di Roberto Cotroneo
C’è qualcosa che non si capisce bene di questo strano Paese. E non è il fatto che esistano una morale pubblica e una morale privata. Una vita di facciata, e le scappatelle private. Un predicare bene e razzolare male. Questo fa parte della storia, può indignare o lasciare indifferenti. Quello che è decisamente nuovo è il modo di certi politici di raccontare ai propri elettori, e ai cittadini, storie che non crederebbe neppure un bambino piccolo.Intanto se è vero che nella vicenda di Cosimo Mele non esistono per ora estremi di reato (per ora, perché l’inchiesta è ancora in corso), esiste una colpevolezza in politica, che va ben oltre, ed è assai più severa per certi aspetti, di quella stabilita dal codice penale. Perché qui non si tratta di fare i moralisti. Qui si tratta di chiarire come deve sentirsi un signore che ha il mandato dei cittadini a legiferare in Parlamento. Non è un privilegio essere deputati, è molto di più: è un vincolo e una responsabilità. Allora trovarsi nella suite di un grande albergo romano in compagnia di una prostituta di trent’anni, imbottita di droga, che finisce per sentirsi male e deve essere portata d’urgenza al pronto soccorso, è qualcosa che va al di là della gravità del fatto in sé. E molto al di là. Essere scoperti in questa situazione se poi si è deputati eletti nelle liste di un partito come l’Udc, che da sempre fa battaglie fortemente antiproibizioniste, è decisamente grottesco. Se ancora di più si viene scoperti in una situazione del genere e si è firmatari di una legge sul test antidroga per i parlamentari, è francamente da teatro dell’assurdo.Fin qui, appare tutto evidente e chiaro. Ma purtroppo ci sono due dettagli che spiegano come questa storia sia il simbolo di un malcostume ideologico ed etico, che paradossalmente ha ben poco a che fare con l’episodio della squillo e del suo malore. L’onorevole Mele, che va detto, ha avvertito il 118, e si è dimesso prontamente, rilascia un’intervista al Corriere della Sera, e dice fondamentalmente due cose.La prima è che lui non sapeva che quella ragazza era una prostituta. Però la paga. Curioso davvero che un uomo abbia l’abitudine di pagare una bella ragazza per l’avventura di una sera. Ma aggiunge: «Pagata... non proprio, una somma di denaro, ma niente di esagerato». Con tutta la comprensione che si può avere per il dramma personale di questo signore, ovvero quello di essersi ritrovato su tutte le prime pagine dei giornali per un fatto di questo genere, non riesci a capire se questa affermazione è ridicola, ingenua, o invece è un tentativo maldestro di arrampicarsi sugli specchi. Se l’avesse detto un playboy della riviera romagnola, pazienza. Se lo dice un legislatore, membro del Parlamento italiano, rappresentante dei cittadini che lo hanno «eletto», nel senso doppio che ha questa parola, beh, per usare un eufemismo, fa un po’ girare la scatole. «Pagata... non proprio, una somma di denaro». La seconda cosa è ancora più grave: ha dichiarato Mele che lui sarebbe un eroe, perché anziché darsela a gambe e scomparire ha chiamato l’ambulanza. Trattasi non di eroismo, né di gesto misericordioso, ma di dovere assoluto. Fare il contrario è un reato assai grave, punito severamente, e si chiama omissione di soccorso. Definirsi eroi perché si soccorre chiunque, e in qualunque condizione, è una seconda cosa che, per usare sempre il solito eufemismo, fa girare piuttosto le scatole.Io non butto la croce addosso all’onorevole Mele per quello che è accaduto, forse non ci sono neppure gli estremi di reato in questa vicenda. E capisco che sia scosso, turbato, pentito, e che soprattutto deve aver maledetto quella cenetta in un noto ristorante romano a cui è andato dopo una faticosa seduta della Camera. Ma per ora non è su quello che va giudicato, semmai è su quello che ha detto dopo. Su quel modo maldestro, forse confuso, e persino un po’ arrogante, di giustificare le sue azioni con una serie di espressioni, e di considerazioni, queste sì, e non c’è ombra di dubbio, eticamente disdicevoli. Perché sono una presa in giro, perché è quel modo di certa piccola politica di applicare dei sofismi un po’ avariati e per nulla astuti, pensando di farla franca, pensando che si possa far credere ai propri elettori, ai cittadini, quello che i cittadini hanno capito benissimo da soli.Poi certo, sappiamo di che tipi è fatta una parte del nostro Parlamento. Spesso persone ingenue, professionisti di provincia, con scarso potere, molte frustrazioni, quelli che un tempo venivano definiti peones, spesso annoiati da sedute fiume in cui non devono far altro che schiacciare i pulsanti di voto, e con questa sciagurata legge elettorale neanche più preoccupati di mantenere promesse al proprio elettorato e curare il proprio collegio, visto che sono stati tutti cooptati dalle segreterie dei partiti. Così finisce che in questo vuoto fatto di voti al computer, pranzi alla buvette, e sbadate letture dei giornali può capitare di scaraventarsi in una simil dolce vita romana, di serie B, da provinciali fuori sede: in questo caso fatta di squillo, regalini, e «che dio ce la mandi buona che nessuno ci scopra... ». Peccato che l’assunzione di droga non è come bere il Lambrusco, o l’Aglianico, e che le prostitute spesso sono sfruttate, e non è che si può far finta di non saperlo.L’onorevole Cosimo Mele sostiene, e questa è la ciliegina sulla torta, che non c’è alcun motivo per dimettersi da deputato. Invece ce ne sono moltissimi. Si dovrebbe dimettere da deputato per ciò che ha detto, perché regalare i soldi a una donna che viene a letto con te e che non hai mai visto prima, non è pagare, è un regalino; perché si è posto anche solo il dubbio di non chiamare l’ambulanza, perché non l’ha accompagnata al pronto soccorso, perché dà interviste dicendo che si sente colpevole solo di fronte alla sua famiglia. E con tutto il rispetto per la moglie e per i figli, ma i problemi con la sua famiglia sono soltanto suoi, e privati, a noi non interessano affatto. Dovrebbe sentirsi colpevole di fronte ai suoi elettori, e a tutti i cittadini. Smettere di dare interviste, e fare un passo indietro. Possibile che non lo riesca a capire?roberto@robertocotroneo.it
L'Unità, 31.07.07
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