenza politica e di vantaggiosità economica, pari alla già esitata riforma sul sistema regionale dei rifiuti. Che, oltre a cancellare gli Ato, ha posto delle condizioni di legge oggettive per rendere tecnicamente non più praticabile la realizzazione dei termovalorizzatori nell’ambito del territorio regionale.
Da SiciliaInformazione, 27 aprile 2010

Corleone. Il “5 per mille” per le opere d’arte a Corleone

L’Associazione OMNIA onlus, in collaborazione con il Comune di Corleone e la Curia arcivescovile di Monreale e la partecipazione delle associazioni culturali operanti a Corleone CEPROS, PALLADIUM, ROTARY CLUB CORLEONE, SAN LEOLUCA, IL ZERO con il Comitato del Venerdì Santo e con l’associazione dei Medici di Corleone, propone ai suoi concittadini un modo innovativo e del tutto originale per destinare il “5 per mille” in occasione della prossima dichiarazione dei redditi: la quota che ogni persona, ogni anno, destina a enti o associazioni, potrà essere versata – ovviamente in modo gratuito - per il restauro di alcuni beni artistici corleonesi. Aderire all’iniziativa è facile e non costa nulla: basta cercare nei moduli della dichiarazione dei redditi (UNICO PF, mod. 730, CUD 2010) lo spazio “scelta per la destinazione del cinque per mille”, mettere la firma nell’apposito riquadro “sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e scrivere nello spazio dedicato il seguente codice fiscale 92002760822. Le opere sono state individuate da un apposito comitato di gestione, presieduto dal sindaco Nino Iannazzo e composto da Maria Billeri, don Bernardo Briganti, Domenico Ferrara, Chiara Filippello, Giuseppe Puccio, Emiliano Somellini.
Il comitato curerà la programmazione degli interventi e la gestione delle risorse, rendicontando le attività svolte e le spese sostenute. Le cinque opere d’arte che saranno restaurate per l’anno 2010 sono state individuate nella Madonna del Rosario della Chiesa di San Domenico, l'Angelo custode della Chiesa di San Leoluca, la Macchina della Misericordia della chiesa della Misericordia, la tela di San Leoluca della Chiesa Madre, l'altare ligneo policromo della Chiesa dei Cappuccini quest’ultimo oggi esposto alle intemperie ed oggetto di un recente progetto di messa in sicurezza redatto dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Palermo.Gli interventi di restauro verranno realizzati progressivamente in relazione alle disponibilità di risorse raccolte.
“È un modo nuovo – dice Giusy Iaria, presidente dell’Associazione Omnia onlus – di interpretare il nostro appartenere alla comunità corleonese, oggi più che mai viva ed attiva”. “Ogni anno, in questo periodo – spiega il sindaco e presidente del comitato di gestione Nino Iannazzo – veniamo bombardati da decine di messaggi pubblicitari sul 5 per mille. Il più delle volte gli interventi, sia pur importanti, sono realizzati a decine di chilometri di distanza della nostra realtà e i loro effetti sono percepiti in maniera mediata. Proponiamo un modello che ci consenta di recuperare o preservare il nostro patrimonio artistico culturale senza ulteriori dispendio di risorse economiche. Questo modello, da poter esportare anche in altri contesti, consentirà ai contribuenti di monitorare l’effettivo utilizzo delle risorse assegnate e di beneficiare direttamente degli interventi. È un bell'esempio di collaborazione tra istituzioni e associazioni cittadine, che nella Città d’arte delle cento chiese ancora mancava”. Per informazioni è possibile visitare i siti www.omniaonlus.org e www.comune.corleone.pa.it o iscriversi al gruppo su facebook 5 x mille opere d’arte a Corleone.

lunedì 26 aprile 2010

Sondaggio tra gli studenti del Centro Pio la Torre: "Mafia più forte dello Stato"

E' quanto emerge dall'indagine demoscopica curata dal Centro Pio La Torre di Palermo. Intervistati gli alunni di 82 scuole in tutta Italia. Il rapporto fra mafia e politica viene ritenuto molto o abbastanza forte dal 95% degli intervistati
"La mafia fa schifo e deve essere sconfitta, ma lo Stato sia più presente tra la gente". Il giudizio dei giovani sulla mafia è assolutamente negativo, ma è accompagnato da un'ampia sfiducia sulla possibilità di liberarsene a breve fino a considerarla più forte dello Stato.
E rimane grande la distanza rispetto ai politici e alla classe dirigente, ritenuti responsabili dei processi corruttivi nella vita pubblica. Questi i risultati più rilevati di una vasta indagine sulla percezione del fenomeno mafioso realizzata dal Centro Pio La Torre di Palermo, su scala nazionale, attraverso un questionario che è stato distribuito tra gli studenti di 82 scuole superiori. Il rapporto fra mafia e politica viene ritenuto molto o abbastanza forte dal 95% del campione, questa volta senza significative differenze a livello territoriale. Una quota alta e una diffusione della sfiducia vasta a livello territoriale. Forse è anche per questo che gli studenti intervistati non sono affatto ottimisti sull'esito della lotta alla mafia. Intanto è radicata la convinzione che quest'ultima sia più forte dello Stato, come afferma ben il 55%, anche se è curioso osservare che tale convinzione è inversamente proporzionale alla percezione di influenza della mafia sull'economia regionale, infatti risponde in tal senso il 64% circa degli studenti laziali e Centro settentrionali, il 56% di quelli residenti in Calabria e Basilicata ed il 51% dei siciliani. Sconfortante è, infine, il dato sulle possibilità di liberarsi da questa piaga: solo il 26% del campione ritiene che la mafia potrà essere definitivamente sconfitta. Particolarmente sfiduciati sembrano i ragazzi del Lazio (solo il 18%) e quelli del Centro Nord (il 25%); ci contano di più i calabresi e i lucani (30%) ed i siciliani (28%). Per questi ultimi, però, la fiducia è in costante caduta: lo scorso anno infatti la percentuale di coloro che ritenevano possibile la sconfitta della mafia si attestava al 37%. Si sarebbe registrata, dunque, una caduta della fiducia di oltre dieci punti percentuali. La fiducia nei magistrati e nelle forze dell'ordine appare ben più alta in Sicilia e tra i calabrolucani che in Lazio. Nel Centro-Nord il dato di fiducia verso i magistrati è più basso che al Sud, mentre vi è maggiore fiducia verso le forze dell'ordine rispetto al Lazio. Il 36% degli studenti ritiene che la mafia possa rappresentare un forte ostacolo per la costruzione del proprio futuro, sono gli studenti del Mezzogiorno a nutrire i maggiori timori: il 59% dei calabresi e dei Lucani, il 42% dei siciliani contro il 29% dei Laziali ed 24% dei centro settentrionali. La piena consapevolezza dell'influenza della mafia sul mondo del lavoro da parte dei giovani viene confermata dalle risposte fornite alla domanda circa i fattori che permettono alla mafia di continuare ad esistere. Infatti, mentre gli studenti delle regioni sud e insulari pongono al terzo posto la mafia come causa delle scarse opportunità di lavoro presenti nei loro territori, gli studenti del centro e del nord, collocano tale fattore al quarto posto per importanza, su un totale di otto fattori. Da rilevare, al proposito, che la corruzione della classe dirigente viene indicato come primo fattore dalla maggioranza degli intervistati ed in tre delle aree territoriali considerate (Sicilia, Lazio e Settentrione). Fanno eccezione la Calabria e la Basilicata dove il primo fattore è la bassa fiducia nelle istituzioni. Ma, a fronte della piena e diffusa consapevolezza delle capacità della mafia di condizionare il mercato del lavoro locale, i giovani sembrano determinati a non scendere a patti con i mafiosi; in questo addirittura i giovani del Sud sembrano mostrare, in proporzione, una maggiore determinazione rispetto ai coetanei del Centro e del Nord: ricorrerebbero ad un mafioso per avere un posto di lavoro solo il 15% dei calabresi e dei Lucani, il 24% dei siciliani, il 23% dei laziali ed il 20% dei centro settentrionali. Per quanto riguarda l'informazione sul fenomeno, secondo i siciliani "parlano adeguatamente" della mafia i giornali nel 51% dei casi, la Tv nel 52%, i libri nel 33,6%. Per i calabro/lucani i giornali nel 64,1% dei casi, la Tv nel 69,2%, i libri nel 30,8%. Nel Centro-Nord, invece, i libri stanno al 50,9%, i giornali al 35,1%, la Tv al 37,8%. Nel Lazio i libri sono al 38,8%, i giornali al 43,9%, la Tv al 47,5%. Tali numeri dicono, in effetti, che per molti la Tv, più che un mezzo adeguato, è l'unico mezzo di informazione, e che nel Centro-Nord si leggono più libri che al Sud. In tutte le regioni circa il 40% discute del tema anche con i propri familiari. "Se la classe dirigente del Paese sapesse ascoltare quanto proviene da questi studenti dovrebbe cambiare la propria politica. Sarebbero più difficili le pratiche devianti, sarebbe più forte il rispetto dell'etica della responsabilità, si rafforzerebbero senso civico e difesa del bene comune", dice il presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco.
(La Repubblica, 26 aprile 2010)

domenica 25 aprile 2010

Calcio. Il Prizzi proiettato verso la promozione. Ieri ha battuto il Pro Favara per 3 a 2

U.S.D. PRIZZI 3 - PRO FAVARA 2
USD.PRIZZI: Dario Pomilla (47’ Pantaleo), Venezia, Giannini, Di Gregorio, Tuzzolino (47’Alberto Galluzzo, Carmelo Galluzzo, Costanza ( 47’Di Giovanni), Romano, Canzoneri.
PRO FAVARA: Giardina, Martorana Milioti, Pitruzzella, Arnone, Puccio, Schifano, Salemi, Valenti, Cerosi, Favara
ARBITRO: Salvatore Riso di Enna collaboratori ignori Bevilacqua e Ensabella di Enna
RETI: 24’ Favara – 27’ Cannella – 46’ s.t. Valenti - 49’ s.t. ’ Alberto Gaqlluzzo – 9’ st. supplementare Alberto Galluzzo.
Prizzi: Un Prizzi caparbio e deciso
supera un grande Pro Favara intraprendente e probabilmente sfortunato. I palermitani ci hanno creduto sino alla fine e con Galluzzo hanno acciuffato prima il pari al 94’ del secondo tempo e poi la vittoria finale al 9’ minuto del secondo tempo supplementare con un gol di Alberto Galluzzo che proietta il Prizzi verso la promozione. Partita con inizio prudente da parte delle due squadre. La rete del vantaggio degli agrigentini arrivava al 24’ con un gran tiro di Favara. Il pareggio del Prizzi dopo 3 minuti. Al 27’ quando, con un secco diagonale, Cannella batteva Giardina. Si andava al riposo sul pari 1 a 1. Secondo tempo giocato con grande intensità sino al 48’ quando Tuzzolino in area trattiene per la maglia un avversario è rigore: il signor Riso non ha dubbi. Valenti dal dischetto non sbaglia. E’ 2 a 1, ma il Prizzi non si rassegna ed in pieno recupero Alberto Galluzzo pareggia. Si andava ai supplementari dopo il primo round supplementare finito in parità al 9’ minuto del secondo tempo Alberto Galluzzo risolveva una mischia in area e dopo un tentativo di Cannella batteva Giardina segnando la sua seconda rete ed il vantaggio dei palermitani. Vano l’assedio degli ultimi minuti dei calciatori del Pro Favara che sino alla fine cercavano disperatamente il pari che li avrebbe portati alla lotteria dei rigori. Il Pro Favara esce a testa alta dal campo nonostante la sconfitta. Per il Prizzi l’avventura continua grazie alle magie del bomber Alberto Galluzzo.
Cosmo Di Carlo
NELLA FOTO: Il bomber Alberto Galluzzo

venerdì 23 aprile 2010

L'EDITORIALE. Berlusconi-Fini: quella ferita al corpo mistico del sovrano

di EZIO MAURO
IN QUELLO stesso spazio televisivo dov'era nato sedici anni fa il "miracolo" berlusconiano, ieri si è scatenato l'inferno del Cavaliere: il numero due del Pdl, cofondatore del partito e terza carica dello Stato, che contesta pubblicamente la sua leadership e critica la sua politica, rispondendogli colpo su colpo, chiamandolo per cognome, e poi durante la replica concitata del premier si spinge sotto il palco col dito alzato, negando le accuse e restituendole.
Il partito è sotto shock per la ferita inferta in diretta al corpo mistico del leader più ancora che al suo ruolo, per il delitto inconcepibile alla sovranità perenne berlusconiana, per il primo gesto di autonomia e di indipendenza del quindicennio, vissuto non solo come una rottura ma come un sacrilegio. Il Cavaliere, abituato alle apoteosi, resta palesemente senza copione, sotto lo sguardo delle telecamere e degli italiani, in uno psicodramma che è insieme privato e di Stato, come tutto ciò che lo riguarda. I numeri sono tutti dalla sua. Ma il sipario del suo lungo talk show con l'Italia è irrimediabilmente strappato.

Ci vorrebbe infatti Hitchcock, più che qualche scienziato della politica, per spiegare lo spettacolo inedito di ieri, la profondità teatrale della ferita in scena, la tempesta in arrivo sul fondale. I volti, le mani, i gesti, contavano più delle parole, come accade nei rari momenti della verità, quando davvero i nodi vengono al pettine. Qui il nodo è talmente aggrovigliato, e da anni, che può scioglierlo solo la spada. E infatti finirà così. Cozzano insieme, con il fragore spettacolare di ieri, due mondi alleati ma inconciliabili, due figure politiche legate ma divaricate, due uomini che si devono reciproca riconoscenza ma non si sopportano più, e infine e soprattutto, due culture politiche che la velocità del predellino e la cartapesta televisiva non sono riuscite a fondere, perché negli ultimi due anni sono cresciute in direzioni opposte e per questo dovranno separarsi. Una è una cultura conservatrice in senso moderno, repubblicana e costituzionale. L'altra è estremista e rivoluzionaria, proprietaria e post-costituzionale.

Dopo le elezioni regionali, vinte grazie alla Lega, il premier ha fatto capire a tutto il sistema che questo finale di legislatura si giocherà a destra e nel governo interamente sotto il segno della diarchia Bossi-Berlusconi. Fini è escluso, ridotto a un ruolo di comprimario, fuori dall'asse ereditario, estraneo anche alle strategie che preparano il futuro: nessuna riforma interessa in realtà il Cavaliere, il patto con Bossi riguarda esclusivamente il federalismo e la difesa blindata di questa legge elettorale. Tutto il resto, è specchietto per le allodole (o per qualche oppositore perennemente con la mano tesa, abituato a ballare alla musica altrui), paesaggio di comodo per i telegiornali di regime, meccanismo tecnico di divagazione parlamentare, per puntare in realtà alle uniche cose importanti per il Cavaliere, l'eliminazione della par condicio televisiva, il blocco delle intercettazioni, il lodo Alfano costituzionale per fermare definitivamente ogni inchiesta della magistratura. Assorbita An nel Pdl, assorbiti molto più facilmente gli ex colonnelli rivelatisi semplici brigadieri, Fini se non voleva degradare se stesso a colonnello aveva davanti a sé la scelta obbligata di una strada indipendente ed autonoma. Ha deciso di rendersi autonomo, restando nel partito, e questa scelta da sola lacera la ragione sociale del Pdl e dello stesso berlusconismo.

Berlusconi è pronto a rompere con chiunque e quasi a qualsiasi prezzo, pur di affermare la sua sovranità indiscussa: ed è pronto a negoziare con chiunque e a un prezzo ancora più alto, pur di riaffermare il suo comando. Ciò che non può accettare è la lesione continua, visibile e manifesta, del suo busto imperiale, che è il vero simbolo fondatore e imperituro del Pdl, secondo la sua concezione. Ciò che non può reggere è un'opposizione organizzata, pubblica e permanente, che lo ingabbi al di là dei numeri a suo favore in una discussione quotidiana, in una trattativa senza fine, in una contestazione alla luce del sole, ingigantita nel gioco parlamentare e mediatico. Che tortura diventerà, in questo schema, la discussione sul Dpef? Che rischi correranno le spericolate misure sulla giustizia ad uso personale? Che logoramento subirà la potestà suprema del leader unico, obbligato ogni volta ad infilarsi nei corridoi delle notti democristiane dei lunghi coltelli?
Ma sono soprattutto la cultura politica, la natura leaderistica, la simbologia carismatica e vagamente messianica del Cavaliere che risultano incompatibili davanti al gesto di un numero due che stravolge i ruoli, lotta alla pari, punta sull'età e sullo scudo istituzionale, e rovescia il tavolo-altare della beatificazione perenne del Supremo.

Quei gesti di Fini sono l'inferno di Berlusconi, la prova che un'altra destra è possibile, l'annuncio che la democrazia interna può mandare in tilt un partito nato per essere un blocco unico e nient'altro, la promessa di un'alternativa che risolve alla radice il gioco della successione promessa e dell'eternità praticata dal premier.

Ciò che i Bondi ieri hanno visto sul volto del Cavaliere è il dopo-Berlusconi, improvvisamente anticipato ad oggi come in una premonizione televisiva, in un corto-circuito politico ed emozionale (molto più emozionale che politico) senza precedenti. Senza la finzione della calza sulle telecamere, dei finti cieli sui fondali, dei cori egemoni per "Silvio", l'irruzione della realtà e della verità ha sconvolto il palinsesto del Pdl, rendendo il Cavaliere per la prima volta afasico politicamente, incapace di condurre al suo esito un'assemblea e una giornata giocate tutte di rimbalzo, sui nervi, e clamorosamente senza nemmeno una conclusione politica. Un rovesciamento spettacolare per un leader che da casa interviene addirittura nei talk show, li domina al telefono togliendo la parola a tutti, per dire ciò che vuole, salutare e andarsene con l'ultima parola che conta.

Va visto con rispetto il travaglio del Cavaliere, che alla sua età e dopo tanti successi entra nell'inesplorato della guerriglia politica dentro casa, ipnotizzato da quella crepa che gli scandali estivi di un anno fa, il castello di contraddizioni e di bugie in cui si era avventurato, gli hanno aperto sotto i piedi: che i voti perduti delle regionali hanno allargato, e che Fini ieri ha indicato con quel dito alzato, perché le telecamere metaforicamente la mostrassero agli italiani. E va seguito con attenzione il passaggio spericolato del presidente della Camera, tradito dai suoi che avevano da tempo trovato un padrone e oggi gridano al tradimento, dimostrando che il dissenso in quel partito è un esercizio sicuramente rischioso (vedremo adesso il killeraggio della stampa di famiglia, che già si è distinta per il pestaggio degli eretici e dei critici), probabilmente impossibile.

Fini tenterà di restare nel Pdl parlando alla parte più moderata della destra e del Paese, ma intanto preparerà le sue truppe risicate, perché dovrà andarsene, più presto che tardi. Il Cavaliere ondeggerà tra paternalismo e pugno di ferro, e alla fine romperà definitivamente. Ma non solo con Fini, con tutto. Incapace di reggere, chiederà il giudizio di Dio nelle elezioni anticipate, per riavere dal voto quel che perde con la politica, tentando di andare al Quirinale con il controllo diretto della maggioranza parlamentare, trasformando il populismo nella religione finale: ieri il documento votato dal partito lo dice esplicitamente, quando spiega che il Pdl non è un partito ma un "popolo", che si riconosce nelle "democrazie degli elettori", e dunque non può contemplare il dissenso. L'avventurismo sarà la fase suprema, l'ultima, del berlusconismo al potere.

(La Repubblica, 23 aprile 2010)

L'Associazione "Musica Cultura Immagine" ritorna a Corleone con una nuova commedia musicale

Ritorna a Corleone con una nuova commedia musicale, l'associazione Musica Cultura Immagine, formazione composta da artisti di Bisacquino e di Corleone, che opera nel nostro territorio da oltre un quindicennio; un matrimonio ben riuscito tra artisti di due realtà territorialmente vicine, quella bisacquinese e quella corleonese, che ha dato vita in questi anni alla nascita di numerosi progetti musicali e teatrali molto apprezzati dalla critica e dal pubblico quali i due musical "La meravigliosa storia di Scrooge" e "Artistilandia... quando tutto cominciava con C'era una volta", gli spettacoli teatrali "A piece of sky", "U viaggiu Dulurusu", "Iuxta Crucem Lacrymosa", etc.. Dopo il grande successo della passata stagione con la commedia musicale "Il Viaggio di Pullicinella" rappresentato al Cine-Teatro Martorana nell'ambito della passata stagione teatrale curata dall'Associazione CEPROS di Corleone, l'associazione proporrà sabato 24 Aprile a Corleone sempre presso il Cine-Teatro Martorana una nuova Commedia Musicale dal Titolo "Non so nemmeno dir... Ti Voglio bene" un tributo al gran varietà televisivo dei fiorenti anni '30, '40 e '50 sulle note delle più belle canzoni (Bellezza in bicicletta, Ma le gambe, vecchia fattoria, Ma l’amore no, etc.) ed autori (Buscaglione, Rabagliati, Rascel, Quartetto Cetra, etc.) di quel periodo elaborate musicalmente dalla Maestra Luciana Rumore ed orchestrate dal Maestro Giuseppe Crapisi. Il testo teatrale, che narra di una storia d'amore che tarda a sbocciare a causa dell'eccessiva timidezza dei due protagonisti, è stato scritto da Costantino Margiotta, affermato autore delle reti Mediaset. La commedia, strutturata su due atti, vede impegnati sei musicisti (Luciana Rumore, Mimmo Cardella, Mario Giarratana, Maurizio Riina, Giovanni Calderone, Ignazio Calderone), dieci tra attori e cantanti (Mimmo Paternostro, Floriana Tortomasi, Maurizio Silvestri, Antonio Paneduro, Antonino Troia, Liliana Caronna, Daniela Caronna, Rita Nuzzo, Lucia Collura, Pino Labruzzo), un responsabile audio (Riccardo Liotta), un responsabile luci e video (Giuseppe Ceravolo).
Direzione musicale Giuseppe Crapisi.
La durata dello spettacolo è di circa 2 ore, il costo del biglietto è di € 6,00, vendita biglietti al Botteghino, oppure in prevendita presso:
Corleone: La soffitta della nonna – Confetti e Merletti.
Bisacquino: Walk Bar – Tabacchi Nicolosi – Caffè Triona.
Campofiorito: Giordano’s Bar.
Maurizio Silvestri

Stop alle pensioni d’oro, ecco la finanziaria targata Pd

di Gianni Parlatore
E’ un Pd soddisfatto quello che esce dalla maratona ,protrattasi per tutta la notte, del dibattito in commissione Bilancio per la discussione sulla legge Finanziaria. Secondo il capogruppo all’Ars dei democratici Antonello Cracolici -che ha illustrato in conferenza stampa i risultati dei lavori in commissione- l’anima della manovra economica, che arriverà in aula sabato mattina per l’inizio delle votazioni, “contiene un chiaro imprimatur progressista che può davvero aprire una stagione nuova per la Sicilia”.
La battaglia parlamentare del gruppo del Pd – stando alle parole di Cracolici – si è concentrata su tre interventi “in grado di raccogliere concretamente le domande di cambiamento che promanano dal popolo siciliano”: la ripubblicizzazione dell’acqua, il tempo pieno nelle scuole e la riduzione dei ticket sanitari. Sul versante della gestione del servizio idrico, Cracolici si è detto sicuro che “il Pd sarà in grado di condurre una vera battaglia dentro e fuori il Parlamento, contro nemici che, per arrestare il moto del popolo siciliano, utilizzeranno tutte le armi a loro disposizione, da quelle politiche, a quelle mediatiche a quelle giurisdizionali.” Grande soddisfazione è stata espressa da Cracolici anche per l’inserimento nel testo che verrà discusso e votato in aula, dell’articolo che introduce una copertura di 40 milioni di euro per permettere l’apertura delle scuole tutti i pomeriggi in particolar modo nei quartieri più poveri e disagiati della regione. Tra gli emendamenti voluti dai componenti democratici della commissione Bilancio anche quello riguardante l’innalzamento della soglia (elevata a 25.000 euro annui) per poter usufruire dell’esenzione sulle prestazioni mediche, capitolo che, secondo Cracolici: “incide pesantemente sui bilanci delle famiglie siciliane meno abbienti.” Rivendicando, invece, la paternità delle norme sul credito d’imposta per l’occupazione, il segretario dei democratici siciliani, Giuseppe Lupo ha anche annunciato l’impegno del gruppo assembleare per far approvare in aula l’emendamento inerente l’esenzione dall’addizionale irpef per i disoccupati, “in modo tale da far diminuire la pressione fiscale a carico dei cittadini senza lavoro.” Tra i punti qualificanti il lavoro emendativo realizzato dal Pd- secondo il capogruppo Cracolici – figura anche l’articolo contenente agevolazioni fiscali per le cooperative edilizie che effettuano interventi di recupero nei centri storici e nelle zone A (edilizia di borgata), e che potranno accedere a prestiti a tasso zero. Cracolici ha, poi, tenuto a sottolineare come “su proposta del gruppo del Pd è stata inserita nel capitolato della Finanziaria una norma “per porre fine alla vergogna delle maxi pensioni da 250 mila euro lordi l’anno di alcuni regionali”. E’ stato il segretario Lupo, invece, a lanciare una frecciata al centro destra “incapace di rispondere alle esigenze dei cittadini siciliani”, mentre secondo Cracolici “paradossalmente il clima teso e assai particolare che sta vivendo la politica siciliana, ha aiutato lo sforzo riformista del Partito democratico che senza sotterfugi e gioche di potere ha intrapreso una strada che è solo ed esclusivamente al servizio dei siciliani”.
giovedì 22 aprile 2010

giovedì 22 aprile 2010

Lumia: "Tornare alla gestione pubblica dell'acqua"

di GIUSEPPE LUMIA
Tornare alla gestione pubblica del servizio idrico. E’ questa la sfida che il Partito democratico lancia al governo e all'Assemblea regionale per impedire quello che è accaduto nel settore dei rifiuti: infiltrazioni mafiose, l’aumento esorbitante dei costi, che si riverseranno sulle bollette pagate dai cittadini, e lo scadimento della qualità del servizio. L’affare acqua. Tre anni fa il governo Cuffaro, anticipando addirittura la legge Ronchi (governo Berlusconi) sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, aveva avviato la privatizzazione del servizio idrico in Sicilia. Un business di miliardi di euro consumato sulla pelle dei cittadini e dei contribuenti. Ai privati che hanno vinto le gare, oltre all’affidamento del servizio per 30 anni, sono stati affidati anche 1,1 miliardi di fondi europei per gli investimenti.
La situazione attuale. Dei 9 Ato idrici istituiti in Sicilia 6 sono attualmente affidati ai privati e solo 5 risultano effettivamente operativi. Solo a Trapani, Messina e Siracusa la gestione dell’acqua è ancora in mano pubblica. Le imprese che si sono aggiudicate le gare si sono solo preoccupate di alzare le tariffe, con rincari anche del 300%. Poco o nulla, invece, è stato fatto dai privati sul fronte degli investimenti, previsti a loro carico dai contratti di affidamento, per migliorare l’efficienza delle reti e degli invasi. Un sistema burocratico-clientelare e affaristico-mafioso. Così come è stato fatto nel settore dei rifiuti e della sanità, e come si voleva fare in quello dell’energia, anche per l’acqua è stato messo in piedi un sistema in cui la politica gioca un ruolo di intermediazione devastante: sponsorizzazioni politiche per favorire le imprese “vicine”, facilitazioni burocratiche, distribuzione di posti di lavoro secondo il metodo clientelare. Un meccanismo perverso in cui trovano terreno fertile le infiltrazioni di tipo mafioso. Gli emendamenti del Pd. Il gruppo del Partito democratico ha presentato alla finanziaria, in discussione all’Assemblea regionale siciliana, degli emendamenti che prevedono la liquidazione degli Ato idrici e la rescissione dei contratti vigenti. Il servizio, quindi, tornerebbe nuovamente agli Enti Locali. E per evitare che la Regione Siciliana sia costretta a risarcimenti milionari nei confronti delle imprese affidatarie, un emendamento stabilisce il riconoscimento dei mancati incassi futuri a condizione «Che i gestori privati siano in regola con i programmi e i piani di investimento». Condizione che non è stata rispettata da nessun privato.
Giuseppe Lumia

Giusi Mannina: "Vi parlo della mia entusiasmante esperienza nel circolo Arci di Corleone...

Pubblichiamo le parole emozionate di Giusi, pilastro della cooperativa "Lavoro e non Solo" e del circolo "Liberarci dalle Spine", pronunciate durante il congresso dell'Arci Sicilia. (Miriam Di Peri)
Non avrei mai pensato di dover mettere nero su bianco la mia esperienza all'interno dell'Arci. I motivi che mi hanno portato a fondare a Corleone un nuovo circolo Arci, "LiberArci dalle Spine", nato vicino alla Lavoro e non solo, sono senza dubbio da ricercarsi negli stretti legami che animano quotidianamente il neo circolo e la cooperativa stessa. Paradossalmente, chi vive in una realtà mafiosa come quella corleonese, guarda sempre a questo sistema con un certo distacco. L'argomento è sempre stato un tabù tra noi giovani, sia per il relativo interesse che può suscitare in un ragazzo di 13, 14 anni, sia per la paura stessa di affrontarlo. Con gli anni l'esigenza di conoscere, sapere e confrontarmi, mi ha spinto a riconoscere poi questi limiti e a tentare di superarli. Il progetto "liberArci dalle Spine" promosso da Arci Servizio Civile, mi sembrava un ottimo strumento per farlo. Così non è stato difficile sentirmi parte integrante della cooperativa e collaborare con i soci. Mi sono sentita a casa dal primo gorno in cui ho messo piede nella sede di via Crispi. Ho cercato di dare il mio piccolo contributo per andare avanti nel migliore dei modi, proprio come si fa in una grande famiglia. Ben diverso è stato ritrovarmi davanti all'idea di costituire un circolo. Non avevo ancora chiaro cosa significasse fare "associazionismo", ma la scelta di portare avanti l'intenso lavoro di promozione e valorizzazione dell'impegno di antimafia sociale e legalità democratica, condotto ancora oggi con enormi sacrifici da parte della cooperativa, è stata naturale. Partecipare al congresso regionale di Arci Sicila mi è servito ancora di più per capire in che modo un'associazione può migliorare se stessa, ma soprattutto il territorio in cui vive. Territorio che, come ha sottolineato il presidente Anna Bucca, vive una profonda crisi, non solo in termini economici, ma soprattutto una crisi culturale, che colpisce i diritti individuali e collettivi. é una crisi, questa, che appartiene a tutta la Sicilia. Nei problemi che quotidianamente affrontano le altre realtà Arci regionali con cui mi sono confrontata, ho rivisto le difficoltà che anche a Corleone ci troviamo davanti: un luogo che vede erigere al suo interno i grandi ostacoli che il sistema mafioso, qui più che mai presente, ha lasciato in eredità.
E´ proprio la "cultura" del mio paese che vorrei poter cambiare, attraverso l'unione delle forze della cooperativa e dell'associazione, e di un intenso lavoro da portare avanti: un intreccio di idee e di possibilità in continua crescita ed evoluzione. Vogliamo lavorare affinchè i giovani corleonesi, e non, crescano ponendo alla base della propria vita la democrazia, il rispetto e l'amore verso il prossimo, il diritto di avere un lavoro onesto senza essere costretti ad abbassare la testa di fronte alla volontà di chi si crede di essere più potente degli altri. Nonostante la voglia di fare, spesso tra i più giovani del circolo riflettiamo su quanto sia difficile far capire ai corleonesi, che promuovere inizitive sociali all'interno di Casa Caponnetto, non significa mancare di rispetto a chi prima abitava quel posto, ma che essere in quella struttura e parlare di legalità democratica e antimafia sociale, rappresenta un sostanzaile cambiamento per la società di oggi. La nascita, durante i tre giorni di congresso, di uno scambio di idee, di sensazioni, ma anche il conforto reciproco sono divenuti il carburante di nuovi progetti e iniziative. La condivisione e il confronto hanno così messo in moto un meccanismo che si alimenta di entusiasmo di fronte alla necessità di "agire il
cambiamento".
Giusi Mannina

Mafia e politica: il serial killer della memoria e della libera informazione

Anche Città Nuove, come altri siti, pubblica l'articolo di Roberto Morrione in segno di solidarietà nei confronti di Articolo21 e di Liberainformazione. E' un piccolo gesto, ma tanti piccoli gesti sono un popolo che si ribella contro chi si crede padrone della libertà e della democrazia... (d.p.)

Roberto Morrione
Immersi nelle notizie del braccio di ferro di Gianfranco Fini contro l’asse Berlusconi-Bossi all’interno del PDL e del governo, abbiamo sottovalutato in questi giorni l’attacco che il premier ha rivolto il 16 Aprile contro le fiction e i libri sulla mafia, accanendosi nei confronti di Roberto Saviano e di Gomorra.
Sull’argomento Silvio Berlusconi è recidivo. Già nel novembre scorso, infatti, si era scagliato inaspettatamente contro le storiche serie della Piovra e in generale le fiction televisive sul tema, che a suo dire lederebbero l’immagine del Paese all’estero, arrivando a una sorta di sfogo dell’anima “…strozzerei gli autori della Piovra e chi scrive libri sulla mafia”. La reazione a questa uscita era stata allora vasta, sul piano culturale e della comunicazione oltrechè su quello politico. Michele Pacido, che nella Piovra era l’indimenticabile commissario Cattani, gli aveva ironicamente ricordato che le più note e seguite fiction televisive, dal Capo dei Capi alla vicenda di Provenzano, fino alle figure di Falcone e Borsellino, erano state ideate e prodotte da Mediaset…
L’offensiva era poi proseguita il 28 Gennaio al termine del Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, quando alle critiche alle fiction sulla mafia aveva aggiunto una valutazione sull’immigrazione clandestina, sostenendo che “una riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali”. Ancora una volta la reazione di sdegno era stata ampia : c’era chi aveva sottolineato come la camorra e la ‘ndrangheta sono così attente a ingrossare le proprie file con gli extra-comunitari da farne strage a Castelvolturno e da espellerli con la forza a Rosarno, dopo averli sfruttati e schiavizzati nei campi…
E infine ecco la nuova sortita di pochi giorni fa, nella quale Berlusconi ha affermato che la mafia italiana, pur essendo per potenza solo “la sesta al mondo”, è la più conosciuta, proprio per i film, le fiction e i libri che ne hanno parlato, a partire da Gomorra. Nella stessa conferenza, coadiuvato dai ministri Maroni e Alfano, il presidente del consiglio ha per l’ennesima volta magnificato l’azione del suo governo contro la criminalità organizzata, con 500 operazioni di polizia giudiziaria, 5000 arresti di mafiosi, enormi quantità di beni sequestrati, ecc.
A questo punto emergono domande allarmanti, che abbiamo il dovere di estendere ai cittadini.
Questa brutale e reiterata offensiva è solo il frutto di una insensibilità e di un’incultura insita nella formazione del personaggio, nella sua vocazione a improvvisare e a stupire fino a contraddirsi e a rasentare la schizofrenia, di un’incapacità nel valutare i passaggi critici del problema e il rapporto causa-effetto fra la realtà e la sua comunicazione ai cittadini, in una visione mercantile avulsa da ogni responsabilità pubblica come da una scala di valori etici e civili ? O è anche un obiettivo freddamente meditato, parte di una strategia volta a distrarre l’opinione pubblica dalla gravità dell’espansione criminale, chiamando in causa le connivenze e le responsabilità del governo, estese ormai in gran parte del Meridione all’intero schieramento politico, attraverso quel sistema illegale che ha nella corruzione e nel voto di scambio i motori? E hanno un peso in questo sconcertante approccio di Berlusconi le incognite che gravano nelle inchieste aperte sulle stragi mafiose degli anni ’90 e sulla trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra che segnò la fine della prima Repubblica, coincidendo con l’ascesa politica di Forza Italia e, anche se non definitivamente provato, con l’avvio stesso delle fortune economiche del Cavaliere? Il ruolo di Marcello Dell’Utri nei rapporti con Cosa Nostra, il giudizio pendente in Appello dopo la sua condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, sono oggettivi e inquietanti indizi in questa direzione…
Una cosa è certa: le ripetute sortite contro una comunicazione antimafia che ha segnato un positivo salto di qualità nella conoscenza degli italiani di un fenomeno che mina le basi stesse dei diritti e dello sviluppo dell’Italia, richiamano nell’immaginario, ma anche alla ragione, i comportamenti di una sorta di “serial killer”.
Killer della memoria , perché il silenzio sui crimini del passato fa parte di una sotto-cultura mafiosa che ne fa la condizione stessa della propria forza nel presente.
Killer della realtà, perché chiama in causa chi denuncia un problema e non il problema in quanto tale, che passa così in secondo piano, come prendersela al solito con il dito che indica la luna.
Killer della buona informazione, perché si integra ogni volta con capziose e incomplete notizie che
nascondono dati decisivi di conoscenza. E’vero che vi sono stati importanti arresti e sequestri di beni mafiosi, ma questo vuol dire soprattutto che il problema è diventato enorme: visto che gli interessi criminali stanno dilagando in tutt’Italia e nel mondo, e’ chiaro che la pur eccellente azione repressiva non tocca i gangli vitali e le fortissime complicità politiche, imprenditoriali e sociali di cui godono le mafie. Per non parlare dei PM che rendono possibili le operazioni di polizia e che al contempo vengono attaccati, vilipesi, minacciati sul piano legislativo o della mancanza di risorse a cui sono sottoposte le forze investigative, costrette a supplire con l’abnegazione e un faticoso impegno personale.
Killer della libertà e dell’autonomia creativa di tanti autori, scrittori, giornalisti, registi, attori, che dedicano la loro professionalità e l’ impegno civile ai fatti e ai protagonisti della realtà, stabilendo con spettatori e lettori un patto di trasparenza e di lealtà ampiamente ricambiato. L’insieme di queste “uscite” berlusconiane rappresenta infine non solo un più o meno velato desiderio di una sorta di “minculpop” di impronta fascista , ma per alcuni, come Roberto Saviano o l’autore teatrale Giulio Cavalli, già costretti per la loro denuncia a una vita blindata, ulteriore isolamento e minacce da non sottovalutare.

Le minacce a Ciancimino

di Umberto Lucentini
«Non infanghi chi ha salvato l'Italia dal comunismo. Vada a vivere all'estero». Questo il messaggio (con proiettili acclusi) recapitato al figlio dell'ex sindaco di Palermo, che sta collaborando con le procure sui rapporti tra mafia e Stato. Nella lettera anche intimidazioni per Michele Santoro e Luciano Violante
«Signor Ciancimino, spero che questa lettera le sia recapitata, come da mie istruzioni, nella giornata del 2 aprile, lei sa a cosa mi riferisco. Consideri queste poche righe come un buon consiglio dato da una persona che anche suo padre ha saputo apprezzare e stimare, e che comunque oggi è a conoscenza di fatti e circostanze tali da poterle essere, forse, ancora di aiuto». E' una frase dell'ultima lettera arrivata a Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo legato alla mafia Vito Ciancimino, nato il 2 aprile 1924: ed è a lui, il padre, che evidentemente si riferisce il mittente parlando del 2 aprile. La lettera anonima è stata trovata da Ciancimino junior nella buca delle lettere della casa di Bologna dove vive da quando ha lasciato la Sicilia per le minacce ricevute all'inizio della sua collaborazione con le procure antimafia. Nella busta c'erano anche cinque proiettili di mitra kalashnikov. Con un'altalena di minacce e blandizie, l'anonimo continua usando solo lettere maiuscole e lanciando intimidazioni che dovrebbero convincere il figlio di don Vito a fermare la sua collaborazione con i magistrati antimafia: «Le assicuro che banali ed elementari tecniche di tutela civile a protezione di questi soggetti non costituiscono alcun ostacolo ai nostri scopi», spiega svelando chi sono i destinatari delle sue minacce: lo stesso Ciancimino, il mafioso pentito Gaspare Spatuzza, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari; il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia; il sostituto della Dda, Nino Di Matteo (cioè i magistrati che conducono le indagini sulle stragi e sulla trattativa Stato-mafia). A questi nomi seguono quelli del giornalista Michele Santoro e di due politici, Luciano Violante e Claudio Martelli, che di recente hanno parlato ai pubblici ministeri dei contatti avviati con Vito Ciancimino dall'allora capo dei Ros, Mario Mori, nel ?92. «Il dovere mi impone di avvisare chi come lei, ignaro del disegno altrui, oggi rappresenta uno strumento di lotta», continua la lettera. «Questo non solo per il mio ruolo svolto per il paese, ma sicuramente per l'esperienza accumulata in tanti anni di onorati servizi resi. Equilibri e democrazia costituiscono le basi per un nuovo percorso di globalizzazione ed integrazione che con molto sacrificio il paese sta attraversando. In questo momento molto difficile per la nostra democrazia non sono concessi ed ammessi ulteriori sbagli». Nella lettera a Ciancimino junior viene quindi aggiunta una spiegazione politica: «Oggi lei e le sue dichiarazioni contribuiscono ad infangare illustri personaggi che hanno lavorato per potere garantire una Italia libera ed anticomunista. Mentre oggi il nostro governo tenta di salvare posti di lavoro, milioni di euro di ignari contribuenti e numerosi servitori dello stato vengono impegnati in inutili inchieste che altro non fanno che mortificare l'immagine del nostro paese». Poi l'ultimo avvertimento: «Sappiamo tutto sul contenuto delle deposizioni fatte con i magistrati S. Lari e compagni ed A. Ingroia e compagni, ulteriore aggressione intrapresa col fine di coinvolgere e infangare illustri servitori dello Stato, uomini che a differenza di taluni magistrati hanno anteposto i più alti ed onorabili valori alla loro stessa esistenza. Un consiglio, vada via dall'Italia, taluni crediti non possono essere più posticipati. Sono state disposte più operazioni a garanzia della democrazia, tutte in attesa di essere eseguite. Un solo fine frutto di più azioni, cinque, un numero che dovrebbe farla riflettere, le mie credenziali in busta». Cinque come i proiettili di kalashnikov e i nomi dei cinque bersagli indicati nella lettera. Secondo chi indaga l'autore della lettera è un personaggio che gravita o gravitava in quella "zona grigia" tra Stato e mafia che avrebbe tentato di patteggiare con esponenti di Cosa nostra lo stop alle stragi del dopo Giovanni Falcone. Il figlio dell'ex sindaco di Palermo da mesi fa rivelazioni ai magistrati di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra dopo il periodo stragista dei primi anni Novanta. Ciancimino junior sta rendendo dichiarazioni in merito a diverse procure italiane, tra le quali quella di Palermo.
(L’Espresso, 21 aprile 2010)

Don Luigi Ciotti a Ragusa per ricordare l'assassinio del giornalista Giovanni Spampinato

di GianPiero Saladino
Un incontro pubblico e uno con gli studenti del Liceo Fermi
"Noi e Giovanni. Una vittima dimenticata e il dovere della memoria" è il tema dell'incontro pubblico con don Luigi Ciotti, presidente di Libera, associazione nomi e numeri contro le mafie, organizzato a Ragusa, lunedì 26 aprile presso la sala Avis alle ore 17, dall'Associazione Giovanni Spampinato e dal Coordinamento provinciale di Libera, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Ragusa. Alla figura del giornalista dell'Ora ucciso a Ragusa il 27 ottobre 1972, e alla memoria che ne conserva la città iblea è dedicato anche un incontro con gli studenti che don Ciotti avrà la mattina dello stesso giorno presso il Liceo Scientifico Enrico Fermi.
All'incontro pubblico del pomeriggio interverranno il segretario dell’Associazione Stampa Siciliana, Alberto Cicero; il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia, Franco Nicastro, e Alberto Spampinato, il fratello di Giovanni. Il sindaco Nello Dipasquale e il presidente della Provincia Franco Antoci porteranno un saluto. Attraverso ricordi, testimonianze, proposte, si parlerà di cosa significa la morte di un innocente, di come reagisce una comunità all’assassinio di un giornalista, di cosa può fare una città per ricordare un concittadino ucciso mentre assolve una funzione di pubblico interesse. Un tema sollevato, con varie iniziative, dall'Associazione intitolata a Giovanni, che recentemente ha annunciato la nascita di un Archivio Spampinato per rendere accessibili gli articoli di questo cronista, per fare documentare la sua vita e il contesto in cui maturò il suo assassinio, per rendere disponibili i suoi articoli, le sue inchieste, la storia di quel tormentato 1972 a Ragusa e in Sicilia, e anche la storia degli altri sette giornalisti uccisi in Sicilia. Da qualche tempo, dopo decenni di disattenzione, la figura di Giovanni e il suo esempio di giornalismo investigativo e di impegno civile suscitano interesse in tutta Italia. La sua scomparsa qualche giorno prima del ventiseiesimo compleanno suscita in particolare l'attenzione dei più giovani. Gli sono dedicati libri, trasmissioni tv, rappresentazioni teatrali, convegni, blog, 60.000 voci su google... Il 20 marzo scorso gli studenti di Reggio Emilia hanno portato in corteo a Milano uno striscione con il suo nome. Invece a Ragusa, sostengono gli esponenti dell'associazione intitolata al suo nome, è difficile trovare tracce di Giovanni, sapere chi era e cosa faceva, sapere perché fu ucciso, leggere i libri, i giornali, i documenti che parlano di lui, i suoi articoli, le clamorose inchieste sull’eversione neofascista e su un omicidio tuttora avvolto nel mistero, pubblicate dal quotidiano L’ORA, che svelarono il volto nascosto della sua città.
20 aprile 2010

martedì 20 aprile 2010

Corleone. Il consiglio comunale ha approvato un odg per il potenziamento dell'ospedale, la Cgil lancia una raccolta di firme

Continua la mobilitazione a Corleone per fermare il depotenziamento del Presidio ospedaliero e puntare al suo rilancio. Ma comincia a manifestarsi qualche smagliatura nell’unità d’intenti manifestata nei primi giorni della vertenza. E se la Cgil, nell’assemblea sindacale svoltasi nella mattinata di lunedì nei locali dell’ospedale, ha lanciato la parola d’ordine di continuare a mantenere alta la tensione, perché le aperture dell’assessore regionale alla sanità ancora devono trasformarsi in atti giuridicamente validi, la maggioranza politica di centrodestra al comune – a giudicare dal dibattito svoltosi nella seduta consiliare di lunedì sera - sembra invece che abbia lanciato un’altra parola d’ordine: quella di abbassare i toni per “non disturbare” il manovratore. Non è un caso che, con una decisione a maggioranza presa la settimana scorsa, il presidente del consiglio Mario Lanza e i capigruppo di centrodestra abbiano deciso di archiviare l’annunciata seduta congiunta di tutti i consigli comunali della zona da tenersi nei locali dell’ospedale (o, addirittura, in caso di negazione dei locali, in mezzo alla strada, nella via don Giovanni Colletto). Invece, si è svolta la sola seduta del consiglio comunale di Corleone e per giunta nella solita sala delle adunanze e senza nessuna informazione data ai cittadini. Tutto questo è stata sottolineato nel lungo dibattito di lunedì sera sia dal mio intervento sia dall’intervento di Salvatore Schillaci (Pd). La giustificazione (incredibile) del presidente Lanza e degli altri teorici dei “toni bassi” è stata quella che non si voleva rischiare di “irritare” l’assessore Russo e il direttore Cirignotta. Quest’ultimo, però, si sarà irritato lo stesso, se ha sentito il bisogno di “faxare” ieri sera stesso il rifiuto di concedere una sala dell’ospedale dove tenere la seduta straordinaria del consiglio comunale. Uno schiaffo vero e proprio, dato al presidente Lanza e al sindaco Iannazzo, rispetto alla quale non c’è stata nessuna presa di posizione. Il consiglio, comunque, l’ordine del giorno delle richieste avanzate all’assessore e al direttore generale l’ha approvato all’unanimità. Adesso si aspetta il presidente della Commissione sanità dell’Ars, Giuseppe Laccoto, convochi il direttore generale dell’Asp di Palermo, Salvatore Cirignotta, e l’assessore alla sanità, Massimo Russo, insieme al sindacato e ai rappresentanti delle istituzioni, per dare concretezza agli impegni verbali. E la Cgil, insieme al Comitato, ha lanciato una raccolta di firme per salvare l’ospedale, che inizierà a giorni. Sarà il modo per sensibilizzare l’opinione pubblica e “riscaldare il motore” di una possibile manifestazione di lotta popolare a sostegno della vertenza sanità. (d.p.)
NELLA FOTO IN ALTO: Un momento della seduta consiliare di lunedì sera;
SOTTO: L'assemblea sindacale della Fp-Cgil

domenica 18 aprile 2010

Calcio, Play-off. Il Prizzi batte il Corleone

PRIZZI 2
CORLEONE 1
U.S.D. PRIZZI: Dario Pomilla, (40’ Pantaleo), Venezia, Giannini, Di Gregorio, Tuzzolino, Carmelo Galluzzo, Mondello (57’ Costanza), Romano, Canzoneri, Alberto Galluzzo, Cannella.
POL. CORLEONE : Caruso, Amblà Costanzo, Verardo, Ienna, Musicò, Sciarrino, Bona (78’ Sparacino), Lipari, D’Amico, Cane.
ARBITRO: sig. Giuseppe Morsello di Marsala
RETI: 80’ Lipari, 85’ Costanza 15’ (secondo tempo supplementare) Alberto Galluzzo.
Prizzi –Su un terreno impossibile e sotto una pioggia battente dal primo all’ultimo minuto, il Prizzi di Antony Venezia ha battuto un Corleone roccioso e volitivo. Il gol del bomber Alberto Galluzzo, segnato all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare, ha dato al Prizzi la possibilità di passare il primo turno dei Play Off e di candidarsi a giocare in casa un avvincente finale contro il Pro Favara, che ha battuto a sorpresa l’Empedoclina ai calci di rigore per 7 a 6. La gara regolamentare, dopo i tempi supplementari, era finita 2 a 2.
A Prizzi la partenza è stata prudente da parte delle due squadre, ma il gioco è stato piacevole con continui capovolgimenti di fronte, nonostante un campo al limite della praticabilità. Nella ripresa passava all’80’ il Corleone, con un gol di Lipari, ma, cinque minuti dopo, era Costanza a pareggiare con un gran tiro da fuori area. Si andava ai supplementari e mentre già si pensava ad un finale ai rigori, all’ultimo minuto, su un cross alto Alberto Galluzzo staccava di testa e metteva in rete il gol della vittoria dei padroni di casa. Per il Prizzi, che forse ci ha creduto di più sino all’ultimo secondo, questa vittoria è il coronamento di un sogno e di un campionato giocato con “modestia”, costanza, ma con piena consapevolezza dei propri mezzi tecnici. Sulla sua strada il Pro-Favara, che il Prizzi ha già battuto due volte: all’andata, il 15 novembre, per 2 a 0 e poi in trasferta, il 7 marzo, per 3 a 0.
Cosmo Di Carlo

Il LombardoTer con il Pd "ripubblicizza" le acque in Sicilia

Sei miliardi di euro torneranno alla Regione, diminuiranno i costi delle bollette
di Ignazio Panzica
Parrebbe “alea iacta est”. Il Governo Lombardo ter, con il sostegno del PD, ha deciso di introdurre nella prossima Finanziaria regionale una norma per “far tornare nelle mani delle pubbliche amministrazioni la gestione delle acque in Sicilia”. Lo ha deciso la Giunta regionale di Governo. Si interrompe così, un allegro banchetto economico di enormi dimensioni, a cui si erano autoinvitate grandi imprese private (italiane e straniere) sbarcate in Sicilia negli anni scorsi per mettere le mani sopra le risorse idriche siciliane. Ma anche sui finanziamenti pubblici (provenienti da UE, Stato, Regione e gli stessi comuni) per tutti gli interventi di lavori migliorativi che le bucherellate e vetuste reti idriche siciliane necessitano.

Il dato finanziario sin’ora acclarato parla di sei miliardi di euro nell’arco di trent’anni, procedendo secondo un cauto calcolo di stima, fondato su valori economici odierni. Ovviamente, al netto degli altrettanto guadagni stratosferici, mensili e cash, provenienti dagli aumenti indiscriminati delle bollette dell’acqua ai cittadini siciliani. Il caso più clamoroso, per sfacciataggine, è stato quello di APS (Acque Potabili Siciliani) che tre anni fa ha vinto la gara (ndr. peraltro, cosa strana, in quanto unico partecipante) per la gestione dell’intero sistema idrico della provincia di Palermo. Degli investimenti promessi di tasca sua , siamo ad una quota attorno alle due/tre centinaia di migliaia di euro. In compenso, stanno programmando la gestione, con regole private essendo privati, di lavori di ristrutturazione ed innovazione delle reti per decine di milioni di euro dei primi finanziamenti pubblici. Ma non basta. L’APS nel contratto firmato con i comuni della provincia di Palermo, si è garantita, oltre alla copertura (accollata sempre aumentando liberamente e periodicamente le bollette agli utenti) dei costi generali, un utile contrattuale annuo anch’esso garantito, che non può scendere sotto il 7% , a consuntivo di fine anno.

In Giunta di Governo è stato l’Assessore Cimino ai proporre l’emendamento governativo per chiudere con i “processi di privatizzazione” della gestione delle acque in Sicilia. Emendamento concordato con i deputati regionali del PD Cracolici e Panepinto.

In particolare Panepinto, è uno dei portavoce del “cartello dei 143 comuni siciliani promotori all’ARS di un ddl per l’acqua pubblica”. Proposta di legge popolare avanzata in rappresentanza di un milione e quattrocentomila siciliani che, con molta probabilità, fungerà da base al ddl di riforma del sistema idrico siciliano, atteso in aula subito dopo la Finanziaria. Del resto, il deputato regionale agrigentino del PD, è stato testimone oculare della “follia della privatizzazione”. Avendo assistito in diretta alle performance “senza rossore in viso” della Girgenti Acque, che ad Agrigento ha fatto tanto male, da riuscire a mettersi contro sia il centrosinistra, che il centrodestra (cuffariani compresi), riuscendo ad aumentare le tariffe idriche senza, però, mai aver accennato a risolvere, o migliorare, il dramma dell’acqua nell’agrigentino. Finendo, infine, pure, più volte clamorosamente bistrattata e sbugiardata su trasmissioni televisive nazionali come “Striscia la notizia”, “Report”, “Exit”; un disastro vero e proprio.

La norma di ripubblicizzazione dell’acqua che presenterà il Governo Lombardo, procederà allo scioglimento degli “ATO idrici”, prevedendo un regime transitorio di 12 mesi per le società miste, o tutte private, che già operano nelle province dell’Isola, laddove gestiscono i sistemi e le reti idriche. Scioglimento che, peraltro, è coerente con l’abrogazione dell’art.148 del Dlgs 152/06 ottenuto in Parlamento dalla Lega Nord solo a fine marzo scorso. Allo spirare dei 12 mesi, i contratti privati, oggi in essere, decadranno tutti. Ai privati la legge concederà solo piccoli indennizzi (ndr. solo il danno emergente) da determinare secondo taluni parametri precostituiti caso per caso.

Quali le previsioni sulla futura legge di riforma che seguirà dopo la Finanziaria regionale. Il primo passo per la “ripubblicizzazione del bene acqua”, dovrebbe essere la trasformazione di “Sicilia Acque” (ndr. erede dell’EAS) da “Spa” di diritto privato ad un “Ente di diritto pubblico”. A cascata, l’operazione dovrebbe ripetersi in tutte le nove province siciliane; grossomodo sulla falsariga della già varata “riforma del sistema regionale dei rifiuti”. Prevedendo, per il futuro, una lista certa di diritti e doveri in capo ai comuni -gestori di nuovo in prima persona - seppure tra loro liberamente consorziati.

Stesse certezze sono programmate per la determinazione delle tariffe, a cominciare dal ritorno di quelle sociali per l’uso domestico-familiare: “Le tariffe per tutti gli usi dovranno essere definite tenendo conto dei principi di cui all’articolo 9 della Direttiva 2000/60 CE e dovranno contemplare, con eccezione per l’uso domestico, una componente aggiuntiva di costo per compensare : a) le attività di depurazione o di riqualificazione ambientale necessarie per compensare l’impatto delle attività per cui viene concesso l’uso dell’acqua; b) la copertura dei costi relativi alle attività di prevenzione e controllo”.

Ma attenzione che, l’iniziativa del Governo regionale sul sistema della gestione privata delle acque in Sicilia, viene ad ovviare a due pesanti ed inquietanti controindicazioni che si erano addensate sul settore privatizzato.

La prima, ovviamente, si riferiva alle numerose infiltrazioni già documentate dalle varie Procure dell’Isola. Il caso più clamoroso è stato quello di Franco Gulino (proprietario di un gruppo di quaranta società operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America) rinviato a giudizio dai PM di Messina “per concorso esterno in associazione mafiosa”, per l’affare dei rifiuti di “MessinAmbiente”. Vicenda giudiziaria nella quale, tramite l’Emit, è finita pure la potente e discussa famiglia Pisante. In quell’occasione nell’aprile 2007, l’Altecoen la società di Gulino, è stata definita dalla Corte dei Conti siciliana : “un’azienda infiltrata dalla criminalità mafiosa, che risulta introdotta pure nel settore dei termovalorizzatori, al fine di ottenere ingenti guadagni”.

La seconda, invece, l’aveva addirittura sollevata, nel novembre 2006, Giuseppe Catricalà Presidente della Autorità garante della concorrenza”, con una serie di rilievi sulla gara per l’Ambito territoriale ottimale (ATO) celebrata nella provincia di Palermo, ed aggiudicata a un raggruppamento temporaneo di imprese, poi confluito in Acque Potabili Siciliane (APS).In particolare, sono questi i rilievi dell’Authority Antitrust : commistione di ruoli tra affidamento dei servizi e appalto dei lavori; possibilità di esecuzione dei lavori da parte degli stessi soci di APS; snaturamento dell’oggetto della gara, il cui vero scopo sembra essere l’accaparramento dei lavori da parte dei soci (in questo caso sino al 70% delle opere), più che l’affidamento in gestione del servizio idrico. Poi, ancora, la composizione azionaria di Aps. Secondo Catricalà, la quota di maggioranza assoluta, il 52%, è posseduta da Società acque potabili di Torino - controllata per il 30,86% da Iride (Amga di Genova e Aem di Torino) - e per una quota analoga da Smat (Societa metropolitana acquedotti di Torino).

Tra gli altri soci di APS figurano il costruttore pugliese Giovanni Putignano, uno dei leader nella progettazione, costruzione e gestione di impianti idrici. Ma anche il colosso Conscoop, la grande cooperativa di costruzione emiliana presente anche in Unipol. Nonché, l’onnipresente Ottavio Pisante, stavolta con “Galva”. La compagine azionaria riunisce intorno a un socio specializzato nelle gestione dei servizi idrici (le utilities di Genova e Torino), imprese di progettazione, costruzione e impiantistica: le stesse che possono realizzare fino al 70% delle opere.

Insomma, la ripubblicizzazione delle acque in Sicilia, se riuscirà ad andare in porto con la Finanziaria, rappresenta una svolta epocale : a) per il ruolo di contestazione democratica che ha giocato un movimento (politicamente trasversale) di 143 comuni; b) perché era ed è uno dei principali impegni programmatici antimafia concordati tra il presidente della Regione e l’asse Cracolici-Lupo-Lumia nel PD siciliano.

In termini economici, fra riforma dell’acqua e chiusura del piano dei quattro megatermovalorizzatori, saranno stati sottratti alla” influenza” delle infiltrazioni mafiose una massa di denaro attorno ai 13 miliardi di fondi pubblici. In gran parte utilizzabili, poi, in modi e con programmi più conducenti all’interesse collettivo dei siciliani, e più aderenti agli interessi dell’economia ”ridando ossigeno” al mercato del mondo delle imprese in Sicilia.
Siciliainformazioni, 16 aprile 2010

Appello per un 1° maggio migrante a Cassibile

Dopo i terribili giorni di Rosarno quest’anno vogliamo costruire una campagna di rilievo nazionale a difesa dei diritti dei migranti stagionali supersfruttati nella nostra isola, perché pensiamo che la cancellazione dei diritti dei migranti abbia aperto ed aprirà di più il varco ad un attacco frontale ai diritti di tutti i lavoratori. La recente approvazione al Senato del “collegato lavoro” dimostra la reale volontà padronale di demolire ogni diritto del lavoro, facilitando i licenziamenti con l’annullamento nei fatti dell’ art.18 dello Statuto dei lavoratori.
Da anni centinaia di migranti vengono a Cassibile, soprattutto durante la stagione di raccolta delle patate (aprile/giugno), per essere sfruttati in condizioni neoschiaviste da un padronato che, grazie all’evasione contributiva, ai bassi salari ed alle condizioni disumane di lavoro, si arricchisce indistrurbato grazie all’intermediazione dei caporali ed all’inefficacia, o peggio, assenza delle istituzioni preposte e dei sindacati concertativi.
Da anni a Cassibile ci si preoccupa esclusivamente di contenere la visibilità dei migranti in paese, quando tornano dal lavoro, anche se contribuiscono alla crescita economica dell'intera zona.
Da anni si aspettano le ultime settimane per provvedere ad un’accoglienza, sempre d’emergenza, (addirittura l’anno scorso neanche quella), ma solo per 130 migranti “regolari”; una regolarità pretesa per offrire loro un posto letto, ma ignorata quando si tratta delle garanzie contrattuali e delle tutele sindacali. E’ drammatico che ciò si ripeta in una terra dove 42 anni fa ci furono eroiche lotte bracciantili, che riuscirono a debellare a livello nazionale le piaghe delle gabbie salariali e del caporalato.
Negli stessi anni in questo territorio ha operato il centro Giovanni Paolo II, gestito dall’Alma Mater, che, dopo essere stato oggetto di vicende giudiziarie, è stato chiuso “a causa di gravi inadempimenti”; da un’inchiesta in corso emerge anche l’enorme truffa da parte di un’associazione di avvocati, che gestiva l’assistenza legale all’interno del Centro di detenzione a danno di centinaia di richiedenti asilo, a cui era stato fatto credere di avere un ricorso pendente in tribunale, ma che invece adesso si ritrovano irregolari ed a rischio d’espulsione. Oltre allo sfruttamento ed alla mancata accoglienza, i migranti sono anche vittime di sempre più frequenti raggiri attraverso le false regolarizzazioni, i falsi contratti di lavoro, i falsi permessi di soggiorno, pagati migliaia di euro a soggetti poi scomparsi nel nulla.
A Cassibile come a Rosarno la maggioranza dei migranti sono in regola con il permesso di soggiorno (rifugiati, richiedenti asilo, in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno, da poco licenziati, alla ricerca di nuova occupazione), ma questa maggioranza con il passare del tempo viene spinta verso l’irregolarità (grazie a vergognose leggi razziali come la Bossi-Fini ed il recente “pacchetto sicurezza”), se non dimostra di aver versato i contributi. Per invertire questa micidiale tendenza rivendichiamo l’ottenimento del permesso di soggiorno per chi denuncia chi sfrutta il lavoro nero, applicando in senso estensivo i contenuti della direttiva europea n.52 del 18/6/’09, per favorire sempre più canali di regolarizzazione per tutti i migranti.
Il principio di “Uguale salario per uguale lavoro” o diventa la bussola dell’associazionismo antirazzista e del sindacalismo conflittuale o la differenziazione etnica dei salari può innescare fratricide guerre fra poveri, contrapponendo lavoratori italiani ai migranti e fra gli stessi migranti di diverse nazionalità, soprattutto in una regione come la nostra dove, in presenza di una devastante crisi economica, si sta progressivamente smantellando l’apparato produttivo (dalla Fiat di Termini alla zona industriale di Siracusa).
Vogliamo e possiamo dimostrare, in questo 1° maggio, che si può combattere il lavoro nero in agricoltura e non solo, senza criminalizzare le vittime e con la loro partecipazione vogliamo contrastare chi si arricchisce con la piaga del caporalato e la consolidata rete di complicità. La lezione di civiltà, dataci dai migranti in rivolta contro i poteri criminali a Castelvorturno ed a Rosarno, deve incoraggiare la costruzione di una nuova stagione di lotta per i diritti di tutti/e i/le lavoratori/rici, che veda i migranti come protagonisti della costruzione del proprio/nostro futuro, libero dal razzismo e dallo sfruttamento.
La storia siciliana ce l’ha insegnato: emigrare non è reato!
Mai più clandestini, ma cittadini !

Rete Antirazzista catanese, Confederazione Cobas (Sr, Ct), Arci SR-Ct- Me, Cpo Experia (Ct), Siracusa Libera, Laboratorio Zeta(Pa), Federazione della Sinistra (Prc-Pdci Sr,Ct),
padre Carlo D’Antoni, Associazione Attinkitè(Modica), Laici missionari comboniani(Pa),...
info-adesioni:alfteresa@libero.it

L'eurodeputato Rita Borsellino: «L’attacco a Gomorra è un favore alla mafia»

di Saverio Lodato
Ci sono malattie tropicali dalle quali non si guarisce mai definitivamente, ma che vanno tenute sotto cura e osservazione, se con esse si vuole tranquillamente convivere.
Questa malattia tropicale, se così si può dire, per Silvio Berlusconi è rappresentata dalla lotta alla mafia, e da tutto quello che le ruota attorno.
E così, a ondate ricorrenti, Silvio Berlusconi si ricorda che con la mafia deve scendere a patti, come diceva quel Pietro Lunardi, ministro di un suo dei suoi tanti governi, che ammise papale papale: «Con la mafia bisogna convivere». A periodi lo assale la preoccupazione che i suoi personalissimi “eroi”, i mafiosi, possano assestare un brutto colpo di coda, magari perché non soddisfatti da quelle promesse elettorali che, come è risaputo, non si negano a nessuno. Non si spiega altrimenti che il premier non perda occasione di tirar fuori l’artiglio, sollevando tempeste mediatiche per mettersi al riparo dalla critica che non sa, non vuole, non riesce a governare. Mai che abbia detto «se trovo quei delinquenti mafiosi che hanno ucciso centinaia di poliziotti, carabinieri e magistrati li strozzo con le mie mani». Ci mancherebbe. Lui vuole strozzare con le sue mani autori di romanzi e fiction tv, scrittori e registi, gente per bene, insomma. Rita Borsellino, oggi europarlamentare, in anni assai lontani, forse qualcuno lo ricorderà, non fece entrare Berlusconi a casa sua, per la semplicissima ragione che, in lui, già si manifestano i primi segni della malattia tropicale. E con eccellente occhio diagnostico, vide molto lontano.

Rita, gli anni passano, ma il nostro premier non guarisce.
«Il nostro premier non guarisce perché ci sono malattie croniche e che restano sempre latenti. Le sue, purtroppo, non sono frasi occasionali, ma l’ espressione di una convinzione profonda e che viene da lontano. È proprio così: soffre di una malattia cronica. Hai ricordato quando, nel 1994, in occasione del suo primo governo, io non volli avere il piacere di incontrarlo, nella mia casa di via d’Amelio. Non so se la mia decisione fu profetica. So di certo che la sua richiesta di vedermi, giunta all’improvviso, senza nessun rispetto di un minimo di privacy-passò con la sua scorta, scese e citofonò - mi lasciò sconcertata e infastidita».

Rita, ma che voleva?
«Me lo disse per citofono: “signora, cosa possiamo fare contro la mafia?”. E io: “tutto, perché siete al governo”».

E lui?
«Grazie, signora. La richiamerò da Roma. Ma non mi ha mai richiamato».

Secondo te, come mai Berlusconi sente il bisogno, ancora oggi, di pronunciare parole tanto sconnesse su una questione che sta a cuore alla maggioranza degli italiani, tantissimi dei quali, per altro, lo votano?
«Cominciamo col dire che la mafia non si può nascondere sotto il tappeto come la polvere. Non è parlando di mafia che si denigra il Paese. Fiction come “La Piovra”, romanzi come “Gomorra”, non fanno altro che denunciare una realtà drammaticamente esistente. E’ l’esistenza, la persistenza, la visibilità in tutto il mondo della mafia di casa nostra il vero bubbone da estirpare. Il silenzio è uno strumento che la mafia gradisce. Prova ne sia che per oltre un secolo i mafiosi hanno fatto dell’omertà un totem intangibile. Intitolare l’aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino non è , come ha detto Gianfranco Miccichè, una scelta che allontana i turisti, bensì il riconoscimento di un percorso di liberazione dalla mafia portato avanti spesso da uomini soli e isolati. Vale l’identico discorso per Pio La Torre e Peppino Impastato i cui nomi si pretenderebbe di cancellare da un aeroporto e da una piazza. Mi sembra che la società mostri più maturità nell’affrontare il problema di quanto non abbiano mostrato di saper fare certe istituzioni».

Rita, sei proprio su un altro pianeta. Berlusconi e il suo governo, sono convinti di stare conducendo una guerra epocale contro Cosa Nostra.
«Mi sembra un miracolo che le forze dell’ ordine e la magistratura riescano ancora a ottenere risultati così importanti nonostante i continui tagli economici e di organico e la delegittimazione, di cui il nostro premier gratifica, un giorno sì e l’altro pure, i magistrati stessi. E poi, un’altra riflessione: se analogo risultato fosse ottenuto per quanto riguarda i mafiosi che fanno politica, o i politici che sono mafiosi, la musica sarebbe tutt’altra».

In che senso?
«Solo quando il governo deciderà di tagliare i rami delle complicità istituzionali, politiche, economiche, potremo dire che la sconfitta di Cosa Nostra sarà a portata di mano. Sin quando ciò non accadrà, e il nostro premier non saprà resistere alla tentazione di aprire bocca su una materia che, evidentemente, non gli è congeniale, ci ritroveremo sempre al punto di partenza».
L'Unità, 18 aprile 2010

L'eurodeputato vola de luxe

di Giulia Cerino
Gli eurodeputati scelgono jet privati per andare a Strasburgo. Costo: 1.400 euro. Fino allo scorso anno preferivano i low cost. Ma adesso sono cambiate le regole dei rimborsi
E' la moda della legislatura 2009-2014: voli di lusso per la trasferta a Strasburgo. Sono un bel numero gli eurodeputati italiani che per raggiungere ogni mese il Parlamento Ue utilizzano un jet-taxi privato: l'Embraer E120, un giocattolino di 12 metri di lunghezza. Partenza da Ciampino (Roma) arrivo a Strasburgo e ritorno per 1.400 euro. Una scelta fastosa che segna una inversione di rotta rispetto al passato. Fino allo scorso anno, infatti, erano gettonatissimi aerei di linea e voli low cost. E sulle poltroncine di Ryanair si affollavano gli onorevoli italici prestati all'Europa.
"Viaggiare con questo aereo", spiega uno dei passeggeri, Rosario Crocetta (Pd), "è necessario a causa della mancanza di altri voli diretti". Crocetta è al suo primo mandato europeo e non è tenuto a saperlo, ma i voli diretti per Starsburgo mancavano anche nella scorsa legislatura. Quello che nel frattempo è cambiato, però, sono le regole per il pagamento delle spese di viaggio. Fino alla passata estate infatti, gli europarlamentari ricevevano un rimborso forfettario: circa mille euro indipendentemente dal biglietto acquistato. Vale a dire, sia che si scegliesse per esempio l'AirFrance, via Lione o via Nizza, costo 700 euro, piuttosto che Lufthansa, 415 euro via Francoforte, oppure Ryanair, con prezzi all'osso. Poiché il calendario delle sessioni è fissato in anticipo, comprando i biglietti per tempo, di rado si spende più di 90 euro. Cioè 900 in meno del vecchio rimborso europeo.
Ma con il nuovo regolamento l'indennizzo non è più forfettario bensì corrisponde al prezzo del biglietto acquistato, da documentare esibendo carta d'imbarco e ricevuta di pagamento. E qui sorge un problema: la carta di imbarco viene rilasciata solo per voli di linea e charter e non per i voli privati come quello che i nostri deputati prendono ogni mese. Una soluzione la fornisce però Mustfly, l'agenzia che gestisce i trasferimenti Roma-Strasburgo. 'L'espresso' li ha interpellati al telefono e, fingendo di chiamare per conto di un eurodeputato, ha chiesto come si poteva ottenere il rimborso. "Si tratta di un jet privato camuffato", ha spiegato al telefono il responsabile marketing Biagio Coppolino, "sulla fattura lo qualifichiamo formalmente come volo charter. Per quelli privati, infatti, il regolamento non prevede rimborso... Il boarding pass verrà consegnato a posteriori, per ottenere l'indennizzo". E, sempre secondo Coppolino, non solo "avviene regolarmente" che l'importo della fattura sia ritoccato all'insù rispetto al prezzo pagato, ma che venga addebitato anche il passaggio aereo di amici e parenti: "Mettiamo tutto su un unico biglietto o su più biglietti. Qui lo dico e qui lo nego: il deputato può attribuire il costo del biglietto a un terzo che non ha viaggiato. La natura dei parlamentari fa sì che si possano cambiare le regole".
La storia, sempre secondo il responsabile marketing, va avanti da fine 2009, grazie all'accordo tra l'ideatore del servizio di jet taxi, Giuseppe Spadaccini, già patron della compagnia aerea passeggeri Itali Airlines (sigla con cui è marchiata la carta d'imbarco) e l'europarlamentare del Pd Guido Milana che, a detta di Coppolino, "ha preso contatti con l'agenzia". Una ricostruzione che Milana nega, pur difendendo a spada tratta l'uso del jet privato: "È la cosa più utile, economica e intelligente da fare finché non ci saranno voli diretti".
Nel volo dell'8 marzo erano occupati solo sette dei 30 posti dell'Embraer. Tra i passeggeri: Andrea Cozzolino (Pd), Guido Milana (Pd), Barbara Matera (Pdl), Salvatore Iacolino (Pdl) e Roberto Gualtieri (Pd). Nei mesi scorsi hanno viaggiato anche Silvia Costa (Pd) e Luigi De Magistris (Idv), mentre sul jet partito il 23 novembre i passeggeri erano 17, tra cui: Giovanni Pittella (Pd), Rosario Crocetta (Pd), Giovanni La Via (Pdl), Sergio Silvestris (Pdl), Sonia Alfano (Idv), e Roberta Angelilli (Pdl) che, ormai al secondo mandato, è tra quanti hanno cambiato abitudini: dal low cost della scorsa legislatura al jet-taxi di oggi.
(L'Espresso, 15 aprile 2010)

Massimalismo in pillole

di Daniela Minerva
I vescovi si aggrappano alla destra su aborto e contrac- cezione perché la Chiesa sta vivendo una crisi dramma- tica. E in Italia non ha un vero interlocutore. Così la Lega ne approfitta.
Colloquio con Massimo Cacciari
Questioncelle che riguardano solo l'Italia: Massimo Cacciari non dà grande peso alla bagarre sulla pillola abortiva Ru486. Disponibile negli ospedali a partire dal 1 aprile, in ritardo di anni rispetto agli altri paesi europei e agli Stati Uniti, il farmaco che induce chimicamente l'interruzione di gravidanza e rende più agile, dal punto di vista medico-sanitario, l'intera procedura, è stato autorizzato con l'incongrua richiesta del governo e del Consiglio superiore di sanità di essere somministrato solo nel corso di un ricovero.
Di questo non c'è necessità medica, e gli addetti ai lavori hanno detto che si tratta unicamente di un modo per appesantire l'iter con ovvia ricaduta sullo stato della donna. Già su questo regioni, governo e sanitari litigavano da alcune settimane, quando è arrivata la presa di posizione dei neogovernatori leghisti, Roberto Cota e Luca Zaia: all'indomani dell'elezione hanno dichiarato che non renderanno disponibile la Ru486 nei loro territori. Ma non possono farlo perché il farmaco è ora approvato su tutto il territorio nazionale. È vero che i due, realizzato lo scivolone, hanno fatto marcia indietro in 24 ore, ma resta aperta la questione di quanto le gerarchie ecclesiastiche possano dettare l'azione di governo del centrodestra.

Professor Cacciari, la vicenda della Ru486 sembra indicare che oggi sono le forze politiche del centrodestra a rappresentare i valori del Vaticano sulle questioni della vita. È così?
"Macché. Questa della pillola abortiva è una storia grottesca. Non esiste sulla faccia della Terra un posto dove ci si possa scannare per una faccenda del genere. È ovvio che un farmaco come questo deve essere reso disponibile nei modi più semplici: non c'è discussione, da nessuna parte nel mondo. Tranne che in Italia dove la Chiesa si aggrappa a queste battaglie massimaliste perché non trova un interlocutore serio. E agli uomini del centro-destra non pare vero di avere una simile occasione".

Le pare che la Chiesa sia disponibile a mediare sulle questioni della vita?
"La Chiesa sta vivendo una crisi drammatica a livello planetario. Perde peso nei paesi tradizionalmente ad essa legati come la Spagna e la Polonia; è sotto accusa per le colpe dei preti pedofili; sopporta la crisi delle vocazioni; fa fatica a tenere il passo con le istanze della secolarizzazione ovunque. Se non capiamo questo, non possiamo comprendere quello che sta accadendo in Vaticano. La grandezza profetico-carismatica di Giovanni Paolo II copriva questo travaglio che, invece, è venuto drammaticamente alla luce con Benedetto XVI, un papa più debole dal carisma appannato. Dobbiamo partire da qui per evitare che, in queste contingenze, le gerarchie cattoliche si saldino con le forze di governo".

Non è già accaduto?
"Il centrodestra ha una posizione indecentemente strumentale. Specialmente nelle regioni da sempre bianche come il Veneto del governatore Zaia. Ma nessuna delle parti politiche oggi in campo ha un rapporto privilegiato con la Chiesa come aveva la Dc".

Perché?
"Caduta la Democrazia cristiana, con Tangentopoli, nessuno è riuscito a porsi nei confronti delle gerarchie come un interlocutore credibile. E così i vescovi devono di volta in volta fidarsi di quelli che si mettono sulle loro posizioni. Io ho sperato che sarebbe stato il Pd ad avere un rapporto fiduciario con la Chiesa, ma così non è stato".

Fiduciario?
"Non penso a un partito che faccia gli interessi della Chiesa, ma che sappia dialogarci cogliendo il drammatico travaglio che essa sta vivendo che ha radici profondissime nella sua storia millenaria. Ma per farlo bisogna mettersi alla sua altezza, studiare, cercare di capire. Serve un partito che sia in grado di ascoltare: un interlocutore culturalmente e politicamente preparato a discuterne le istanze allo stesso livello. Come era la Dc di Moro, di Fanfani, di Andreotti".

Che erano leader cattolici; nel Pd, però, la componente laica è molto forte.
"Il Pd è un contenitore che mette insieme il demonio e l'acqua santa. È una sommatoria di posizioni: i laicisti, Ignazio Marino, fino a poco tempo fa Paola Binetti. Ma nessuno ha elaborato un discorso sulla Chiesa, che, paradossalmente, era più maturo nel Pci, con intellettuali come Franco Rodano, tra gli altri".

Il Pd non dovrebbe conservare una prospettiva laica?
"Laico è colui che non si affida a nessun dogma, a nessun pregiudizio. E cerca di arrivare a un accordo attraverso il dialogo e la conoscenza. Nel Pd non c'è niente di tutto ciò".

Non mi dica che c'è nella Lega?
"La Lega è una forza totalmente secolare e non ha niente a che fare col cristianesimo. Qualunque cristianesimo poggia su alcuni valori fondamentali che fanno a pugni con le idee dei leghisti, e la questione dell'accoglienza degli immigrati ne è l'esempio più lampante".

Non sull'aborto, però.
"Nella Chiesa c'è anche, e forte, il valore della tradizione: il discorso sull'aborto, sulla contraccezione, sul fine vita. E io credo che essa sbagli a difendersi in maniera così massimalista. Ma occorre cogliere anche altro: le gerarchie cattoliche hanno apprezzato in molte occasioni, e apprezzano in molti paesi, il cristianesimo maturo. È nel vuoto di dialogo con le forze politiche che il Vaticano reagisce alla sua crisi profonda difendendosi senza lasciare spazi".

(L’Espresso, 15 aprile 2010)

mercoledì 14 aprile 2010

Parte la raccolta differenziata a Corleone

Finalmente, dal 2 maggio dovrebbe partire la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani a Corleone. E finalmente ai 17 operai dell’Ato “Belice Ambiente”, che lavorano in paese, è stato trasformato il contratto di lavoro da part-time a tempo pieno. Alcuni di loro, infatti, lavoravano 24 ore e altri 30 ore settimanali, in una situazione di discriminazione rispetto agli altri 300 dipendenti dell’Ato, che invece da sempre sono stati a tempo pieno. Il consiglio di amministrazione dell’Ato, presieduto dall’on. Salvino Caputo, infatti, lunedì scorso ha approvato un progetto sperimentale per la raccolta differenziata a Corleone, che interesserà l’intero territorio comunale. L’obiettivo principale è quello di ridurre il costo del servizio, portando la raccolta differenziata al 65%, attraverso il pieno coinvolgimento di tutti i cittadini. Il progetto sperimentale prevede che vengano impegnati i 17 operai che operano presso il Comune di Corleone, ormai a tempo pieno, che svolgeranno funzioni di coordinamento, sensibilizzazione e gestione integrale del servizio di raccolta differenziata, utilizzando gli impianti esistenti nel territorio comunale. Sarà utilizzato il centro comunale di raccolta, dove saranno conferiti tutti i rifiuti della differenziata. Inoltre, verrà aperto un eco-punto e verranno acquistati due nuovi automezzi. La delibera approvata dall’Ato, prevede la divisione del territorio in alcune aree. «Abbiamo deciso di puntare su Corleone - dice l’on. Caputo – non soltanto perché è uno dei comuni che ha un territorio molto esteso, ma perché è utile che da questa città, simbolo della legalità, parta un messaggio autorevole di cambiamento anche riguardo la tutela dell’ambiente. In questo modo abbiamo voluto dare immediata attuazione alla nuova normativa dei rifiuti, approvata recentemente dal Parlamento Regionale». «I risultati che otterremo in termini di raccolta differenziata verranno estesi a tutti i comuni dell’Ato», ha affermato Caputo. «Ringrazio il presidente dell’Ato Caputo – dice il sindaco di Corleone, Nino Jannazzo - per averci dato questa possibilità di iniziare un nuovo progetto sperimentale, che indubbiamente ci consentirà di trasformare il ciclo integrato dei rifiuti in una grande risorsa». Grande soddisfazione esprime Dino Paternostro, segretario della Camera del lavoro di Corleone. «Da tempo – dice - sollecitavamo l’Ato e il Comune di Corleone, affinchè si desse inizio alla raccolta differenziata, portando a tempo pieno gli operai. Adesso abbiamo ottenuto un risultato importante, grazie alla lotta dei lavoratori e del sindacato. L’importante è partire col piede giusto e spiegare a tutti i cittadini “quando” e “come” effettuare la raccolta differenziata. Farla bene, infatti, significa rispettare l’ambiente, risparmiare sui costi del servizio e ridurre la tassa per i cittadini». Al riguardo, Paternostro invita il sindaco a dare attuazione immediata al sistema degli incentivi per i cittadini “virtuosi”, che vanno a consegnare i sacchetti con i rifiuti differenziati nei due “Eco-punti”di via Firmaturi (San Ludovico) e di contrada “Poggio”, e a distribuire in maniera capillare tra la popolazione un opuscolo con le istruzioni per il cittadino su come è organizzato il servizio e sulle regole da rispettare per effettuare la differenziata. «Per Corleone – conclude il segretario della Cgil – fare presto e bene la raccolta differenziata è una questione di civiltà, su cui ciascuno di noi si deve impegnare con tutte le sue forze».