mercoledì 19 novembre 2008

Il futuro incerto dei giovani studenti e senza lavoro nella cappa del clientelismo

di SALVATORE BUTERA
Bisogna riconoscere che nelle proteste contro i provvedimenti su scuola e università di Mariastella Gelmini la Sicilia ha fatto la sua parte. I cortei si continuano e la protesta appare civile e contenuta rispetto ad alcuni episodi di violenza verificatisi nelle grandi città. Qui da noi questi cortei giovanili (lo si può dire con tranquillità) sono apparsi scevri da strumentalizzazioni politiche e addirittura venati di una sorta di avversione alla politica qualunque essa sia, di destra o di sinistra. Di fronte a queste masse di giovani che hanno sfilato nelle vie di Palermo e di Catania mi sono posto alcune domande forse ingenue. Chi sono questi ragazzi rispetto alle parti politiche dominanti nella nostra regione? Sono i figli della maggioranza berlusconiana o al contrario i figli della, per la verità sparuta, minoranza antigovernativa? Probabilmente sono vere entrambe le cose. È difficile distinguere all´interno di un corteo per chi hanno votato i giovani o addirittura i loro genitori. Poi a un certo punto un autorevole docente palermitano mi ha in qualche modo aperto gli occhi: non sai, mi ha detto, quanta parte di Alleanza nazionale e Forza Italia vi sia fra questi giovani. Figli dunque di chi ha votato Berlusconi in passato ma, ha aggiunto il docente, che continuerà in ogni caso a votarlo. Ma allora che cos´è Mariastella? Un incidente di percorso o una sorta di valvola che ha consentito e consente uno sfogo alle classi giovanili, sia pur manifestato, come ho detto, con compostezza e civiltà? La situazione politica siciliana impone taluni interrogativi veramente inquietanti, anche perché nel frattempo giungono dati illuminanti a proposito della realtà sociale ed economica della nostra terra. Nella mappa della povertà in Italia il Mezzogiorno conta una percentuale di famiglie povere pari a quattro volte quella del Nord, doppia rispetto alla media italiana. All´interno di questo dato la Sicilia purtroppo è al primo posto con oltre il 27 per cento di famiglie povere, circa un terzo del totale. E, come è noto, allo stesso tempo la Sicilia è una delle regioni più berlusconiane d´Italia, che ha conferito al Cavaliere e alla sua maggioranza, in sede nazionale e regionale un voto che non si definisce plebiscitario per prudenza. I poveri dunque votano per Berlusconi, probabilmente sperando in provvedimenti a loro favorevoli, ma meglio ancora in singoli atti, in procedimenti clientelari che sollevino le famiglie stesse più o meno indigenti dalla loro condizione, conferendo magari ai più giovani la qualifica di precario in attesa di sistemazione. E un politico esperto, rispetto alle mie ingenue evocazioni di candidature a sindaco di Palermo, ha formulato un paio di osservazioni assolutamente penetranti, una a destra e una a sinistra. La prima è appunto quella della costruzione da parte dei partiti dominanti di un reticolo clientelare tanto fitto da essere divenuto impenetrabile. L´altra, a sinistra, è quella di uno schieramento talmente scombiccherato da essere divenuto, almeno per il momento, irrecuperabile, nel quale eterogenei personaggi e gruppuscoli impediscono il saldarsi di un fronte che possa quantomeno cominciare a ipotizzare un disegno alternativo a quello della destra. Ma le notizie inquietanti sulla realtà sociale della Sicilia non si fermano qui. È recente la decisione di una delle maggiori banche italiane di triplicare in Sicilia la propria rete di sportelli dedicata specificatamente al private equity (e cioè all´investimento e alla gestione del risparmio privato) individuando nella nostra regione la presenza di «grandi patrimoni» da impiegare in modo non solo adeguatamente redditizio ma anche moderno ed efficiente. Siamo sempre alle solite: vorrei che sociologi ed economisti di vaglia, che in Sicilia non mancano, mi spiegassero la provenienza di questi patrimoni. Sono essi solo palermitani o provengono dalla provincia? Come si sono formati? Perché, a questo proposito, la generica attribuzione alla mafia e ai mafiosi di queste fette di mercato mi pare francamente insufficiente o, come si suol dire, un po´ di repertorio. Per capire sarebbe necessario compiere indagini più approfondite che superassero la genericità delle denunce. Nel frattempo le gioiellerie di lusso a Palermo aumentano di numero e di qualità, soverchiando e mortificando talune insegne storiche cittadine destinate proprio in questi mesi alla mesta conclusione del loro ciclo storico che ha coinciso con periodi meno infelici del presente della vita sociale della nostra città. Mediobanca in uno studio recente ha rilevato che nel Sud esistono sei imprese ogni 1.000 abitanti contro le 11 del Nord e le 13 dell´Italia centrale. In sostanza per essere in linea con quelle medie nel Sud del Paese mancano 75.000 imprese. Inutile soggiungere che a un esame più approfondito le imprese del Mezzogiorno hanno rendimenti largamente inferiori e costi di transazione assai più elevati di quelle collocate nel Centro-Nord del Paese. Questi mi sembrano i dati fondamentali cui bisogna continuare a fare riferimento e ad ancorarsi per comprendere la realtà siciliana. Una Sicilia che con Veneto e Lombardia continua ad essere la regione più berlusconiana d´Italia. Un voto a destra e quindi sostanzialmente conservatore. Ma contrariamente al Veneto e alla Lombardia mi chiedo cosa ci sia da conservare in Sicilia.

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