venerdì 17 agosto 2007

Il senatore Emanuele Macaluso: «La Sicilia penalizzata da una classe dirigente inadeguata»

di TONY ZERMO
Senatore Macaluso, stiamo chiedendo, a chi può darci delle risposte, perché la «questione siciliana» non fa più parte dell’agenda di governo. O meglio, perché per il governo nazionale la Sicilia praticamente non esiste.
«La mia opinione è che nel passato c’è sempre stata una forma di contrattualità tra la Sicilia e lo Stato, questa contrattualità è stata positiva e costruttiva, quando in Sicilia c’è stata una classe dirigente autorevole e credibile. Oggi noi abbiamo una situazione in cui prevale la questione del Nord come problema centrale, non più la questione meridionale, tanto meno la questione siciliana, perché in Sicilia non c’è più una classe politica forte e non ci sono movimenti organizzati in grado di proporre le questioni che debbono essere proposte. Il problema è sempre dei rapporti di forza, che oggi nel nostro Paese sono negative per la Sicilia, ma la responsabilità maggiore è della classe dirigente siciliana».
Però la Campania sta forse peggio della Sicilia, eppure conta.
«La Campania tutto sommato ha una classe dirigente più forte. Non voglio fare nomi, ma tra il presidente della Campania e quello della Sicilia c’è una differenza, tra il sindaco di Napoli e quello di Palermo, anche come storie politiche, c’è differenza. In Campania ci sono ancora in piedi uomini politici di peso a cominciare da De Mita, Gerardo Bianco, Mancino, cioè è rimasto un qualcosa di quello che erano. Poi Napoli ha espresso anche il capo dello Stato. La Sicilia sembra veramente cancellata, ed è cancellata perché nella sinistra e nella destra non ci sono forze organizzate capaci di immettere in politica movimenti e cultura, capaci di coniugare battaglia politica ed esigenze reali tali da imporre allo Stato una revisione dei suoi comportamenti».
Ma non è che si possa dimenticare una Regione di cinque milioni di abitanti.
«Con questo non voglio assolutamente assolvere il governo centrale, che oggi non ha una politica meridionalistica, e non solo Prodi, ma tutti i ministri, a cominciare da quello dell’Economia. Tutti hanno detto che c’è una questione del Nord, che il problema delle strutture riguarda il Nord perché fanno acqua. Invece siccome in Sicilia non funziona nemmeno il doppio binario per la Messina-Palermo e per la Messina-Catania, e non funziona tra l’altro l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, questo cose diciamo che sembrano "naturali". Ma non lo sono certamente per i siciliani».
Questo è anche uno dei motivi per cui al governo nazionale non c’è nemmeno un ministro siciliano.
«Esatto, non c’è nessun ministro e non c’è una rappresentanza politica anche nel Parlamento. Cosa conta la Sicilia nel Parlamento? Dove sono le personalità che hanno l’autorità di alzarsi in Parlamento e fare un discorso non demagogico, ma un discorso documentato, serio e che sia una voce ascoltata nazionalmente».
Come ce ne usciamo allora?
«Penso che la società civile siciliana debba ripensare alla politica. Non è possibile che le forze politiche siano in mano alle persone che oggi le hanno in mano. E’ essenziale che ci sia un impegno maggiore della cultura - e la Sicilia è stata culla della cultura - che si immetta per favorire un ricambio di personale politico. Sino a quando non c’è questo, le dico francamente che non ho speranze. Ci deve essere una mobilitazione delle Università, delle persone della società civile, bisogna che anche i giornali siano più combattivi e più attenti. E poi la cosa fondamentale è un’altra: tu la battaglia la puoi fare se hai le carte in regola. Non puoi denunciare che gli altri non hanno le carte in regola quando tu per primo non ce le hai, quando la spesa pubblica tua fa schifo e dici che la spesa pubblica nazionale fa schifo. Prima si metta in regola la spesa pubblica, quella della Regione, quella dei Comuni. E allora si potrà dire: noi qui facciamo quello che possiamo perché la nostra spesa pubblica è produttiva e utile. La Sicilia oggi non può dirlo perché dovrebbe cominciare ad ammettere che la spesa pubblica è quella che è, e qual è il rapporto tra spesa produttiva e spesa parassitaria, spesa quasi essenzialmente assorbita per il funzionamento della macchina burocratica. Vedo nero, e lo dico con l’amarezza di un siciliano».
La Sicilia, 17 agosto 2007

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