lunedì 6 agosto 2007

EDITORIALE. Se si controllano le idee la democrazia è dimezzata

di Livio Pepino
Dopo la principale società telefonica, ora i Servizi segreti. Il Grande fratello sembra avere lavorato instancabilmente negli ultimi mesi nel nostro paese. L’ultimo capitolo (noto) è quello relativo al Sismi, emerso dalla perquisizione, nel luglio del 2006, della sede romana di via Nazionale in uso a Pio Pompa. Dell’archivio che è stato in tale occasione rinvenuto è ora conosciuta la parte riguardante l’attività spionistica nei confronti di un congruo numero di magistrati. Si tratta – va detto subito e con chiarezza – di un fatto di estrema gravità, anche se ciò non sembra ai più: a buona parte della politica e della informazione e alla stessa magistratura inquirente (almeno a giudicare dalla sua prolungata inerzia, pur a fronte di notizie di possibili reati emerse ormai da un anno). Occorre ricostruire i fatti, emersi, infine, da una provvida risoluzione del Consiglio superiore della magistratura (che, non a caso, molti si sono affrettati a definire impropria e, addirittura, eccedente le competenze di tale organo).Dai documenti si evince che, a partire dall’estate del 2001 e fino al maggio 2006 (non sfugge a nessuno la peculiarità del periodo e le anomalie che lo hanno caratterizzato), il Sismi ha svolto, tra l’altro, una capillare attività di intelligence (controllo di movimenti e incontri anche in uffici giudiziari, pedinamenti, acquisizione di documenti, accessi a corrispondenza riservata spedita attraverso mailing list etc.) affiancata da campagne di stampa, intimidazioni e interventi similari nei confronti di magistrati della Repubblica (in particolare, ma non solo, aderenti a Magistratura democratica) ed europei (in particolare, ma non solo, aderenti a Magistrats européens pour la démocratie et les libertés).Non è noto, ad oggi, se tali attività abbiano coinvolto il Governo dell’epoca oppure siano avvenute a sua insaputa. Comunque sia la gravità del fatto non cambia. E il fatto è che in quegli anni c’è stata una azione di torsione del nostro sistema verso una forma di democrazia dimezzata e sotto tutela (con connesso indebolimento e controllo della giurisdizione). Chi lo contesta non nega, almeno in prevalenza, i fatti (i pedinamenti, le intrusioni, le attività di delegittimazione), ma tende a riportarli a deviazioni individuali di qualche investigatore da operetta, patetico più che pericoloso.Non è così. Bastano, al riguardo, pochi flash.Primo. Pio Pompa non ha agito da solo, giocando in proprio. Lo rivendica lui stesso in una memoria depositata alla Procura di Milano e, soprattutto, la circostanza è confermata dai numerosi appunti sulle attività svolte e sulle loro finalità e dalle ripetute trasmissioni di atti, con apposita nota di accompagnamento, al «direttore del servizio». Dunque, è agli atti che a programmare e a svolgere le attività spionistiche non è stato un funzionario infedele, ma il Sismi in quanto tale (mentre a nulla rileva, per quanto riguarda le valutazioni di competenza del Consiglio, individuare chi vi abbia in concreto partecipato come ideatore e come esecutore).Secondo. Il presupposto della «attività di osservazione» e degli «interventi di contrasto e/o dissuasione» posti in essere dal Sismi non era, nemmeno in via di ipotesi, l’esistenza di fatti specifici ritenuti eversivi, ma di magistrati «portatori di pensieri e strategie destabilizzanti», individuati in ragione dell’attività giudiziaria svolta o delle posizioni assunte nel dibattito politico-culturale. Di più, la finalità del lavoro di intelligence e degli interventi di disarticolazione non era la difesa dello Stato da attacchi interni o esterni, ma la tutela del Governo contingente dalle critiche di (reali o presunti) oppositori e da iniziative giudiziarie sgradite. Esattamente il contrario di quanto previsto dalla legge n. 801/1977 che attribuisce al Sismi «tutti i compiti informativi di sicurezza per la difesa sul piano militare della indipendenza e della integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione». Terzo. Il Sismi dispone (o, comunque, dichiara di disporre) all’interno delle istituzioni, ivi compresa quella giudiziaria, di uomini «di buona volontà» su cui si può contare. Il carattere eversivo di una situazione siffatta, ove reale, non richiede commenti.Le conclusioni sono obbligate. Un sistema in cui i cittadini e i loro giudici (decine e decine) sono sottoposti a un controllo penetrante e continuativo in ragione delle loro idee (reali o supposte) è un sistema malato. Inutile minimizzare: così le democrazie muoiono
Da Narcomafie, Luglio-Agosto 2007

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