E' come quando ti cambiano all'improvviso la carta geografica e ti presentano le coordinate di un nuovo mondo. Un attimo prima la conoscenza ruotava intorno a perni ritenuti inattaccabili. Un attimo dopo la certezza è già diventata un castello di sabbia, in balia delle onde di una successiva scoperta.
Francesco Messineo, procuratore di Palermo, commentando l'operazione “Perseo”, dice una cosa destinata a cambiare il sentiero di molte interpretazioni mafiologiche. "Bernardo Provenzano – spiega il procuratore - all'interno di Cosa nostra, più che un capo era considerato un autorevole e importantissimo consigliere". Un momento, prego. E l'aura mefitica che ne ha sempre circondato la figura? E quella mitologia da grande burattinaio? Binnu appariva alla stregua di colui che presiedeva il teatro delle sue sanguinarie marionette. Era il cervello delle strategie della mafia, secondo la vulgata fin qui nota. Era il generalissimo capace di imporre la strategia della sommersione. La Primula Rossa. Il numero uno. Ora, invece, la caratura del suo ruolo assume una coloritura diversa. Non più l'insindacabile signore della cosche, ma un consigliori, sia pure di elevatissimo carisma. E la differenza salta agli occhi. Provenzano, il sacerdote, l'oracolo, il consigliere. Tuttavia, non il capo. E a proposito della conclamata capacità tattica dell'ultimo dei corleonesi, ecco cosa dice Messineo: "L'autorità di Provenzano dipendeva di riflesso da quella di Totò Riina. La strategia dell'immersione, che si riteneva una scelta di Provenzano antitetica alla linea stragista, in realtà è nata dall'impossibilità da parte di Cosa nostra di prendere certe decisioni a causa della mancanza di una commissione provinciale".Non fu dunque un colpo di genio del mafioso che – secondo una celebre definizione di Luciano Liggio - “spara come un dio, ma ha il cervello di una gallina”. E' un mito negativo che crolla con gran fragore, come la statua di Saddam a Bagdadg, con buona pace di tutte le profonde analisi subliminali sul significato della cicoria nel covo. Binnu, certo non uno qualunque. Ma nemmeno il capo dei capi.
Da "I love Sicilia", 16 dicembre 2008
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