Intuì che il lavoro in pool poteva dare grandi risultati contro Cosa nostra. E fu trucidato in maniera barbara, con un'autobomba, come Paolo Borsellino nove anni dopo. Si ricorda oggi il ventiquattresimo anniversario della strage di via Pipitone Federico, quella in cui furono uccisi, il 29 luglio del 1983, il capo dell'Ufficio istruzione della procura di Palermo, Rocco Chinnici, due carabinieri di scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l'appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. Fu la prima strage in stile «libanese», si disse allora. Oggi sarà in città il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che alle 10.30 deporrà una corona sul luogo della strage. Saranno presenti i familiari del giudice Chinnici, delle altre vittime e l'autista giudiziario Giovanni Paparcuri, sopravvissuto all'attentato. Alla cerimonia parteciperanno anche il generale di Divisione Giuseppe Barraco, comandante interregionale Carabinieri «Culqualber»; e il generale di divisione Arturo Esposito, comandante della Regione Carabinieri Sicilia. Alle 11, nella cappella della Caserma Bonsignore, sarà celebrata una messa. Cerimonie si svolgeranno anche a Misilmeri, il paese natale di Chinnici, e a Partanna, dove il magistrato lavorò a lungo. Tante le attestazioni di ricordo, dal presidente della commissione antimafia, Francesco Forgione, a Rita Borsellino; dal presidente della Provincia, Francesco Musotto al presidente del Consiglio comunale, Alberto Campagna. Il presidente della Regione Salvatore Cuffaro ricorda che «il giudice Rocco Chinnici non si stancava di ripetere che solo un intervento globale dello Stato, nella varietà delle sue funzioni amministrative, legislative e politiche, avrebbe potuto sicuramente incidere sulle radici della malapianta mafiosa, avviando il processo del suo sradicamento».
Mariateresa conti
La Sicilia, 29.07.2007
domenica 29 luglio 2007
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