giovedì 27 novembre 2008

Io, che vivrò fino a 120 anni

di MASSIMO CALANDRI, MARCO CICALA e ALBERTO FIORILLO
Berlusconi lo ripete in continuazione: andiamo verso l'immortalità. Ma che cosa dice davvero la scienza? Che, sconfiggendo un nemico chiamato P66, ci si potrebbe quasi arrivare. Aprendo un'altra questione: che volto avrà una società in cui i vecchi saranno più numerosi dei giovani?
I vecchi non sono più quelli di una volta. Hanno generalmente meno acciacchi, tutti i neuroni al posto giusto, una regolare attività sessuale, spengono più candeline. La vita, a conti fatti, è sempre più abbondante e più sana, soprattutto quella degli italiani: tiriamo avanti, in media, fino a 80 anni 4 mesi e 26 giorni, tra i Paesi comunitari abbiamo il primato della longevità e una popolazione più attempata c'è solo in Giappone, Svizzera, Australia, Monaco e San Marino. Anche a livello globale, dal 1900 in poi, il tempo a disposizione di ogni essere umano è aumentato, in media del 30 per cento e ogni anno che passa allontana di 90 giorni l'appuntamento degli umani col camposanto: i neonati di oggi, in teoria, hanno davanti un secolo tondo tondo. Intanto la scienza scopre geni (come il P66) responsabili dell'invecchiamento e si attrezza a bloccarli. La lunga marcia verso Matusalemme, insomma, sembra inarrestabile. Eppure, secondo la maggior parte dei genetisti, il nostro corpo una data di scadenza ce l'ha, stampata da sempre nel nostro Dna: 120 anni. Una barriera insuperabile che valeva due millenni fa, quando si moriva intorno ai trenta, e che non si è spostata nemmeno adesso, nonostante l'aspettativa di vita sia quasi triplicata. Man mano che ci si avvicina a quel confine scatta una sorta di autolimitazione della specie e, anche in persone che godono di ottima salute, c'è un progressivo deterioramento di tutte le funzioni vitali, alcuni organi essenziali cominciano a lavorare male, gli apparati si inceppano. "A un certo punto il sistema collassa" spiega Luca Deiana, docente di biochimica e biologia molecolare all'Università di Sassari. "Ancora non c'è una completa ed esauriente spiegazione scientifica dei molteplici fattori che causano il processo di invecchiamento e la cosiddetta morte per cause naturali. È la statistica, non la genetica, a suggerirci che oltre una determinata soglia non si può andare. Tuttavia l'interruttore non scatta per forza a 120 anni esatti, e qualche rara eccezione c'è". Come quella di Jeanne Louise Calment, una francese morta nel 1997 a 122 anni e mezzo...

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