sabato 18 agosto 2007

I "pizzini" tradiscono Provenzano. Sequestrati beni a S. Vito Lo Capo (Tp) per 1 milione di euro

Svelata una rete di prestanome intercettando le sue comunicazioni. Sottratti all'esponente di Cosa Nostra una società turistica e tre immobili a S. Vito Lo Capo nel Trapanese
PALERMO - Sequestrati dalla guardia di finanza di Palermo, una società turistica e tre immobili nella località balneare di San Vito Lo Capo (Trapani), di proprietà del capomafia Bernardo Provenzano. Il valore dei beni ammonta a circa 1 milione di euro. Secondo il provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo, un imprenditore edile, durante la sua detenzione in carcere, aveva richiesto al boss di Corleone le sue istruzioni proprio per la vendita degli appartamenti. Le intercettazioni ed il successivo sequestro dei "pizzini" hanno chiarito che Provenzano aveva impiegato, secondo gli investigatori, capitali accumulati attraverso le estorsioni per la costituzione della società e la costruzione degli appartamenti.Il patrimonio sequestrato comprende: l'intero capitale sociale, complesso aziendale e relativi beni della società "Residence Capo San Vito S.r.l." con sede prima a Palermo e successivamente a Misilmeri, tre appartamenti e uno scantinato nella località balneare nel trapanese. Il residence era solo formalmente di proprietà di Santo Schimmenti di Misilmeri, condannato in primo grado a nove anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, pena ridotta in appello a sei anni e quattro mesi. Era subentrato nel controllo della società a Giuseppe Lipari, poco prima dell'arresto di quest'ultimo. Le intercettazioni ambientali in carcere e quelle telefoniche, dicono gli investigatori, riuscirono ad evidenziare la preoccupazione proprio di Lipari - durante la sua detenzione - per l'eventualità del sequestro dei beni della società turistica. Lipari avrebbe detto ai suoi figli di portare all'esterno del carcere i "pizzini" - successivamente sequestrati - per chiedere a Bernardo Provenzano di prendere una decisione favorevole alla vendita di tutti gli appartamenti della società.Le indagini, secondo l'accusa, avrebbero evidenziato anche i rapporti finanziari tra Provenzano, Leoluca Bagarella e Totò Riina nonchè il ruolo svolto da alcuni imprenditori nel reimpiego dei proventi illeciti accumulati dal boss in oltre 40 anni di latitanza. A dicembre si terrà l'udienza per la discussione della misura di prevenzione patrimoniale.
La Sicilia, 18/08/2007

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