Il Presidente del Consiglio ha scritto una lettera al "Corriere della Sera"
Caro direttore,
ho letto con molto interesse la bella e profonda intervista nella quale sul Corriere della Sera di ieri monsignor Bruno Forte ribadisce l'obbligo morale di compiere il proprio dovere di contribuente e la necessità di essere credibile da parte del legislatore che impone le tasse. Tra gli argomenti, porta l'esempio di Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi che potevano chiedere alle loro nazioni sacrifici enormi perché erano credibili. Non ho competenza riguardo a quanto fece Adenauer in Germania, ma posso affermare con sicurezza che anche ai tempi di De Gasperi, durante i quali gli italiani hanno saputo affrontare tanti sacrifici, l'evasione fiscale era in Italia un male diffuso.Lo era in tutto il Paese e non solo nella categoria dei così detti «profittatori post-bellici. Basta leggere, a questo proposito, gli scritti di Luigi Einaudi. E tutti ricordano ancora, a mezzo secolo di distanza, le violente polemiche contro la riforma fiscale del ministro Ezio Vanoni. La verità è che il problema dell'evasione fiscale ce lo portiamo dietro fin dall'Unità d'Italia ed è questa la ragione principale per cui abbiamo insieme un peso fiscale troppo alto per le persone oneste e un pesante deficit nel bilancio dello Stato. Finché il peso non sarà distribuito equamente fra tutti in proporzione dei loro redditi vi sarà sempre ingiustizia e mancherà all'Italia quel senso di solidarietà che condiziona il progresso di ogni paese moderno. È evidente che il governo sarà in grado di diminuire anche sensibilmente il peso fiscale nello stesso momento in cui diminuirà il livello di evasione. È giusto cercare di capire le ragioni della gente (che spesso di ragioni ne ha tante) ma la responsabilità delle decisioni sui grandi problemi economici e fiscali spetta a coloro a cui è stata democraticamente affidata la responsabilità del governo. E se non si pagano le tasse in modo equo «non si potranno mai aiutare le famiglie che non arrivano a fine mese né gli sposi giovani che non hanno né casa né lavoro stabile». È evidente che i comportamenti dei governanti e dei legislatori influiscono enormemente sui comportamenti dei cittadini, ma è altrettanto evidente che l'obbedienza alle leggi è la condizione per l'esistenza di ogni convivenza civile. Del resto, se non ricordo male, anche San Paolo esorta all'obbedienza nei confronti dell'autorità. Credo che utilizzi l'espressione quoque discolis, a significare che si deve obbedire alle regole dello Stato anche se dettate da «lazzaroni». È qui in gioco l'esistenza stessa dell'autorità dello Stato, e quindi del bene comune, non tanto le figure dei singoli governanti. È chiaro che noi, chiamati a responsabilità di governo, abbiamo prima di tutto l'obbligo di un comportamento etico irreprensibile (di non essere cioè lazzaroni), ma è altrettanto evidente che non è il singolo cittadino a poter decidere autonomamente quanto deve contribuire alla comunità in cui vive. Credo che questa forma mentis, che, purtroppo ha trovato anche in tempi recenti qualche sponda politica, sia uno degli elementi che hanno impedito alla società italiana di crescere in modo ordinato, all'altezza dei paesi più moderni e più giusti.
Romano Prodi
02 agosto 2007
Romano Prodi
02 agosto 2007
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