di Furio Colombo
Perché Obama? Puoi rispondere che è democratico e ragionevole in un mondo (l'America e la sua immensa influenza) dominato da una destra irragionevole. Ancora una volta devo la definizione al Premio Nobel Paul Krugmam. Non c'è dubbio che quando una persona per bene, come McCain si associa (o si lascia associare) a un personaggio come Sarah Palin, cacciatrice di orsi e di anticristi, il rispettabile candidato repubblicano entra nel magico e malefico mondo dell'irragionevole. Puoi rispondere che Obama ha percorso e percorre le strade degli Stati Uniti di oggi, gremite di persone isolate, spaventate, molte seriamente impoverite, tutte spossessate di una ragionevole visione del futuro. Mentre John McCain era intento ad avventurarsi nel passato, a cercare i riflettori della gloria, a sventolare bandiere.Conta l'età. Non tutti sono vecchi a settant'anni. McCain lo è, in ogni parola, in ogni gesto, in tutto ciò che mostra di pensare, in tutto ciò che decide di ricordare. Non tutti sono giovani a 46 anni. Obama lo è, nel modo più rassicurante. Giovane e maturo. La sua maturità, l'allargamento davvero raro del suo orizzonte si deve al suo importante e presunto handicap: essere nero. Essere il primo afroamericano che si avventura nella zona di punta del potere. Cerco di spiegare.Non è l'essere nero che dà a Obama una misura più ampia di confronto con il mondo. Barack Obama esiste ed è leader a causa del coraggio a volte straordinario di alcuni che lo hanno preceduto, dal Charles Wright di Ragazzo nero, al Ralph Ellison de L'uomo invisibile a Martin Luther King, il primo Nobel dei diritti civili e della non violenza. L'autorevolezza naturale di Obama, viene dal suo limpido riconoscersi con coloro che, dall'area più arrischiata ed emarginata dell'avventuroso paese America, lo hanno preceduto aprendo sentieri impossibili, guadagnando spazio e ottenendo il riconoscimento di un mondo ingiusto ma non cieco e non sordo. Barack Obama è autore di questo inedito miracolo nel mondo delle comunicazioni di massa invase di televisione: riempie piazze immense e non fa spettacolo. Non è il simbolo di qualcosa che riguarda qualcuno, è un simbolo che riguarda tutti. Quel ruolo è di essere esattamente se stesso. Dunque un uomo giovane, colto, competente, evidentemente dotato di leadership. Nero.Barack Obama non esalta e non glissa, non fa il nero di professione e non fa mai finta di ignorare o di sorvolare su ciò che altri (tanti?) potrebbero giudicare insuperabile. La sua forza sta in quel «noi» con cui segna tutti i suoi discorsi, con cui chiama ciascun cittadino a non ignorare qualcosa di lui. Ma, piuttosto, a spostare su se stesso la responsabilità dunque la partecipazione a quel «noi».Tutto ciò porta a dire: vedete, Barack Obama, benché sia nero, è un moderato. Chi lo dice deve avere trascurato di leggere o ascoltare il suo indimenticabile discorso sul razzismo. Con quel discorso, mettendo tutto alla luce del sole, compreso il militantismo ostile ai bianchi del pastore della sua Chiesa, Barack Obama si è impegnato, senza esitazione, senza remore, a guidare i suoi concittadini oltre il razzismo. Ha proposto di riconoscere uno stato di cose al di là del quale il paese America comincerà a esistere di nuovo. La posta è altissima, la più arrischiata, la più rivoluzionaria per Stati Uniti dopo la fine dello schiavismo, dopo il New Deal, dopo il Movimento per i diritti civili. Eventi come questi, quando accadono non cambiano solo l'America. Quando accadono, se accadono, cambiano il mondo.
L'Unità, 05.11.08
mercoledì 5 novembre 2008
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