giovedì 30 agosto 2007

Corleone, campi di lavoro. "Come quei lampadieri..."

È già trascorsa una settimana dall’inizio del campo. Ieri siamo stati al mare a Balestrate , e ci siamo rilassati dopo sette giorni di duro lavoro.
Maurizio e Francesca sono tornati a Firenze in auto dopo aver trascorso il giorno al mare con noi, perché oggi c’era la presentazione del libro “Come quei lampadieri” alla Festa de l’Unità di Certaldo... torneranno a Corleone giovedì, perché nel frattempo incontreranno anche i ragazzi del prossimo campo di settembre che ci succederanno, per prepararli a questa esperienza così intensa.
Immersa nella suggestiva cornice della città del Boccaccio, Francesca ha iniziato parlando di questo lungo viaggio iniziato tra le aspre montagne siciliane e terminato con le dolci colline toscane, un po’ il paradigma di tante differenze. Ma si è parlato soprattutto di somiglianze, di come le attività della criminalità organizzata siano presenti anche fuori dalla Sicilia, di come è nata la cooperativa e i campi di lavoro. Parlando di Rita Borsellino e del suo essersi messa in gioco in prima persona al servizio della sua e della “nostra” terra, si è discusso di quanto sia importante la politica per sconfiggere la mafia. “Non tanto una politica specialistica antimafia; basta una buona politica, trasparente e al servizio del cittadino” ha concluso Francesca. E c’era a presentare il libro con noi uno di questi “buoni politici” impegnati e trasparenti: il sindaco del comune di Certaldo Andrea Campinoti, presidente nazionale di Avviso Pubblico (l’associazione degli enti locali contro le mafie), che ha parlato di cosa vuol dire essere amministratori pubblici in Toscana e nel sud d’Italia, e ci ha stupito tutti per aver già letto il libro con grande attenzione, riuscendo così a sottolineare gli aspetti più suggestivi del racconto e soprattutto del percorso che i nostri ragazzi stanno facendo in questo momento in Sicilia insieme a tutti noi.
Nel frattempo a Corleone i nostri ragazzi stavano incontrando con Calogero Parisi, Salvatore, Franco e gli altri soci lavoratori della cooperativa un tenente e un sottoufficiale dei Carabinieri di Corleone, la caserma che fu diretta da Carlo Alberto Dalla Chiesa. I carabinieri hanno fatto vedere loro un documentario da loro realizzato sul sindacalista Placido Rizzotto e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e hanno fatto loro capire quanto, seppur diversi, i percorsi di questi due uomini si possono considerare intrecciati in quanto entrambi si impegnarono sul fronte della lotta alla mafia, anche se non ebbero modo di conoscersi. Entrambi però furono assassinati dalla mafia, hanno giustamente ricordato i carabinieri : Rizzotto il 10 Marzo del 1948 a Corleone e Dalla Chiesa, che sulla morte del sindacalista aveva indagato, a Palermo il 3 Settembre del1982.
Alla fine del filmato è seguito un lungo dibattito, terminato con un interessante confronto su alcune considerazioni che i Carabinieri hanno fatto rispetto a quanto sia importante che le forze dell’ordine in questi territori intervengano con attenzione non solo sui grandi delitti e reati di mafia ma anche sulle piccole cose, come i furti o le semplici controversie fra cittadini, perché se non lo fa lo Stato, lo fa… qualcun’altro e acquisisce così consenso fra la popolazione.
Maurizio Pascucci
coordinatore progetto “Liberarci dalla Spine”
e i ragazzi del campo di lavoro
27 agosto 2007

Stamattina, come al solito, sveglia alle 6.00, con qualche rimpianto delle ore che sarebbero state utili per dormire invece che per giocherellare la sera...i nostri coordinatori evidentemente non hanno tutti i torti quando spengono le luci e insistono per farci andare a letto entro la mezzanotte!Abbiamo ripreso le attività di spietratura della vigna e la raccolta del pomodoro. Alla fine della giornata altre 108 cassette di pomodori sono partite verso la ditta che prepara la passata di pomodoro della cooperativa Lavoro e Non Solo.
Abbiamo accolto Rita Borsellino nella palestra nel tardo pomeriggio, e abbiamo dato inizio all'incontro seduti in cerchio. Oltre ascoltare le nostre riflessioni e le nostre esperienze dei giorni trascorsi al campo di lavoro, e motivare con efficacia la nostra attività, Rita ci ha parlato, sotto lo stimolo delle nostre domande, della sua attività politica e di quella di magistrato di suo fratello, tratteggiandone i lineamenti meno conosciuti, quelli relativi ai rapporti più familiari.L'incontro è finito dopo circa due ore, ma le cose da dire sarebbero state molte di più. Abbiamo salutato Rita regalandole un fiore e offrendole un tipico dolce corleonese, preparato dalla moglie di Franco.La sera, dopo cena, abbiamo visto il video del campo di lavoro che si è svolto a Pistoia a cui hanno partecipato alcuni ragazzi corleonesi per sistemare il magazzino di stoccaggio dei prodotti della cooperativa in Toscana.
I ragazzi del campo di lavoro
28 agosto 2007

Gli hanno bruciato due escavatori, ma Andrea Vecchio dice: "Io non pago il racket"

CATANIA - In due giorni gli hanno distrutto due escavatori che costavano 280 mila euro uno a Catania l'altro a Santa Venerina (Ct). Ha una ditta di costruzioni che dà lavoro a circa 250 persone l'anno e nella sua carriera di imprenditore ha subito 10 intimidazioni e innumerevoli richieste di pizzo. Andrea Vecchio, 67 anni, presidente dell' associazione nazionale costruttori della provincia catanese, con voce serafica dice: "Spero si fermino, non c'è motivo che vadano avanti. Io il racket delle estorsioni non lo pago". "Sono convinto che fare gli eroi non paghi - aggiunge - Ma non possiamo subire ricatti ed estorsioni. Dovremmo stare tutti insieme perchè l'unione fa la forza". Nel giorno del sedicesimo anniversario dell' uccisione dell' imprenditore palermitano Libero Grassi, che si ribellò pubblicamente al racket mafioso, Andrea Vecchio diventa un simbolo della lotta, raccoglie la solidarietà di Confidustria e dei politici ma dice: "Oggi il mio telefonino non ha smesso di squillare. Tanto affetto. Ma penso sia dovuto all' impatto mediatico. Ritengo che queste esternazioni siano come una rosa recisa che poi appassisce a maggior ragione ora che c'è molto caldo...". "Lo Stato c'è - aggiunge - La legge antiracket di cui ho usufruito funziona. Le forze dell'ordine e la magistratura lavorano molto bene. Alcuni estorsori che mi avevano minacciato sono stati arrestati. Ma anche gli avvocati penalisti sono bravi. Per superare la criminalità organizzata ci vuole un' economia migliore e sana: dove c'è ricchezza la mafia non attecchisce. E poi ci vuole il rispetto delle regole da parte di tutti. Vedere una persona su un ciclomotore col casco in testa per di più allacciato è un evento raro. Bisogna ragionare su questo". "Lasciare il mio lavoro? - conclude - Non ho alternative. Ho una professionalità, non si può buttare tutto al vento. Dovrei chiudere e andare a lavorare al Nord o all' estero. Ma non posso smentire trent'anni di lavoro. E comunque io il racket delle estorsioni non lo pago".Solidarietà a Vecchio è stata espressa in una nota anche dal segretario provinciale della Uil Angelo Mattone e dal segretario Feneal Francesco De Martino. Il sindacato ribadisce la proposta di installare delle telecamere nei cantieri. "Grazie alla videosorveglianza - affermano i due sindacalisti - si potrebbe dare una spallata significativa al lavoro nero e alle incursioni del racket che sono fenomeni particolarmente diffusi nel settore edile". "Trattandosi di installazioni a fini di salvaguardia dei lavoratori e di sicurezza interna - concludono - è evidente come la proposta rispetti pienamente le normative sulle tutele sindacali e sulla privacy".Il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ha convocato per il primo settembre una riunione straordinaria del direttivo regionale dopo il secondo attentato incendiario, nel giro di poche ore, ai danni del presidente dell'Ance Catania, Andrea Vecchio, e del secondo messaggio intimidatorio ricevuto dal presidente della Piccola industria di Confindustria Caltanissetta e della Camera di commercio nissena, Marco Venturi. Il direttivo si terrà nella sede degli industriali di Caltanissetta, in via Poggio Sant'Elia, con la partecipazione del vicepresidente nazionale di Confindustria, Ettore Artioli.
La Sicilia, 29/08/2007

Cartoline in carcere a Riina e Provenzano: "La pace è finita". E a Palermo è allarme

La missiva è stata intercettata dalla polizia penitenziaria. La busta indirizzata al carcere di Opera di Milano in "via Borsellino"

PALERMO - Poche parole scritte sul retro di due cartoline recapitate in carcere dentro a una busta bianca. Poche parole che hanno destato molta preoccupazione alla procura di Palermo. I destinatari sono Toto' Riina e Bernardo Provenzano. Il testo dice: "La pace è finita". Potrebbe trattarsi dell'avvertimento di un'imminente ripresa della strategia stragista. La missiva è stata intercettata dalla polizia penitenziaria che ritiene la vicenda molto allarmante. La procura di Palermo ha ora aperto un'inchiesta sulla lettera. I dettagli della vicenda sono ancora più inquietanti. La busta era indirizzata al carcere di Opera di Milano l'indirizzo indicato era "via Borsellino". La strada, secondo gli investigatori, è intenzionalmente sbagliata con una chiara allusione alla tragica strage di via d'Amelio in cui, nel 1992, venne ucciso il magistrato Paolo Borsellino. C'è poi il giorno di spedizione. La lettera è stata infatti spedita dal capoluogo lombardo il 20 luglio, ovvero un giorno dopo l'anniversario dell'eccidio. E infine la scelta dello stadio di san Siro. Secondo gli inquirenti non sarebbe casuale e rimanderebbe all'attentato mafioso sfumato, nel 1993, allo stadio Olimpico di Roma. Nel frattempo i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno avviato accertamenti in seguito all'ipotesi che potrebbe esserci un nuovo asse mafioso fra i boss detenuti Leoluca Bagarella e Nitto Santapaola. I due capimafia, in occasione del trasferimento che prevedeva che uno andasse ad occupare la cella dell'altro, hanno entrambi lasciato sul tavolo la propria fede nuziale. L'episodio è stato segnalato alle procure di Catania e Palermo dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) che ha scoperto lo strano "scambio di anelli". Il gesto potrebbe essere il segnale di un "matrimonio" fra due correnti mafiose fino adesso rimaste distanti.
(La Repubblica, 29 agosto 2007)

martedì 28 agosto 2007

Corleone. Il consiglio comunale al sindaco: "Rovoca quella delibera!"

CORLEONE – Come i lettori ricorderanno, nelle votazioni di ballottaggio del 27-28 maggio Nino Iannazzo ha superato di appena 3 voti Nicolò Nicolosi e quest’ultimo – come sempre avviene in casi analoghi – ha presentato ricorso al TAR, notificato pure all’Ente Comune, che ha nominato un suo legale per resistere in giudizio. Proprio contro questa nomina del legale, alcuni consiglieri comunali (primo firmatario Salvatore Schillaci) hanno presentato una mozione consiliare per chiedere la revoca della delibera. Infatti, si legge nella mozione, per l’Ente-Comune (non per il sindaco Iannazzo e i suoi assessori) cosa cambia se sindaco è Tizio oppure Caio? Ovviamente, niente. E proprio per questo non doveva avere nessun interesse a nominare un legale (sarà pagato a fior di quattrini con i soldi dei contribuenti) che, nella sostanza, opponendosi al ricorso di Nicolosi, difenderà proprio il sindaco in carica. Lunedì sera, in consiglio comunale, il sindaco Nino Iannazzo ce l’ha messa tutta per spiegare perché il comune di Corleone ha deciso di resistere in giudizio contro il ricorso elettorale dell’ex sindaco Nicolò Nicolosi, ma non c’è riuscito. Ha parlato di atto dovuto, ma non è così. Ha lasciato capire che se cambierà il sindaco decadranno tutte le determine e le delibere adottate, ma non è vero perché è giurisprudenza costante che gli, in ogni caso, resterebbero salvi tutti gli effetti prodotti.
La mozione è stata approvata con 11 voti favorevoli e 7 contrari, ma non bisogna essere indovini per capire che Iannazzo & C. la delibera non la revocheranno, anche a costo di sfidare la magistratura contabile. D’altra parte, “a la guerre comme a la guerre”, dicono i francesi. E, tra Iannazzo e Nicolosi, la guerra è totale e senza esclusioni di colpi. Peccato che, a farne le spese, sono (e saranno ancora) i cittadini normali, i quali avrebbero il solo interesse di essere amministrati bene…
D.P.
28 agosto 2007
P.S. Ancora meno comprensibile è la nomina di un altro legale per resistere in giudizio contro il ricorso di Antonio Vella dell'Udc contro l'elezione di chi scrive, consigliere dei Ds. La relativa delibera ha persino il parere contrario del dirigente responsabile, ma Iannazzo e la sua giunta non hanno voluto intendere ragione. "Ci costituiamo e basta!". Anche per questa delibera il consiglio comunale ha chiesto la revoca.

CAMPI DI LAVORO. Qualche riflessione dopo il ritorno...

Siamo arrivati a casa da poche ore, il ritorno è filato via liscio, anche se il caldo ha reso dure le ultime ore trascorse a Palermo. La lavatrice al piano sottostante gira a pieno ritmo, Renzo e Carlo puliscono il camper, Cicci mi ha appena scritto un messaggio. Vicino al tavolo la cassetta con ancora un po’ dei pomodori di Corleone. Uno sguardo a quella cassetta e davanti agli occhi scorrono le immagini dei campi con i ragazzi che raccolgono, con Angelo, Salvatore, Mario… che guidano la raccolta, del pranzo nel capannone di Canicattì dove lo scorso anno, poco prima della visita degli studenti di Pescia un cane morto era stato appeso e nei campi erano state divelte delle viti. La prima raccolta, il terreno che risponde generoso alle braccia di chi con una sfida che non deve essere lasciata sola vuole vivere del proprio lavoro e dare a sé ed ai figli la speranza di una vita libera e dignitosa. Anch’io raccolgo l’uva, insieme a Cicci. Da tempo non lo facevo più, ma, mentre mi piego a cercare le pigne mature, ricordo quando vendemmiavo dal nonno, sulle colline sopra Pescia. L’uva era scarsa e non sempre buona, i campi stretti con in mezzo alberi da frutto. Io bambina salivo dalla città per unirmi ai tanti cugini che, anch’essi bambini, lavoravano con il nonno e lo zio tutto l’anno quei fazzoletti di terra pietrosi; timorosa percepivo la presenza del nonno,burbero, che passava a scrutare come lavoravamo: “Attenti a non macolare l’uva e a raccogliere tutti i chicchi che cadono”, ripeteva con piglio e nella proda non rimanevano chicchi. Ora torno a sentire nelle orecchie quelle parole e mi chino a guardare se ho lasciato cadere qualche chicco; inevitabilmente sì, lo raccolto e quasi mi meraviglio che non lo facciano anche gli altri. Un sorso di acqua ristoratrice, poi di nuovo al lavoro.
Smisto la montagna dei panni per il lavaggio, mentre le immagini corrono al pranzo, al buon pane imbevuto nell’olio, poi alla corsa verso la cantina e…quanta attesa! Finalmente l’uva rovesciata nel “tino” pronta a dare il primo mosto. La gioia sul volto di Calogero è indescrivibile, la soddisfazione dell’impresa compiuta è sul volto di tutti. Il ritorno a Corleone è faticoso per il vento caldo che si alza a forti folate e che preannuncia un mutamento di clima.
Non so se la mia, la nostra, presenza sia di disturbo, certo è che pian piano anche noi ci sentiamo parte del gruppo, Carlo per primo. La sera, bellissima. Prima deboli e timorosi, poi più decisi si intonano canti. Il gruppo Agesci di Pestoia4 guida quel coro sempre più alto, ricco di voci, coinvolto. Quando cerca di trovare gli accordi e le note de I Cento passi, Salvatore prende in mano la situazione. Questa canzone non si può storpiare, occorre impararla ed impararla bene, scandirne tutte le parole, e si fa bravo e deciso maestro. Poco dopo la canzone esce ben intonata e tutti la cantano, qualcuno la scopre in quel momento. Un brivido di soddisfazione corre per il mio corpo e mi sento un po’ rincuorata. Due giorni prima eravamo stati a Cinisi. Era domenica e la casa di Peppino chiusa. Solo una bandiera della pace e un poster ne permetteva l’individuazione. Quando siamo scesi dal camper un nugolo di ragazzini ci è venuto davanti, ha capito dove eravamo diretti, ci ha guardato quasi schernendoci, poi di fianco alla porta d’ingresso della abitazione sul marciapiede un gruppetto di giovani seduto fra l’orgoglioso e l’arrogante su grosse moto rendeva difficile l’accesso alla porta di ingresso di casa Impastato. Indifferenza generale per quella casa, la presenza della targa e della bandiera disturbo della vita di una cittadina desiderosa di rimuovere quella presenza. “Peppino è morto invano” ci siamo detti. Ora no, la canzone più volte intonata per sempre meglio comprenderla e meglio raccontare di Peppino ci diceva che no, non era morto invano e non lo era soprattutto per tanti giovani, che sentivano vicino Peppino ed il suo impegno.
E’ tardi, ma i ragazzi non sembrano intenzionati a conquistare il letto, forse per una abitudine sempre più frequente a cercare nelle ore notturne quei contatti umani che durante il giorno sono tanto difficili da trovare. Qui no, domani la sveglia suonerà presto, non è possibile lasciare che le ore del giorno siano consumate sotto le lenzuola; il lavoro nei campi è duro ed occorre utilizzare le migliori ore del mattino e poi…non saremo soli! Così in poco tempo il piazzale si svuota, la notte richiede il suo sonno.
Ieri l’uva, oggi i pomodori. La raccolta non è molto lontano da Corleone ed il grande campo si riempie presto di mani che sempre più esperte scelgono, colgono, riempiono casse. Qui le voci si intrecciano, i volti si incontrano, le storie di ciascuno si mescolano. Due giorni fa poco ci si conosceva, oggi si racconta di noi e Angelo comincia a parlare, Bernardo e Salvatore ascoltano e narrano della propria terra, del proprio lavoro. Io sento meno la fatica di ieri, i pomodori mi sembrano più “alti” dell’uva.
Per il timore di rimanere senza gasolio alla fine della mattina ci allontaniamo dal gruppo e non riusciamo a trovarci di nuovo se non nel primo pomeriggio, al rientro alla palestra. E’ molto caldo e sul volto di tutti la fatica lascia il suo segno. Quante cose si capiscono ora! La necessità delle giuste ore di sonno per essere pronti al mattino presto per il lavoro; certo presto, perché quando il sole si alza il caldo annebbia forze ed idee, presto perché i campi non sono dietro casa ed occorre tempo per raggiungerli. E qui poi la preoccupazione di Calogero. Queste terre, le terre della speranza, un po’ qua ed un po’ là, e per raggiungerle occorre attraversare poderi di mafiosi, che sembrano aspettare una qualche difficoltà, un piccolo fallimento, uno scoraggiamento per togliere la speranza.
E’ giovedì, domani lasceremo il campo. Ci dispiace non andare con i ragazzi questa mattina, ma non vogliamo tornare a casa e non avere visto Corleone, non avere provato a capire qualcosa di questa cittadina. Così, mentre Carlo va con i ragazzi, noi facciamo un giro per Corleone: la attraversiamo in largo ed in lungo, percorriamo i vicoli, alziamo lo sguardo verso i terrazzi, le finestre, sbirciamo dentro i negozi, proviamo ad incrociare lo sguardo con i numerosi anziani che, seduti al bar, sulla panchina davanti al municipio, vicino ad una bottega, parlano, discutono, talvolta con voce sommessa, altra alzando il tono. Ci guardano, ci sentiamo guardati ed un po’ di imbarazzo serpeggia. Entriamo in alcune chiese. Non sono vuote e non possiamo fare i turisti. Nella prima numerose persone, in gran parte donne, recitano un rosario ad alta voce, nell’altra, Santa Rosalia, un sacerdote celebra la Messa in una chiesa quasi piena. Le donne, con la borsa della spesa lasciata fuori della panca in cui sono sedute, in chiesa a pregare, gli uomini, quelli di una certa età, fuori a parlare.
Alla Palestra sono arrivati gli scout del Firenze 13. Il feeling con alcuni di loro è immediato
L’intenso pomeriggio. Prima la visita a casa Provenzano, poi l’incontro con il giudice Ingroia, illuminante, infine Salvatore che ci porta a vedere il covo in cui è stato catturato Provenzano.
La proiezione di “Scacco al re”, dopo cena, prosegue la riflessione della giornata sulla organizzazione della mafia. Carlo è stanchissimo e si addormenta sul pavimento.
Ormai stiamo per lasciare il campo con molto dispiacere, ma con una grande carica dentro, la voglia di urlare a tutti quanto abbiamo visto ed abbiamo vissuto, di urlare quanto in silenzio, ma con tenacia Calogero e tutti gli altri della cooperativa stanno facendo, quanto Maurizio ha costruito. Sappiamo che sarà lunga e difficile, ma se tutti noi ci saremo a cominciare dalla vita quotidiana si formerà una catena difficile da spezzare. Andiamo al campo per prendere un po’ di pomodori da portare con noi. Carlo è subito con i ragazzi, fa fatica a staccarsi. La cassetta è pronta, la mettiamo sotto il sedile. Ora è lì, in casa accanto al tavolo, quasi vuota.
Un saluto a tutti ed una promessa di incontrarci di nuovo.
Grazie per quanto abbiamo potuto ricevere
Laura Papini
(Pescia (Prato)

Bagarella e Santapaola, le fedi dei boss “dimenticate” in cella. Forse un'alleanza?

CATANIA - Potrebbe essere nata un'alleanza fra i boss mafiosi Benedetto "Nitto" Santapaola e Leoluca Bagarella, entrambi trasferiti nei giorni scorsi dal carcere in cui erano detenuti al 41 bis. È l'analisi degli inquirenti dopo che i capimafia, che avrebbero dovuto andare ad occupare la cella dell'altro, nell'ambito di uno scambio incrociato disposto dal Dipartimento amministrazione penitenziaria, una volta giunti a destinazione, hanno entrambi denunciato alla polizia penitenziaria di aver dimenticato nella vecchia cella la propria fede nuziale. Una strana coincidenza che ha subito portato il Dap a destinare Santapaola nel carcere di Tolmezzo, anzichè in quello de L'Aquila in cui è stato detenuto per molti anni Bagarella.Il rapporto tra Totò Riina e Nitto Santapaola si è incrinato dopo la stagione delle stragi del 1992. Il boss catanese preferiva tenere al riparo dai riflettori la sua città. Quando, nell'estate del 1992, Riina ordinò di uccidere l'ex presidente della Regione Rino Nicolosi (Dc), Santapaola prese le distanze, non ubbidì. Riina reagì stabilendo un rapporto preferenziale e segreto con l'altro capomafia etneo Santo Mazzei, amico fidatissimo di suo cognato Leoluca Bagarella. Primo incarico dei corleonesi a Mazzei: "fai pulizia all'interno di Catania". Da allora cessarono i rapporti fra Santapaola e il gruppo stragista composto da Riina e Bagarella.Adesso la strana coincidenza che i due capimafia hanno dimenticato nella cella che avrebbero dovuto occupare, la propria fede nuziale, dalla quale lo stesso Bagarella, come hanno sempre spiegato i pentiti non si sarebbe mai staccato dopo la morte della moglie, fa emergere per gli inquirenti l'ipotesi che i due boss possono aver suggellato "un matrimonio" fra gruppi criminali.
La Sicilia, 28/08/2007

NELLA FOTO: Leoluca Bagarella in manette

Vi segnalo un caso di poca trasparenza amministrativa in Toscana

di Claudio Scala*
Ho avuto l’ opportunità di leggere il 7 agosto 2007 su Città Nuove Corleone
, il giornale on-line della zona del Corleonese, un' articolo dal titolo: "Dalla Toscana un' appello affinchè legalità e lotta alla mafia siano nel Dna del Partito Democratico". Si tratta di un' appello interamente condivisibile che Vi vede come primi firmatari e che fa onore alla terra di provenienza: la Toscana. Data questa Vostra sensibilità ed attenzione al tema della cultura della legalità mi permetto di segnalarVi pratiche amministrative che - a distanza di poche migliaia di metri dalla sede di Novoli della Giunta Regionale Toscana - vanno nella direzione opposta alla trasparenza amministrativa e ai valori e alla cultura della legalità da Voi propugnati.
Il comune di Prato è proprietario del 95% (il restante 5% è di proprietà del Comune di Montemurlo) di SORI SpA, una società a cui che le Amministrazioni comunali proprietarie e quella di Carmignano hanno esternalizzato la riscossione dei tributi e la gestione di aree destinate a manifestazioni fieristiche. Questa società da quasi due anni si prende gioco del rispetto della legalità e rifiuta l’accesso a documenti amministrativi che mi riguardano (i documenti sono inerenti una mancata liquidazione di competenze professionali per ritardare la quale sono state addotte nel tempo tre diverse e successive motivazioni, nessuna delle quali corrispondente - neppure in minima parte - alla verità documentale).
Questa omertosa avversione alla trasparenza amministrativa da parte di SORI persiste nonostante gli interventi formali del Difensore Civico del Comune di Prato, del Difensore Civico della Provincia di Prato, del Difensore Civico della Regione Toscana e dell’Ispettorato per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Vi sarei molto grato anche Voi voleste invitare i Sindaci e i Presidenti del Consiglio Comunale delle città di Prato e di Montemurlo ad attivarsi finalmente con la dovuta energia per il ripristino della legalità nella prassi amministrativa di questa società interamente di proprietà pubblica che eroga un servizio pubblico e che i due Comuni controllano totalmente in quanto detentori del 100% del capitale sociale. Poter accedere ai documenti dell’istruttoria del procedimento amministrativo che mi riguarda consentirebbe di comprendere il motivo per cui ogni volta che decade per assoluta totale completa infondatezza la motivazione che è alla base dell'irragionevole
provvedimento di diniego ne viene trovata una nuova – prima neppure lontanamente ipotizzabile – dando la sgradevole sensazione che non si ricerchi la correttezza amministrativa ma l’ arrogante aggravamento del procedimento. Credo che anche Voi riteniate che la trasparenza amministrativa dovrebbe essere l’ inviolabile regola aurea in una società che gestisce le riscossioni dei tributi per un' Amministrazione Comunale e che il gratuito aggravamennto del procedimento amministrativo sia una delle manifestazioni più odiose di disprezzo della legalità democratica.
AugurandoVi tutto il successo possibile nel Vostro impegno il rafforzamento della cultura della legalità e trasparenza amministrativa nel nascente Partito Democratico e in tutto il Paese, Vi invio i miei migliori saluti
Claudio Scala
via Burzagli 6 - 52025 Montevarchi AR 055.980903
E-mail: studioscala@gmail.com
Montevarchi, 23 agosto 2007


Oltre che al nostro giornale, questa lettera è indirizzata anche a:
On. Giuseppe Lumia, Vicepresidente Commissione Antimafia
Marco Pingitore, Segretario SG Toscana
Vanna Van Straten, Presidente Libera Toscana
Salvatore Calleri, Direttore Fondazione “Antonino Caponnetto”
Manuele Braghero, Responsabile
Segreteria Assessore A. Fragai, Firenze

e per conoscenza:
Andrea Castagnini, Dirigente Settore sistemi informativi e servizi l'accesso al pubblico
Eleonora Maffei, Prefetto della Provincia di Prato
Andrea Biagini, Ufficio di Segreteria Sen. Beatrice Magnolfi
Danilo Mannocci, Presidente del Consiglio Comunale di Prato
Andrea Campinoti, Presidente Avviso Pubblico
Rosa Piro, Ispettorato per la Funzione Pubblica, Dip.to Funzione Pubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri
Difensore Civico della Provincia di Prato
Cirri Doriano, Sindaco di Carmignano
Rossella De Masi, Presidente Consiglio Comunale di Montemurlo
Direttore Operativo, Presidente del Consiglio di Amministrazione di SORI Spa
Giorgio Morales, Difensore Civico della Toscana

domenica 26 agosto 2007

IL TESTO DELLA NUOVA LEGGE-QUADRO SUGLI INCENDI BOSCHIVI

Legge 21 novembre 2000, n. 353 ("Legge-quadro in materia di incendi boschivi"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000

Capo I

PREVISIONE, PREVENZIONE E LOTTA ATTIVA
Art. 1.

(Finalità e princìpi)
1. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate alla conservazione e alla difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale quale bene insostituibile per la qualità della vita e costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
2. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1 gli enti competenti svolgono in modo coordinato attività di previsione, di prevenzione e di lotta attiva contro gli incendi boschivi con mezzi da terra e aerei, nel rispetto delle competenze previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché attività di formazione, informazione ed educazione ambientale.
3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti sulla base delle disposizioni di principio della presente legge entro e non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della stessa. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità di cui alla presente legge secondo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione. Gli interventi delle strutture statali previsti dalla presente legge sono estesi anche ai territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome interessate su richiesta delle medesime e previe opportune intese.

Art. 2.
(Definizione)
1. Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree.

Art. 3.
(Piano regionale di previsione, prevenzione
e lotta attiva contro gli incendi boschivi)
1. Le regioni approvano il piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, sulla base di linee guida e di direttive deliberate, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, che si avvale, per quanto di rispettiva competenza, dell'Agenzia di protezione civile, di seguito denominata "Agenzia", ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato "Dipartimento", del Corpo forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata "Conferenza unificata".
2. Le regioni approvano il piano di cui al comma 1 entro centocinquanta giorni dalla deliberazione delle linee guida e delle direttive di cui al medesimo comma 1.
3. Il piano, sottoposto a revisione annuale, individua:
a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l'incendio;
b) le aree percorse dal fuoco nell'anno precedente, rappresentate con apposita cartografia;
c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l‚indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti;
d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l’indicazione dei dati anemologici e dell'esposizione ai venti;
e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica;
f) le azioni determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo di cui alle lettere c) e d);
g) gli interventi per la previsione e la prevenzione degli incendi boschivi anche attraverso sistemi di monitoraggio satellitare;
h) la consistenza e la localizzazione dei mezzi, degli strumenti e delle risorse umane nonché le procedure per la lotta attiva contro gli incendi boschivi;
i) la consistenza e la localizzazione delle vie di accesso e dei tracciati spartifuoco nonché di adeguate fonti di approvvigionamento idrico;
l) le operazioni silvicolturali di pulizia e manutenzione del bosco, con facoltà di previsione di interventi sostitutivi del proprietario inadempiente in particolare nelle aree a più elevato rischio;
m) le esigenze formative e la relativa programmazione;
n) le attività informative;
o) la previsione economico-finanziaria delle attività previste nel piano stesso.
4. In caso di inadempienza delle regioni, il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi, per quanto di rispettiva competenza, dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, sentita la Conferenza unificata, predispone, anche a livello interprovinciale, le attività di emergenza per lo spegnimento degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture operative delle province, dei comuni e delle comunità montane.
5. Nelle more dell'approvazione dei piani di cui al comma 1 restano efficaci, a tutti gli effetti, i piani antincendio boschivi già approvati dalle regioni.

Art. 4.
(Previsione e prevenzione
Del rischio di incendi boschivi)
1. L’attività di previsione consiste nell'individuazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettere c), d) ed e), delle aree e dei periodi a rischio di incendio boschivo nonché degli indici di pericolosità. Rientra nell'attività di previsione l’approntamento dei dispositivi funzionali a realizzare la lotta attiva di cui all'articolo 7.
2. L’attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco d'incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti. A tale fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree a rischio di cui al comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio, conformemente alle direttive di cui all'articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei volti a migliorare l’assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali.
3. Le regioni programmano le attività di previsione e prevenzione ai sensi dell'articolo 3. Possono altresì, nell'ambito dell'attività di prevenzione, concedere contributi a privati proprietari di aree boscate, per operazioni di pulizia e di manutenzione selvicolturale, prioritariamente finalizzate alla prevenzione degli incendi boschivi.
4. Le regioni provvedono altresì alla predisposizione di apposite planimetrie relative alle aree a rischio di cui al comma 1 e, nell'esercizio delle proprie competenze in materia urbanistica e di pianificazione territoriale, tengono conto del grado di rischio di incendio boschivo del territorio.
5. Le province, le comunità montane ed i comuni attuano le attività di previsione e di prevenzione secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni.

Art. 5.
(Attività formative)
1. Ai fini della crescita e della promozione di un’effettiva educazione ambientale in attività di protezione civile, lo Stato e le regioni promuovono, d’intesa, l’integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado.
2. Le regioni curano, anche in forma associata, l’organizzazione di corsi di carattere tecnico-pratico rivolti alla preparazione di soggetti per le attività di previsione, prevenzione degli incendi boschivi e lotta attiva ai medesimi.
3. Per l’organizzazione dei corsi di cui al comma 2, le regioni possono avvalersi anche del Corpo forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Art. 6.
(Attività informative)
1. Le amministrazioni statali, regionali e gli enti locali promuovono, ai sensi della legge 7 giugno 2000, n. 150, l’informazione alla popolazione in merito alle cause determinanti l’innesco di incendio e alle norme comportamentali da rispettare in situazioni di pericolo. La divulgazione del messaggio informativo si avvale di ogni forma di comunicazione e degli uffici relazioni con il pubblico, istituiti ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

Art. 7.
(Lotta attiva contro gli incendi boschivi)
1. Gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi comprendono le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei.
2. Ai fini di cui al comma 1, l’Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, il Dipartimento, garantisce e coordina sul territorio nazionale, avvalendosi del Centro operativo aereo unificato (COAU), le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato, assicurandone l’efficacia operativa e provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento di essa. Il personale addetto alla sala operativa del COAU è integrato da un rappresentante del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
3. Le regioni programmano la lotta attiva ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, lettera h), e assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali istituendo e gestendo con una operatività di tipo continuativo nei periodi a rischio di incendio boschivo le sale operative unificate permanenti (SOUP), avvalendosi, oltre che delle proprie strutture e dei propri mezzi aerei di supporto all'attività delle squadre a terra:
a) di risorse, mezzi e personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato in base ad accordi di programma;
b) di personale appartenente ad organizzazioni di volontariato, riconosciute secondo la vigente normativa, dotato di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco;
c) di risorse, mezzi e personale delle Forze armate e delle Forze di polizia dello Stato, in caso di riconosciuta e urgente necessità, richiedendoli all'Autorità competente che ne potrà disporre l’utilizzo in dipendenza delle proprie esigenze;
d) di mezzi aerei di altre regioni in base ad accordi di programma.
4. Su richiesta delle regioni, il COAU interviene, con la flotta aerea di cui al comma 2, secondo procedure prestabilite e tramite le SOUP di cui al comma 3.
5. Le regioni assicurano il coordinamento delle operazioni a terra anche ai fini dell'efficacia dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi boschivi. A tali fini, le regioni possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi del Corpo medesimo.
6. Il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla presente legge deve essere prevalentemente impiegato nelle attività di prevenzione di cui all'articolo 4 e reclutato con congruo anticipo rispetto ai periodi di maggiore rischio; ai fini di tale reclutamento, è data priorità al personale che ha frequentato, con esito favorevole, i corsi di cui all'articolo 5, comma 2. Le regioni sono autorizzate a stabilire compensi incentivanti in rapporto ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco.

Art. 8.
(Aree naturali protette)
1. Il piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3 prevede per le aree naturali protette regionali, ferme restando le disposizioni della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, un’apposita sezione, definita di intesa con gli enti gestori, su proposta degli stessi, sentito il Corpo forestale dello Stato.
2. Per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato è predisposto un apposito piano dal Ministro dell'ambiente di intesa con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo forestale dello Stato. Detto piano costituisce un’apposita sezione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3.
3. Le attività di previsione e prevenzione sono attuate dagli enti gestori delle aree naturali protette di cui ai commi 1 e 2 o, in assenza di questi, dalle province, dalle comunità montane e dai comuni, secondo le attribuzioni stabilite dalle regioni.
4. Le attività di lotta attiva per le aree naturali protette sono organizzate e svolte secondo le modalità previste dall'articolo 7.

Art. 9.
(Attività di monitoraggio e relazione al Parlamento)
1. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, svolge attività di monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla presente legge e, decorso un anno dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione della legge stessa.

Capo II
FUNZIONI AMMINISTRATIVE E SANZIONI

Art. 10.
(Divieti, prescrizioni e sanzioni)

1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia.

2. I comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Il catasto è aggiornato annualmente. L'elenco dei predetti soprassuoli deve essere esposto per trenta giorni all'albo pretorio comunale, per eventuali osservazioni. Decorso tale termine, i comuni valutano le osservazioni presentate ed approvano, entro i successivi sessanta giorni, gli elenchi definitivi e le relative perimetrazioni. E‚ ammessa la revisione degli elenchi con la cancellazione delle prescrizioni relative ai divieti di cui al comma 1 solo dopo che siano trascorsi i periodi rispettivamente indicati, per ciascun divieto, dal medesimo comma 1.

3. Nel caso di trasgressioni al divieto di pascolo su soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1 si applica una sanzione amministrativa, per ogni capo, non inferiore a lire 60.000 e non superiore a lire 120.000 e nel caso di trasgressione al divieto di caccia sui medesimi soprassuoli si applica una sanzione amministrativa non inferiore a lire 400.000 e non superiore a lire 800.000.
4. Nel caso di trasgressioni al divieto di realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive su soprassuoli percorsi dal fuoco ai sensi del comma 1, si applica l‚articolo 20, primo comma, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone la demolizione dell'opera e il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile.
5. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni, individuate ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera f), determinanti anche solo potenzialmente l’innesco di incendio.
6. Per le trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire 2.000.000 e non superiore a lire 20.000.000.Tali sanzioni sono raddoppiate nel caso in cui il responsabile appartenga a una delle categorie descritte all'articolo 7, commi 3 e 6.
7. In caso di trasgressioni ai divieti di cui al comma 5 da parte di esercenti attività turistiche, oltre alla sanzione di cui al comma 6, è disposta la revoca della licenza, dell'autorizzazione o del provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività.
8. In ogni caso si applicano le disposizioni dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sul diritto al risarcimento del danno ambientale, alla cui determinazione concorrono l'ammontare delle spese sostenute per la lotta attiva e la stima dei danni al soprassuolo e al suolo.

Art. 11.
(Modifiche al codice penale)
1. Dopo l‚articolo 423 del codice penale è inserito il seguente:
"Art. 423-bis. - (Incendio boschivo). ˆ Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente".
2. All'articolo 424, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "chiunque" sono inserite le seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 423-bis,".
3. All'articolo 424, secondo comma, del codice penale le parole: "dell'articolo precedente" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 423".
4. All'articolo 424 del codice penale, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:
"Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423-bis".
5. All'articolo 425, alinea, del codice penale, le parole: "dai due articoli precedenti" sono sostituite dalle seguenti: "dagli articoli 423 e 424".
6. All'articolo 425 del codice penale, il numero 5) è abrogato.
7. All'articolo 449, primo comma, del codice penale, dopo la parola: "Chiunque" sono inserite le seguenti: ", al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell'articolo 423-bis,".

Capo III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE, ABROGAZIONE DI NORME ED ENTRATA IN VIGORE

Art. 12.
(Disposizioni finanziarie)
1. Entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge le risorse finanziarie, ad eccezione di quelle destinate all'assolvimento dei compiti istituzionali delle amministrazioni statali competenti, iscritte nelle unità previsionali di base per la lotta agli incendi boschivi, individuate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali e con il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, sono trasferite in apposite unità previsionali di base del centro di responsabilità n. 20 "Protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per analoga destinazione.
2. In sede di prima applicazione della presente legge, per lo svolgimento delle funzioni di cui agli articoli 1, comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, lo Stato trasferisce alle regioni, nel triennio 2000-2002, la somma di lire 20 miliardi annue, di cui lire 10 miliardi ripartite proporzionalmente al patrimonio boschivo rilevato dall'inventario forestale nazionale, costituito presso il Corpo forestale dello Stato, e lire 10 miliardi suddivise in quote inversamente proporzionali al rapporto tra superficie percorsa dal fuoco e superficie regionale boscata totale prendendo a riferimento il dato medio del quinquennio precedente; alla predetta ripartizione provvede il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; di tali risorse le regioni provvedono a trasferire agli enti locali territoriali la parte necessaria allo svolgimento delle attribuzioni loro conferite dalla presente legge. Al predetto onere si provvede per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l‚anno finanziario 2000, allo scopo utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
3. A decorrere dall'anno finanziario 2003, per il finanziamento delle funzioni di cui agli articoli 1, comma 3, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8 e 10, comma 2, si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La ripartizione delle risorse fra le regioni avviene con le medesime modalità di cui al comma 2.
4. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 6 e 7 connessi all'esercizio di funzioni di competenza dello Stato si provvede nei limiti degli ordinari stanziamenti assegnati agli organi competenti.
5. Per la sperimentazione di tecniche satellitari ai fini dell'individuazione delle zone boscate di cui all'articolo 10, comma 1, nonché ai fini di cui all'articolo 3, comma 3, lettera g), è autorizzata la spesa di lire 3 miliardi per l‚anno 2000, da iscrivere nell'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per la successiva assegnazione all'Agenzia a decorrere dall'effettiva operatività della stessa. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l‚anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l‚accantonamento relativo al medesimo Ministero.
6. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l‚attuazione della presente legge.
7. Il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, avvalendosi dell'Agenzia, ovvero, fino alla effettiva operatività della stessa, del Dipartimento, effettua una ricognizione delle somme assegnate con i provvedimenti di cui alla presente legge ad enti e dagli stessi non utilizzate, in tutto o in parte, entro diciotto mesi a decorrere dalla data del provvedimento di assegnazione dei finanziamenti. Con decreto del medesimo Ministro si provvede alla revoca, totale o parziale, dei provvedimenti di assegnazione, laddove si riscontri il mancato utilizzo delle relative somme da parte degli enti assegnatari; tali somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, all'unità previsionale di base 20.2.1.3 "Fondo per la protezione civile" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e possono essere impiegate, mediante ordinanze emesse ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per esigenze connesse all'attuazione della presente legge e volte in particolare ad eliminare situazioni di pericolo non fronteggiabili in sede locale; all'attuazione degli interventi provvede il Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile, in deroga alle norme vigenti e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento.

Art. 13.
(Norme abrogate ed entrata in vigore)
1. Sono abrogate tutte le norme in contrasto con la presente legge e in particolare:
a) la legge 1º marzo 1975, n. 47, recante norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi;
b) il decreto-legge 10 luglio 1982, n. 428, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 547, recante misure urgenti per la protezione civile.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

C'è una legge quasi perfetta per fermare gli incendi, ma non viene applicata!

C'è una legge quasi perfetta per combattere gli incendi dolosi, la legge 21 novembre 2000, n. 353, ("Legge-quadro in materia di incendi boschivi"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000. L'ha approvata il parlamento italiano sette anni fa, ma è rimasta largamente inapplicata, specie in Sicilia. Essa impone che "i comuni provvedono, entro novanta giorni dalla data di approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3, a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, avvalendosi anche dei rilievi effettuati dal Corpo forestale dello Stato. Il catasto è aggiornato annualmente (...). E prevede anche che "le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni... È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia".
Se questa legge venisse applicata e le Regioni e i Comuni facessero per intero il loro dovere (come alcune Regioni ed alcuni Comuni fanno, non la Sicilia e non Corleone), si avrebbe una caduta verticale di tutti gli incendi dolosi. A richiamare l'attenzione su questa importante legge è stato Giuseppe D'Avanzo su "La Repubblica" di sabato 25 agosto, perchè - stranamente - tutti i governanti e i politici si erano dimenticati che esistesse.
Adesso, però, non si può più continuare come prima. Nel nostro piccolo, lo diciamo per la Sicilia, per Corleone e per i Comuni della zona. Bisogna dotarsi immediatamente del catasto dei terreni bruciati di quest'anno ed applicare rigorosamente la legge. Per quanto ci riguarda, lo chiederemo con forza al Comune di Corleone.
Dino Paternostro
27 agosto 2007

sabato 25 agosto 2007

MAFIA. E' davvero finita l'era dei "Corleonesi"?

Con l’arresto di Bernardo Provenzano, dentro Cosa Nostra è finita l’era dei Corleonesi? Attorno a questa domanda, venerdì sera, a Corleone, è ruotato il dibattito tra il giornalista Francesco La Licata e i ragazzi dei campi di lavoro sui terreni confiscati alla mafia. Un dibattito lungo e appassionato, organizzato dal circolo Arci di Corleone, come momento di formazione dei 12 giovani soci della cooperativa sociale “Lavoro e non solo” e dei 65 giovani volontari, provenienti dalla Toscana, tra cui due gruppi scout dell’Agesci, di Firenze e di Pistoia. Tante domande da parte dei ragazzi per cercare di capire l’organizzazione Cosa Nostra, i cui boss “corleonesi” – fino a pochi anni fa – scorazzavano indisturbati sui terreni, che adesso sono stati confiscati e affidati alla cooperativa, inserita nel cartello “Libera Terra”, promosso da don Luigi Ciotti. Loro, dalla Toscana hanno scelto di “sporcarsi” le mani a Corleone, di zappare la terra e di “spietrare”, di raccogliere il pomodoro e di vendemmiare, convinti che coniugare legalità e sviluppo rappresenti il “modo giusto” per liberare la Sicilia dalle “spine” della mafia. Ma non si accontentano di sudare e di bruciarsi la pelle sotto il sole cocente dell’Isola: vogliono pure capire.

E La Licata che, insieme al procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, ha recentemente scritto un libro per spiegare “la mafia prima e dopo Provenzano” (Pizzini, veleni e cicoria, Milano, aprile 2007), non si è sottratto a nessuna domanda, a nessuna curiosità dei ragazzi. «Anzi – ha detto – sono contento di essere qui con voi e dare il mio contributo per capire la mafia e come essa sia potuta attecchire in terra di Sicilia». E intanto ha sfato il mito di un Provenzano “buono” contrapposto ad un Riina “cattivo”. Infatti, per tanti anni Provenzano è stato “u tratturi”, un killer feroce, capace di massacrare con il calcio di una pistola il mafioso Michele Cavataio, nella strage di viale Lazio del 1969 a Palermo. Poi ha condiviso con Riina la “guerra di mafia” palermitana degli anni ’80 e la stagione delle stragi. Fino a Falcone e Borsellino, a Milano, Firenze e Roma.

«Il cambio di strategia, la scelta della “sommersione” e della “mafia invisibile”, dopo l’arresto di Riina, sono stati dettati dalla necessità di superare la stretta repressiva dello Stato». In fondo è la solita, vecchia strategia del “calati juncu, ca passa la china” (“piegati giunco, fino a quando non passa la piena”), usata dalla mafia già ai tempi della repressione del prefetto Cesare Mori (1926) o dopo la strage di Ciaculli (1963). Binnu “u raggiunieri” è solo l’altra faccia del boss Provenzano, la faccia di chi ha voluto “traghettare” Cosa Nostra nella stagione del dopo-stragi, riallacciando un filo di dialogo con la politica e con le istituzioni.
E adesso, dopo l’11 aprile 2006, dopo la cattura dell’ultimo dei “corleonesi” nel covo-masseria di “Montagna dei cavalli”? «I “Corleonesi” non sono più al vertice di Cosa Nostra – ha detto La Licata – e difficilmente vi ritorneranno. Adesso il centro gravitazionale della mafia è tornato nuovamente a Palermo. E non credo che vi sarà una guerra di mafia, perché i “Corleonesi” non hanno più un esercito con cui combatterla». Meno ottimista di lui, giovedì pomeriggio, è stato il giudice Antonio Ingroia, secondo cui «i “corleonesi”, sebbene non siano più nella “Cupola”, adesso tornata in città, continuano ad essere molto potenti e la cupola stessa non li controlla». Ad accrescere le preoccupazioni degli inquirenti, contribuisce - tra l’altro – la paventata prossima scarcerazione di Salvuccio Riina, secondogenito di “don” Totò. Sia La Licata che Ingroia, comunque, hanno valorizzato molto lo strumento della confisca dei beni a Cosa Nostra e la loro assegnazione a cooperative di giovani. «Un campo di lavoro sui terreni confiscati alla mafia – ha sottolineato Ingroia - significa completare il lavoro della magistratura, perchè sarebbe inutile che le procure lavorassero per fare le confische, se poi queste terre rimanessero incolte». E La Licata: «non finiremo mai di essere grati a Pio La Torre, che questo strumento ha pensato ed inserito in un disegno di legge, approvato nel 1982 dal parlamento».
Dino Paternostro
25 agosto 2007
FOTO. Dall'alto: un momento del dibattito; il giornalista Francesco La Licata; Provenzano tra i poliziotti che l'hanno arrestato.

venerdì 24 agosto 2007

Corleone, campi di lavoro. Ai ragazzi una "lezione" del giudice Antonio Ingroia

Antonio Ingroia a Corleone: «i rapporti tra mafia e massoneria ci sono, sono continui, in particolare nei momenti di “trattativa” con lo Stato». «Un campo di lavoro sui terreni confiscati alla mafia significa completare il lavoro della magistratura, perchè sarebbe inutile che le procure lavorassero per fare le confische, se poi queste terre rimanessero incolte». «i “corleonesi”, sebbene non sono più nella “Cupola”, adesso tornata in città, continuano ad essere molto potenti e la cupola stessa non li controlla»

Terzo giorno di lavoro! Come sempre sveglia alle sei per una rapida colazione e poi partenza per i terreni. Un gruppo si è recato a Pietralunga per la raccolta dei pomodori, che oggi è stata più faticosa a causa del clima più caldo e per la stanchezza che stiamo accumulando. Le pause sono state frequenti e l’acqua è finita a metà mattinata. Però il raccolto è stato più veloce perché stiamo imparando un po’ meglio a lavorare; alcuni di noi si sono anche cimentati nella raccolta delle melanzane che si trovano accanto ai pomodori e serviranno a fare la “caponata” siciliana che quest’anno sarà dentro i pacchi natalizi!
Tornando abbiamo avuto un inconveniente: il pulmino ha forato due ruote consecutivamente e quindi abbiamo ritardato un bel po’…L’altro gruppo invece a Malvello sta continuando a zappare il vigneto per togliere le erbacce tra i filari. La fatica della zappa è stata premiata da una bella fetta ciascuno di cocomero a metà mattinata.
Nel pomeriggio è venuto a trovarci in palestra Antonio Ingroia, sostituto procuratore di Palermo. E’ stato un incontro molto bello e partecipato poiché gli abbiamo potuto fare tante domande e lui ci ha risposto a tutte con grande chiarezza e gentilezza: tra le tante gli abbiamo chiesto quali sono i rapporti tra mafia e massoneria e lui ci ha risposto che ci sono, continui, in particolare nei momenti di “trattativa” con lo Stato, come durante il periodo immediatamente successivo alle stragi. Ci ha detto poi che fare un campo di lavoro nei beni confiscati significa completare il suo lavoro perchè sarebbe inutile che lui e i suoi colleghi lavorassero per fare la confisca se poi queste terre rimanessero incolti “monumenti isolati”. Ci ha detto poi che aver arrestato Bernardo Provenzano non vuol dire affatto aver bloccato la mafia, e che i corleonesi, sebbene non più alla cupola, tornata nelle città, sono molto potenti e la cupola stessa non li controlla. Infine ci ha chiesto una cosa: che il nostro campo inizia dal sedicesimo giorno: la nostra esperienza non dovrà concludersi in questi quindici giorni a Corleone con l’Arci e la Cooperativa Lavoro e Non Solo ma continuare nelle nostre città, tra i nostri amici, parenti e conoscenti. “Così come faccio io venendo qui - ci ha detto – perché il mio lavoro non avrebbe senso se terminasse una volta uscito dall’ufficio della Procura!”. Abbiamo terminato con un caloroso applauso, anche perché personaggi di questo calibro che vengono a trovarci in palestra non sono molto usuali.
Dopo abbiamo avuto un po’ di tempo per scambiare qualche chiacchera con nuovo gruppo scout dell’Agesci arrivato aggi, Firenze13, undici tra ragazzi e ragazze che alloggiano in “casa Provenzano” con il gruppo fisso dei primi arrivati. La cena è stata ottima, a base di cous cous di verdura, melanzane, frutta e torta gelato, perché abbiamo festeggiato il compleanno di una ragazza degli scout Pistoia 4. In questo momento (sono le 23.30) abbiamo appena terminato la visione del film “scacco al Re” il documentario che narra la cattura di Bernardo Provenzano. Nei prossimi giorni faremo anche noi il viaggio dei pizzini e vedremo dal vivo quelle case e quelle vie che già abbiamo intravisto… Aumenta sempre di più la sintonia tra di noi, scout e non. Il lavoro è faticoso ma ci porta avanti la voglia di dimostrare la forza di questa terra, che giorno per giorno scalfisce, anche se di poco, il muro della mafia. Domani ci aspetta un’altra giornata intensa e quindi è l’ora della buonanotte!
Un saluto e a domani
I ragazzi del campo di lavoro “Liberarci dalla spine”
Corleone, 23 agosto 2007

E' morto a Roma l'ex segretario generale della Cgil. ADDIO, BRUNO!

Bruno Trentin non c'è più. L'ex segretario generale della Cgil ci ha lasciati ieri, il 23 agosto 2007, a 81 anni. Trentin si e' spento per una polmonite resistente alla terapia antibiotica e per una febbre intrattabile, aggravata da una carenza immunitaria legata al grave trauma cranico subito un anno fa.'Esprimo il dolore mio e di tutta la Cgil per la scomparsa di Bruno Trentin'': con queste parole il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, saluta un ''protagonista'' della storia della Cgil a cui, dice il leader sindacale, ''lascia una lezione di grande rigore morale, coerenza e autonomia difese con intransigenza, di attenzione ai valori sociali e di difesa del valore della confederalita'''. ''Bruno ha rappresentato in tutto il dopoguerra un punto di riferimento fondamentale nella lotta per la democrazia, l'uguaglianza sociale e per i diritti del mondo del lavoro. Si puo' dire che non c'e' pagina nella storia della Cgil e del movimento sindacale italiano in cui non sia stato protagonista. Il piano per il lavoro, la programmazione economica, la centralita' del Mezzogiorno, le lotte operaie dell'autunno caldo, la stagione del sindacato dei diritti, gli accordi fondamentali del '92 e del '93 lo hanno visto protagonista indiscusso'', ricorda Epifani. Alla Cgil, aggiunge Epifani, ''Bruno lascia una lezione di grande rigore morale, coerenza e autonomia difese con intransigenza, di attenzione ai valori sociali e di difesa del valore della confederalita'. A lui deve molto non solo la Cgil ma l'insieme del movimento dei lavoratori, le forze politiche del Paese e le altre organizzazioni sindacali verso le quali ebbe sempre una grande attenzione unitaria a partire dall'esperienza dei metalmeccanici''. La Cgil si stringe ''vicino alla famiglia e a Marie ed esprime il suo cordoglio e fara' di tutto perche' il suo esempio e la sua figura restino come punto di riferimento per le nuove generazioni''.Innumerevoli i messaggi di cordoglio e i ricordi espressi da dirigenti politici e sindacali, e dalle più alte cariche istituzionali. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato alla moglie Marcelle e ai figli un messaggio di affettuosa solidarieta', in cui ricorda di essere stato legato a Trentin per decenni da una amicizia rinnovatasi ancor piu' da vicino nella comune partecipazione al Parlamento Europeo: ''Scompare con Trentin - afferma il presidente della Repubblica - un grande protagonista delle battaglie del mondo del lavoro, del processo di autonomia e di unita' del sindacato, della storia democratica del Paese dagli anni della Resistenza alle lunghe stagioni della costruzione e dello sviluppo dell'Italia repubblicana cui fino alla fine ha dedicato le straordinarie risorse della sua intelligenza, del suo impegno civile e sociale e della sua moderna visione degli interessi generali della Nazione''.Bruno Trentin, era nato a Pavie, in Francia, il 9 dicembre 1926, dove il padre Silvio Trentin (giurista e avvocato antifascista) aveva scelto l'esilio dall'Italia con la sua famiglia.Laureato in giurisprudenza, ha studiato anche presso la Harvard University, per poi tornare in Francia nel 1941, dove ha combattuto la Repubblica di Vichy. Dal 1943 al 1945 ha preso parte alla Resistenza, sia in Francia che in Italia, dove ha militato nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Liberta" alla cui fondazione ha contribuito, assumendo nel 1944 il comando di una brigata.Nel 1949 si è iscritto alla Cgil, iniziando a lavorare nell'Ufficio studi economici. L'anno dopo è entrato nel Partito comunista italiano, diventando membro del Comitato Centrale dal 1960 al 1973: con il Pci è stato eletto consigliere comunale a Roma (1960-1973) e deputato nazionale (1962-1972).Nel sindacato è stato eletto vicesegretario nel 1958, mentre dal 1962 è stato segretario generale della Fiom, mantenendo l'incarico, assieme a quello di segretario generale della Federazione unitaria della metallurgia (Flm), fino al 1977. In quell'anno è diventato segretario confederale della Cgil nazionale.Eletto segretario nazionale della Cgil il 29 novembre 1988, succedendo a Pizzinato, ha ricoperto l'incarico fino al 30 giugno 1994. Nel 1993 ha stipulato con Cisl e Uil lo storico accordo sulla politica dei redditi che pose termine al sistema della scala mobile.Negli anni successivi Trentin ha assunto la responsabilità dell'Ufficio programma della Cgil, carica ricoperta fino all'elezione al Parlamento europeo nel giugno 1999. Nel Parlamento europeo è stato membro della Commissione per i problemi economici e monetari, membro sostituto della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali, membro della Delegazione per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese.Membro anche del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), il 25 gennaio 2002 è stato eletto deputato nelle liste dei Democratici di Sinistra, divenendo presidente della Commissione nazionale per il Progetto. Ha scritto tre libri: Lavoro e libertà (1994), Il coraggio dell'utopia (1994), La città del lavoro (1997).

http://www.rassegna.it/2007/video/articoli/trentin.htm
(www.rassegna.it, 24 agosto 2007)

Sacco e Vanzetti, morti innocenti di 80 anni fa

di Massimo Franchi

Il boia abbassò l'interruttore alle ore 0,19
per Nicola Sacco. Sette minuti dopo per Bartolomeo Vanzetti. Nella prigione di Charlestown (Massachusetts) la sedia elettrica funzionò perfettamente e i due italiani (Sacco era nato nel foggiano, Vanzetti nel cuneese) furono giustiziati il 23 agosto 1927. Sono passati 80 anni e il ricordo di quella esecuzione di due innocenti, colpevoli solo di essere anarchici, è ancora viva. Sacco e Vanzetti sono diventati il simbolo della lotta alle ingiustizie, prima fra tutte la pena capitale. I due emigrati italiani erano accusati di aver preso parte ad una rapina uccidendo un cassiere e una guardia del calzaturificio "Slater and Morrill" a South Baintree, sobborgo di Boston. Nonostante le prove evidenti della loro innocenza e la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che scagionava. Bartolomeo Vanzetti era nato nel 1888 a Villafalletto, in provincia di Cuneo. Figlio di un agricoltore, a vent'anni entra in contatto con le idee socialiste e, dopo la morte della madre Giovanna, decise di partire per il "Nuovomondo", a caccia di una vita migliore come tanti italiani all'alba del Novecento.
Come Nicola Sacco, più vecchio di Vanzetti di tre anni, nato il 27 aprile 1891 a Torremaggiore (Foggia), che arrivato in America nel 1908 fece l'operaio alla Slatter. I due si conoscono nel maggio 1916 a Boston in una riunione di anarchici. Insieme ad altri militanti scappano in Messico per evitare di essere arruolati. Tornano nel Massachusetts a settembre e iniziano a scrivere per "Cronaca sovversiva", giornale anarchico. Da allora, Nick e Bart, come vengono soprannominati oltreoceano, diventano inseparabili. La lotta agli anarchici da parte della polizia è fortissima. Molti amici di Sacco e Vanzetti vengono arrestati e i due pensano anche di tornare in Italia per fuggire alla persecuzione. Il 5 maggio 1920 vengono arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi. Tre giorni dopo i due vengono accusati anche della rapina al calzaturificio, avvenuta poche settimane prima.
Dopo tre processi pieni di errori e incongruenze, Sacco e Vanzetti vengono condannati a morte nel 1921. A nulla valse neppure la mobilitazione della stampa, la creazione di comitati per la liberazione degli innocenti e gli appelli più volte lanciati dall'Italia. Il verdetto fu fortemente condizionato dal clima da caccia alle streghe contro gli anarchici che in quel momenti caratterizzava gli Stati uniti e da un evidente sentimento razzista nei confronti degli immigrati italiani. Contro l'esecuzione di Sacco e Vanzetti si mobilitarono non solo gli italiani d'America, ma anche intellettuali in tutto il mondo, tra i quali Bertrand Russel, George Bernard Shaw e John Dos Passos.
«Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Così Bartolomeo Vanzetti si rivolse alla giuria che lo condannò alla pena di morte. La stessa frase sarà detta da Gian Maria Volontà in uno dei momenti più toccanti del film "Sacco e Vanzetti" di Giuliano Montalto del 1971. Una pellicola divenuta presto un cult grazie anche alla colonna sonora di Ennio Morricone, interpretata da Joan Baez, autrice dei testi. «Voi restate nella nostra memoria con la vostra agonia che diventa vittoria»: sono le parole di "Here's to you" che, insieme alla "Ballata per Sacco e Vanzetti", è entrata nel repertorio internazionale della canzone d'autore sollevando le coscienze negli Usa su un caso da molti dimenticato. Il loro caso non solo smosse le coscienze degli uomini dell'epoca, ma come un fantasma continuò ad agitare l'America per decenni. Finché nel 1977, cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis (riparando parzialmente all'errore del suo predecessore Fuller, che nonostante gli appelli non fermo il boia) riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
La loro figura, anche alla luce del rinnovato impegno italiano nella campagna contro la pena capitale, torna alla ribalta. L'ottantesimo anniversario dell'esecuzione verrà ricordato il 23 agosto a Torremaggiore (Foggia), la città d'origine di Sacco nel cui cimitero sono custodite le ceneri dei due italiani, attraverso una serie di manifestazioni e la costituzione di un'associazione che porta il loro nome. L'associazione sarà animata da Fernanda Sacco, nipote di Nicola Sacco, che da anni è impegnata nella valorizzazione del messaggio contro la pena di morte lanciato dal sacrificio dei due anarchici. Nonostante i 75 anni, Fernanda è arzilla e continua a girare le scuole per tramandare la storia di quel suo famigliare così particolare e impegnarsi nella battaglia contro la pena di morte.
Il Quirinale, in una lettera indirizzata all'associazione Sacco e Vanzetti e da essa resa nota, ha trasmesso «l'apprezzamento» del presidente della repubblica Giorgio Napolitano per l'iniziativa che, «nel tenere viva la memoria dei due emigranti italiani, intende contribuire al movimento per l'abolizione della pena di morte, tappa fondamentale per la difesa dei diritti umani, sulla quale si è di recente registrato l'unanime consenso dell'Unione europea». A San Biagio della Cima, paese in provincia di Imperia, giovedì 23 alle 17 intitolerà la nuova piazza del Comune a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Al termine della cerimonia seguirà il dibattito: "Pena di morte, a quando la moratoria Internazionale?" al quale parteciperanno membri di associazioni e del mondo della cultura.
L’Unità, 21.08.07

giovedì 23 agosto 2007

Corleone, campo di lavoro. I pomodori di Malvello, il vigneto di Pietralunga...

La mattina comincia con una carica in più perché sono arrivati insieme a noi gli scout Agesci Pistoia 4. Il tempo di prepararci e subito tre gruppi partono alla volta del campo di Pietralunga per la raccolta dei pomodori, mentre il quarto verso il campo di Malvello per la preparazione del terreno e la pulitura delle erbacce con le zappe. Il lavoro nel campo di Pietralunga comincia: il sole di Sicilia già batte forte sulle nostre schiene, ma c’è entusiasmo per quello che stiamo facendo e la fatica non ci distrae.
Prima di pranzo ci spostiamo di fronte al vigneto poco distante dal campo dei pomodori: lì,Salvatore e Maurizio ci ricordano del grave atto intimidatorio che poco tempo fa lo ha colpito, quando 700 delle 1000 gemme presenti sono state recise, eliminando così la possibilità per i ragazzi della cooperativa di portare a termine la vendemmia prevista per il prossimo anno. Salvatore ci fa chiaramente capire il messaggio nascosto dietro questo gesto forte: la volontà della mafia di non farli crescere. E questo momento diventa una prima occasione per raccogliere i semi per una più ampia riflessione, e per cominciare a porci delle domande. Ci scattiamo una foto proprio davanti al vigneto, come per lasciare un segno del nostro passaggio e della solidarietà che cerchiamo di trasmettere ogni giorno del nostro campo ai ragazzi delle cooperative.
Raggiungiamo l’altro gruppo a Malvello per pranzare tutti insieme; poco dopo vediamo arrivare un uomo importante dell’antimafia politica e sociale: Pippo Cipriani, ex sindaco di Corleone, insieme a due carabinieri della scorta e a suo figlio, un bambino di quattro o cinque anni, vivace e simpatico. E’ emozionante averlo con noi: sappiamo di trovarci di fronte a una persona che ha fatto scelte coraggiose, ma che allo stesso tempo si presenta con una semplicità quasi spiazzante. Più tardi prende la parola: scopriamo così che gli ex proprietari del terreno su cui ci troviamo erano i nipoti di Totò Riina, e che veniva coltivato direttamente da loro. Da questo capiamo quanto possa essere “oltraggioso” per loro il nostro lavoro su questo terreno: è una piccola vittoria, è una testimonianza di un piccolo-grande cambiamento.
Nei prossimi giorni visiteremo un altro bene confiscato: l’ex villa di Riina a Corleone, che tra poco diventerà la nuova sede della Guardia di Finanza. E’ stato proprio Pippo Cipriani, durante la sua amministrazione, ad ottenere l’affidamento di questo bene e a permettervi il trasferimento della scuola di agraria al suo interno.
Al nostro ritorno in paese siamo andati alla Camera del Lavoro dove ci siamo collegati con la webcam e abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Matteo Renzi, Presidente della Provincia di Firenze, ente che da sempre sostiene e segue questo progetto. Lui ci ha detto, tra le altre cose, che il lavoro non finirà l’ultimo giorno del campo a Corleone ma dovrà continuare in Toscana, nelle nostre scuole, nelle università, nei posti di lavoro e tra gli amici, per raccontare quello che abbiamo fatto, visto e provato.
Dopo la cena a base di frittata abbiamo fatto una passeggiata in villa per “frescheggiare” un po’ insieme ai corleonesi tutti in giro, vecchi e giovani, visto il caldo impressionante che fa in questi giorni in Sicilia a causa del vento scirocco che soffia imperterrito giorno e notte.
I ragazzi del campo
Corleone, 22 agosto 2007

mercoledì 22 agosto 2007

Corleone, bocciata la mozione sul Parco della Rimembranza

Ha ottenuto 8 voti a favore, 5 contrari e 3 astensioni la mozione presentata da Dino Paternostro, consigliere comunale dei Democratici di Sinistra, che proponeva la redazione di un progetto di recupero del “Parco della Rimembranza”. E, quindi, non è stata approvata, perché di voti a favore ce ne sarebbero voluti almeno 9 (la maggioranza assoluta dei 15 consiglieri presenti in aula). Oltre a Paternostro, hanno votato a favore il presidente del consiglio Mario Lanza (Azzurri per la libertà) e i consiglieri Totò Schillaci (Margherita), Leo Colletto (Cattolici Riformisti), Salvatore Sorisi (Rinnova Corleone), Vincenzo Macaluso, Vincenzo Labruzzo e Francesco Piazza (Udc). Hanno votato contro, invece, Mauro di Vita e Giuseppe Giandalone (Alleanza Nazionale), Fausto Iaria (Partecipazione), Nicola Bentivegna di Forza Italia, e Calogero Di Miceli di “Azzurri per la libertà”. Ad astenersi, Franco Di Giorgio (Mpa), Maurizio Bruno (vicino all’Udeur) e Lillo Marino (vicino alla Margherita).
Il “Parco della Rimembranza”, attiguo alla villa comunale, da anni si trova in uno stato di assoluto abbandono. Quando fu realizzato, diversi decenni fa, ebbe la funzione di ricordare i soldati corleonesi caduti nella prima guerra mondiale, la “Guerra della Vittoria”. Col tempo, cambiata radicalmente la percezione dei concetti di “patria” e di “guerra”, si è anche attenuato il valore originario di questo “monumento” ai caduti. Per questo, nella mozione si proponeva di recuperare con un apposito progetto la grande area a verde e di provare ad attualizzare il significato del Parco, ribattezzandolo “Parco della Memoria”, da dedicare a tutte le vittime innocenti della violenza (guerre, criminalità mafiosa, terrorismo). Si proponeva anche che in questo progetto di rivitalizzazione civile e culturale del “Parco” fossero coinvolte le scuole, mediante la piantumazione di nuovi alberi, anche attraverso il sistema de “La scuola adotta un albero”.
Tutti i consiglieri hanno manifestato grande apprezzamento per la proposta di recupero del Parco naturale, ma le divisioni sono emerse in maniera netta sulla parte della mozione che prevedeva di estenderne il significato, dedicandolo a tutte le vittime innocenti della violenza. Iaria, Giandalone e di Vita, “sponsorizzati” dal sindaco Nino Iannazzo”, hanno rispolverato un patriottismo stile anni ’30. Di Miceli e Di Giorgio hanno sostenuto di tenere separati i caduti in guerra dai caduti per mafia. Marino e Bruno hanno recitato la parte di “Ponzio Pilato”. Hanno dimenticato che, da oltre un trentennio, il Parco versa in rovina, dimenticato da tutti. Hanno dimenticato che da anni somiglia ad una discarica abusiva (solo recentemente pulito dagli amministratori-spazzini). Hanno preferito rinunciare all’idea di recuperarlo, pur di recitare la parte dei “patriottici” ad oltranza, con qualche punta di fastidio per le vittime innocenti di mafia, «ai quali – hanno sostenuto Di Miceli, Di Giorgio e Iaria – sono già stati dedicati tanti monumenti e tante strade e piazze». Come dire: troppe.
21 agosto 2007

martedì 21 agosto 2007

Campo di lavoro di Corleone. Il Diario di laura

“ARRIVO”. Le ultime luci del tramonto: sono quasi le nove, l’ora della nostra partenza dalla stazione di Firenze. Chiacchiere confuse, qualche scambio di sguardi; cercare di scorgere facce conosciute per poter pronunciare un timido “Ciao”, e cominciare così a sentirsi parte di un gruppo. Di un gruppo di persone che sta per vivere un’esperienza comune di antimafia,che sceglie di dedicare due settimane della propria vita alle aspre terre siciliane, ad un senso di giustizia che troppo spesso manca. Genitori accalcati ai finestrini, intenti a dare le ultime raccomandazioni; c’è chi è già salito, chi saluta ancora una volta amici e parenti.. E finalmente le porte si chiudono, si parte! Ed ecco che subito nell’aria si materializzano parole,le più gettonate: “ Io sono … Tu invece sei?Ah, piacere!”: i discorsi scivolano, le risate cominciano; ognuno si descrive,parla di sé e di che cosa lo ha spinto ad essere lì, su quel treno. I “veterani” già parlano ricordando l’esperienza dell’anno precedente, tra sorrisi complici. La notte incalza: c’è chi dorme,chi ci prova e chi invece preferisce ridere e sgranocchiare qualcosa.
Dopo tante ore finalmente arriviamo: mentre siamo sulla corriera che dalla stazione di Palermo ci porta a Corleone, ecco che l’entroterra siciliano fa capolino, con le sue rocce e la sua vegetazione inedita. Ad accoglierci troviamo Salvatore della Cooperativa Lavoro e Non Solo, che per fortuna ci aiuta a caricare i nostri bagagli sul camion, alleggerendoci dal peso del viaggio appena concluso, mentre con affetto e calore saluta i ragazzi conosciuti lo scorso anno. C’è odore di legami forti,che senti di non poter ancora respirare del tutto.
E poi, dopo altri mille saluti, arriva la gioia anche per il nostro corpo: la prima tavolata tutti insieme!! Un po’ di tempo per cominciare ad ambientarci e subito un giro per Corleone; qualcuno fa subito uno strappo alla dieta e comincia il pomeriggio all’insegna di un bel cannolo! Alle 18,30 ci riuniamo tutti, per la prima volta: viene delineato il programma, i gruppi, le mansioni; la scelta di chi andrà a dormire nella casa in cui, fino a poco tempo fa, parenti stretti di Provenzano dormivano tranquillamente.
Ed ecco che dopocena si forma il primo cerchio di confronto: viene a trovarci Dino Paternostro, cominciano i primi discorsi sulla mafia e di quanto i prossimi giorni saranno determinanti per capire e sentire il senso di questa esperienza. Francesca ci parla del suo libro ”Come quei lampadieri”: ci ricorda chi sono; Pio La Torre, Placido Rizzotto i ragazzi della cooperativa, dell’arci e tutte quelle persone che come loro hanno sempre cercato di illuminarci la strada, con in mano la pertica della convinzione che qualcosa potesse realmente cambiare. Per “stare dalla parte buona della vita”. Per combattere il silenzio.
Laura
Volontaria in Servizio Civile Arci Toscana
20 AGOSTO 2007

Campi di lavoro sui terreni confiscati alla mafia. A Corleone ancora giovani toscani

E' iniziato oggi il campo di lavoro centrale, quello più numeroso di quest'anno: 68 in tutto, dai 16 anni in su, tutti dalla Toscana, tranne un "valoroso" che arriva addirittura da Trento. I primi sono arrivati in treno e già lì, partendo tutti insieme la sera prima da Firenze, si sono conosciuti. Dopo il pranzo e un po' di riposo ci siamo riuniti per conoscerci, organizzarci e presentare il programma di questi lunghi e intensi 15 giorni che passeremo insieme. Molte saranno le persone che verranno a trovarci e molto il lavoro da fare. Un gruppo di ragazzi rimarrà a dormire in palestra come gli scorsi anni, un'altro invece dormirà nella casa che fu di Bernardo Provenzano, ma tutti insieme passeremo l'intera giornata e le serate.
Dopocena abbiamo presentato con Dino Paternostro, Segretario della Camera del Lavoro di Corleone e consigliere comunale, il libro "Come quei lampadieri" di Francesca Balestri, di cui protagonisti sono proprio i ragazzi della cooperativa sociale "Lavoro e Non Solo" e i volontari del progetto "Liberarci dalle Spine". Con noi sono stati anche alcuni ragazzi di Corleone, tra cui Salvatore e Giuseppe che hanno fatto il campo di lavoro di Pistoia e Claudia, corleonese volontaria del passato campo di luglio. Francesca ha donato ai ragazzi una copia del libro, in modo che possa circolare tra loro e tutti la possano sfogliare e leggere un po' in questi giorni per poi magari riparlarne insieme e approfondire la storia di com'è nata questa cooperativa e questa idea dei campi di lavoro
Domattina ci aspetta la sveglia alle cinque in punto perchè andremo a Canicattì a fare la prima vendemmia di quello che sarà il primo vino bianco della cooperativa. Una cosa molto emozionante se pensiamo che sono due anni prima i nostri volontari espiantavano lì una vigna secca! Ci aspettano circa due ore di macchina per andare e altrettante per tornare...una gran faticaccia ma ne varrà sicuramente la pena. La sera poi ceneremo tutti insieme in palestra con il Sindaco di Corleone che sarà nostro ospite e ci darà il benvenuto della città.
Maurizio Pascucci
Coordinatore progetto
"Liberarci dalle spine"

FOTO. Dall'alto: la riunione di presentazione dei volontari; un momento della presentazione del libro di Francesca Balestri, "Come quei lampadieri".