lunedì 24 novembre 2008

In cella con Provenzano tra santini e preghiere...

Accanto, sempre sullo scrittoio, ci sono due santini della Madonna, dei fogli di carta bianca, e un paio di buste. Il padrino di Cosa Nostra sorride solo con la bocca, tra il timido e il beffardo; gli occhi restano immobili a scrutare l´ospite. Il fisico asciutto, leggermente smagrito, gli occhiali a montatura grossa. Indossa una tuta grigio chiaro e, - siccome «sono freddoloso» - un giaccone verde con tasche e cerniera. Parla a voce bassa: «Lo vede come si sta qui dentro? Io sento arrivare l´inverno prima degli altri». Indica il finestrone in alto nel muro, ci ha appeso l´accappatoio. Parla degli spifferi. «Lo tengo sempre chiuso, altrimenti si fa corrente». La cella dove è detenuto "zu Binu" è la numero 4, l´ultima nell´ "area riservata" del reparto 41 bis del carcere di Novara. Due sono vuote, l´altra è riadattata a ambulatorio medico. Apposta per lui. Ma forse, nonostante le due operazioni alla prostata (una da latitante a Marsiglia nel 2003) e alla tiroide, e una patologia renale, non ce ne sarebbe bisogno se persino il medico del penitenziario dice: «Alla sua età ha un fisico invidiabile, ed è un salutista». Per la prima volta da quando è in carcere (11 aprile 2006) il boss di Corleone accetta di incontrare un parlamentare: ad Antonio Misiani, deputato del Pd, Provenzano "apre" le porte della sua stanza tre metri per uno e ottanta, un angolo super blindato dove - fino a un anno fa - abitava il capo della nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo (c´è stato uno scambio di celle, oggi Cutolo è a Terni dove prima c´era "don Bernardo"). Quanto ci faccia è difficile capirlo, ma a 75 anni Binnu u tratturi (Bernardo il trattore, per la violenza con cui falciava le vite dei suoi nemici) si presenta con l´aspetto quasi ascetico di chi dice di vivere di fede e di preghiera. Che per uno come lui - 43 anni di latitanza, una sfilza di ergastoli e altri procedimenti in corso - sembra un paradosso. Devoto della Madonna, in effetti Provenzano passa le sue giornate a pregare, a leggere la Bibbia e a scrivere lettere alla moglie Saveria Palazzolo e ai due figli, Angelo e Paolo. «La fede è tutto» è il concetto che il detenuto più sorvegliato d´Italia consegna al suo interlocutore. «E´ incredibile, a vederlo così sembra una specie di monaco - racconta Antonio Misiani - mi ha impressionato». Come i pizzini coi quali dava ordini dal suo ultimo rifugio prima che lo arrestassero (la masseria di Montagna dei Cavalli, nella campagna di Corleone), ogni lettera, ogni biglietto, per quanto breve possa essere, termina - riferiscono fonti carcerarie - sempre con la stessa formula: «Vi benedica il Signore e vi protegga». Identico è sempre l´incipit: «Con l´augurio che la presente vi trovi tutti in ottima salute. Come, grazie a Dio, al momento posso dire di me». Insomma, tutte le missive spedite dal detenuto Provenzano Bernardo si aprono e si chiudono col nome di Dio. Quasi un´ossessione, la religiosità. Come quella per il cibo. Sul lato sinistro della cella, nell´armadio a muro senz´ante dove sono ordinate felpe e maglioni, appoggiata su una mensola ecco la dispensa del "salutista". Sei panini all´olio lasciati seccare - "don Bernardo" li inzuppa a colazione nel latte tiepido - e un cestino di mandaranci. Il vassoio del pranzo gli viene consegnato tra le 11,45 e mezzogiorno. Un pasto che esce dalle stesse cucine dove si confezionano gli altri 164 vassoi per i detenuti del carcere novarese. "Zu Binu" mangia pochissimo. E sull´alimentazione non sgarra. Un giorno si è scusato con gli agenti spiegando che lui il fritto non lo sfiora nemmeno. Niente alcol, niente caffè, niente sigarette. Acqua naturale, e rigorosamente del rubinetto. Un´autodisciplina ferrea. La stessa che si impone per le sacre letture e per la frenetica attività di scrittura. Su un altro ripiano della cella ci sono la Bibbia, un libro di preghiere e un dizionario della lingua italiana, a quanto pare molto frequentato. Oltre a comunicare con la famiglia e con gli avvocati, il padrino, soprattutto la sera, dedica parecchio tempo alla televisione. L´informazione lo appassiona. Non si perde i telegiornali e non disdegna qualche programma di approfondimento. Specie quelli che in qualche modo lo riguardano. Quando Misiani gli chiede se è a conoscenza della decisione del governo di inasprire ulteriormente il regime 41 bis, il cosiddetto "carcere duro", Provenzano non sembra essere troppo preoccupato: «Per me è la stessa cosa, lo era prima e lo è adesso». Glaciale, imperturbabile, e proprio per questo, allo stesso tempo, sfrontato. La stessa aria flemmatica di quando lo arrestarono dopo quasi mezzo secolo vissuto da fantasma. La giornata tipo dell´ex superlatitante inizia alle 6 del mattino. Doccia (in cella), pulizia della stanza, colazione. Detenuto in regime di isolamento, "zu Binu" non ha diritto alla socialità. Per lui è previsto solo il "passeggio", rigorosamente da solo. Due ore al giorno, una la mattina a una al pomeriggio. Per sgranchirsi, controllato dalle telecamere che lo inquadrano 24 ore su 24, dalla cella si sposta nella "voliera", un cortile chiuso da quattro mura e da una griglia di ferro. Alla direzione carceraria e agli agenti del Gom (Gruppo operativo mobile) che lo perquisiscono più volte al giorno - le stesse ispezioni vengono eseguite nella cella - il boss non ha mai chiesto nulla e non ha mai protestato. Un atteggiamento diverso da quello di altri carcerati sottoposti al 41 bis. Nell´area riservata è detenuto anche Francesco Bidognetti, detto "Cicciotto ?e Mezzanotte", boss del clan dei casalesi. Anche lui è sorvegliato dagli uomini del Gom. Il "monaco" Provenzano forse non sa nemmeno chi sia, o forse sì. tratto da: la repubblica COMUNICATO STAMPA - INDIGNATI PER VISITE A PROVENZANO di Giovanna Maggiani Chelii- 23 novembre 2008 Esprimiamo indignazione davanti alle continue visite in carcere da parte della politica, a uomini del calibro di Bernardo Provenzano. Il Deputato del PD Antonio Misiani, ci dica perché ha sentito l’esigenza di andare a parlare delle nuove norme in discussione in Parlamento, in merito alla materia del “41 bis”, con il capo di “Cosa nostra”. I rapporti della politica con la mafia lasciano sempre perplessi quelli come noi, che a causa di barbari come Provenzano abbiamo versato lacrime e sangue e a causa della politica distratta e menefreghista siamo ancora oggi in alto mare con le cause civili intraprese contro la mafia. Chiediamo al Deputato del PD Antonio Misiani, perchè non è venuto in strada in via dei Georgofili dal febbraio all’Aprile del 2008, a cercare di capire perchè tutti noi della strage del 27 Maggio 1993 eravamo sul luogo dell’attentato con gli striscioni in mano a chiedere giustizia. Chiedevamo giusto al Governo al quale apparteneva il deputato del PD Misiani attenzione per le vittime di via dei Georgofili, giustizia per il massacro di donne e bambini da parte di Bernardo Provenzano, e la politica era latitante come sempre da 15 anni a questa parte nei nostri confronti.
La Repubblica, domenica 23 novembre 2008

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