Tornare alla gestione pubblica del servizio idrico. E’ questa la sfida che il Partito democratico lancia al governo e all'Assemblea regionale per impedire quello che è accaduto nel settore dei rifiuti: infiltrazioni mafiose, l’aumento esorbitante dei costi, che si riverseranno sulle bollette pagate dai cittadini, e lo scadimento della qualità del servizio. L’affare acqua. Tre anni fa il governo Cuffaro, anticipando addirittura la legge Ronchi (governo Berlusconi) sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, aveva avviato la privatizzazione del servizio idrico in Sicilia. Un business di miliardi di euro consumato sulla pelle dei cittadini e dei contribuenti. Ai privati che hanno vinto le gare, oltre all’affidamento del servizio per 30 anni, sono stati affidati anche 1,1 miliardi di fondi europei per gli investimenti.
La situazione attuale. Dei 9 Ato idrici istituiti in Sicilia 6 sono attualmente affidati ai privati e solo 5 risultano effettivamente operativi. Solo a Trapani, Messina e Siracusa la gestione dell’acqua è ancora in mano pubblica. Le imprese che si sono aggiudicate le gare si sono solo preoccupate di alzare le tariffe, con rincari anche del 300%. Poco o nulla, invece, è stato fatto dai privati sul fronte degli investimenti, previsti a loro carico dai contratti di affidamento, per migliorare l’efficienza delle reti e degli invasi. Un sistema burocratico-clientelare e affaristico-mafioso. Così come è stato fatto nel settore dei rifiuti e della sanità, e come si voleva fare in quello dell’energia, anche per l’acqua è stato messo in piedi un sistema in cui la politica gioca un ruolo di intermediazione devastante: sponsorizzazioni politiche per favorire le imprese “vicine”, facilitazioni burocratiche, distribuzione di posti di lavoro secondo il metodo clientelare. Un meccanismo perverso in cui trovano terreno fertile le infiltrazioni di tipo mafioso. Gli emendamenti del Pd. Il gruppo del Partito democratico ha presentato alla finanziaria, in discussione all’Assemblea regionale siciliana, degli emendamenti che prevedono la liquidazione degli Ato idrici e la rescissione dei contratti vigenti. Il servizio, quindi, tornerebbe nuovamente agli Enti Locali. E per evitare che la Regione Siciliana sia costretta a risarcimenti milionari nei confronti delle imprese affidatarie, un emendamento stabilisce il riconoscimento dei mancati incassi futuri a condizione «Che i gestori privati siano in regola con i programmi e i piani di investimento». Condizione che non è stata rispettata da nessun privato.
Giuseppe Lumia
La situazione attuale. Dei 9 Ato idrici istituiti in Sicilia 6 sono attualmente affidati ai privati e solo 5 risultano effettivamente operativi. Solo a Trapani, Messina e Siracusa la gestione dell’acqua è ancora in mano pubblica. Le imprese che si sono aggiudicate le gare si sono solo preoccupate di alzare le tariffe, con rincari anche del 300%. Poco o nulla, invece, è stato fatto dai privati sul fronte degli investimenti, previsti a loro carico dai contratti di affidamento, per migliorare l’efficienza delle reti e degli invasi. Un sistema burocratico-clientelare e affaristico-mafioso. Così come è stato fatto nel settore dei rifiuti e della sanità, e come si voleva fare in quello dell’energia, anche per l’acqua è stato messo in piedi un sistema in cui la politica gioca un ruolo di intermediazione devastante: sponsorizzazioni politiche per favorire le imprese “vicine”, facilitazioni burocratiche, distribuzione di posti di lavoro secondo il metodo clientelare. Un meccanismo perverso in cui trovano terreno fertile le infiltrazioni di tipo mafioso. Gli emendamenti del Pd. Il gruppo del Partito democratico ha presentato alla finanziaria, in discussione all’Assemblea regionale siciliana, degli emendamenti che prevedono la liquidazione degli Ato idrici e la rescissione dei contratti vigenti. Il servizio, quindi, tornerebbe nuovamente agli Enti Locali. E per evitare che la Regione Siciliana sia costretta a risarcimenti milionari nei confronti delle imprese affidatarie, un emendamento stabilisce il riconoscimento dei mancati incassi futuri a condizione «Che i gestori privati siano in regola con i programmi e i piani di investimento». Condizione che non è stata rispettata da nessun privato.
Giuseppe Lumia
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