mercoledì 30 aprile 2008

Quel 1° Maggio di 115 anni fa a Corleone…

(d.p.) «Che bella giornata è il 1° Maggio a Corleone! Possiamo affermare che tutta Corleone operaia, compenetrata dell'importanza del giorno, fece riposo, dimostrando a questa vigliacca borghesia che i lavoratori uniti sapranno suonare i rintocchi funebri alla ladra proprietà, effetto e causa di usurpamenti spudorati». Così l'ignoto cronista de "la Giustizia Sociale" iniziava il racconto del 1° Maggio 1893 a Corleone. Era l'anno della crescita tumultuosa del Fascio contadino, fondato l'anno prima da Bernardino Verro. «Il fascio e le vie adiacenti erano impenetrabili - raccontò ancora il cronista – soprattutto perché i contadini correvano a centinaia a iscriversi. La società cooperativa tra muratori tutta in corpo fece adesione. La giornata passa tra suoni, balli e canti, nonché con l'intercalare della parola di non pochi contadini che spiegavano ai compagni l'importanza della ricorrenza e che cosa sia e sarà il socialismo». Infine, alle sette di sera, «la vasta sala del fascio si popolò delle socie della sezione massaie, più che mille donne, le quali sentono abbastanza il perché dobbiamo muoverci. La fanfara suonava inni patriottici e poscia il caro ed avversato Bernardino Verro, fattosi al banco della presidenza tra gli e3vviva di quelle donne contadine, spiegò il primo maggio come festa di affermazione del lavoratori del mondo, dicendo poi delle donne nella questione sociale. Le interruzioni per applausi furono frequenti e quando dimostrò la decadenza dell'amore come causa dell'attuale sistema economico, l'entusiasmo raggiunse il colmo e il conferenziere dovette abbreviare per dare sfogo ad un uragano di ovazioni. Furono serviti quindi dolci e liquori e quel gentile uditorio fu costretto a ritirarsi a casa per cedere il locale a tutti i soci che stanziavano li presso. Il compagno Verro fu costretto a parlare di nuovo ed in dialetto disse della organizzazione, vero mezzo per\ raggiungere emancipazione e uguaglianza sociale. Si aprì la veglia che si protrasse fino a tardi e tra baci e sorrisi si diede fine alla festa del primo maggio».

Francesco Renda, vi racconto Portella...;

Lo storico siciliano Francesco Renda parla della strage di Portella delle Ginestre del 1° Maggio 1947, dei tanti morti e dei tanti feriti

Portella della Ginestra, 1° Maggio 1947. Mafia, banditi, agrari (e servizi segreti) sparano sui contadini in festa... e fu la strage

Erano quasi le dieci e gli altoparlanti annunciavano l’imminente inizio della manifestazione. Qualche minuto dopo, Giacomo Schirò, segretario della sezione socialista di San Giuseppe Jato, salì sul “sasso” di Barbato, coperto da bandiere rosse, iniziando a parlare. All’improvviso dei rumori sordi: Ta-pum... ta-pum... ta-pum… I contadini guardavano il cielo ridendo: «I giochi d’artificio... i giochi d’artificio... è cominciata la festa!». Ma non era la festa, erano colpi di armi da fuoco, sparati ad altezza d’uomo. Sicuramente di mitra, forse anche lo scoppio di qualche granata... il finimondo. Urla, pianti, gente che fugge, muli imbizzarriti. Infine, decine di corpi straziati per terra: undici morti e ventisette feriti. La strage di Portella della Ginestra.

In poche ore, la tragedia di Portella fece il giro d’Italia. E l’Italia intera rimase sbigottita. In un angolo del cuore interno della Sicilia, a sangue freddo, erano stati assassinati uomini, donne e bambini in festa. Un fatto inaudito, intollerabile. Tutti i leader della sinistra arrivarono a Piana, a San Giuseppe, a San Cipirello. Il 3 maggio fu proclamato lo sciopero generale nazionale, con una imponente manifestazione a Palermo, fioccarono le interrogazioni parlamentari. Sott’accusa finirono gli agrari, la mafia e la banda Giuliano, che, con la copertura politica di “pezzi” dello Stato e della politica, non avevano esitato a sparare sulla folla inerme, pur di bloccare le lotte contadine e l’avanzata della sinistra. A minimizzare l’accaduto, nella seduta del 9 maggio 1947 dell’Assemblea Costituente, pensò il ministro degli interni, Mario Scelba: «Non c’é movente politico». Scelba mentiva. Sapeva benissimo delle trame siciliane e, in qualche modo, ne era pure uno artefice.

Che a Portella della Ginestra siano stati Salvatore Giuliano e la sua banda a sparare sui contadini in festa non vi sono dubbi. Al riguardo, c’é anche una sentenza della magistratura. Che Giuliano sia stato affiancato dalla mafia è un’ipotesi plausibile. Che i mandanti della strage possano essere stati gli agrari, con la complicità di “pezzi” dello Stato e della politica è anch’essa una tesi sostenibile, su cui tutti gli storici che si sono occupati della vicenda concordano. Il punto su cui non c'è convergenza attiene al coinvolgimento o meno dei servizi segreti americani. A dirsi convinti di questo coinvolgimento sono gli storici Giuseppe Casarrubea e Nicola Tranfaglia. «Possiamo considerare la strage di Portella l’atto culminante compiuto dalle forze dominanti (gli Stati Uniti e i suoi servizi segreti, l’associazione mafiosa siciliana, una parte del gruppo dirigente del partito cattolico) per fermare la possibile, o probabile, avanzata delle forze di sinistra italiane», sostengono. «E’ probabile che sia stato così – dice il prof. Renda – ma purtroppo non c’è nessuna prova ed ancora oggi non sappiamo chi ha armato la mano di Giuliano».
Dino Paternostro

Primo Maggio 2008

martedì 29 aprile 2008

Senato, Renato Schifani presidente con 178 voti

Il palermitano mette d'accordo il Pdl sulla carica di vicario del Capo dello Stato e raccoglie 178 voti, 4 in più di quelli di cui dispone la maggioranza di Pdl, Lega e Mpa
ROMA - L'azzurro Renato Schifani è il diciottesimo presidente del Senato. Eletto alla prima votazione, ha ottenuto 178 voti a suo favore, quattro in più della maggioranza formata dai senatori di Pdl, Lega ed Mpa. Nel suo discorso di insediamento il nuovo primo inquilino di Palazzo Madama fa un appello alla minoranza per una "legislatura costituente" che si occupi delle riforme. Ma dal Pd, che ha annunciato una opposizione "senza sconti ma propositiva", arriva un primo stop. Per il momento, attacca il leader dei democratici, Walter Veltroni, dalla maggioranza, che ha scelto di 'incassare' tutti gli incarichi istituzionali, non sono arrivati segnali che facciano intravedere la volontà di dialogo, prima precondizione per aprire una fase costituente.Tutto secondo copione nella procedura per l'elezione di Schifani. Il pathos che vide nella scorsa legislatura Franco Marini eletto sul filo e dopo una serie di burrascose sedute, è acqua passata: Schifani incassa i 174 sì della sua maggioranza più quello del senatore a vita Francesco Cossiga e altri tre voti che esulano da quelli di Pdl, Mpa e Lega. Nella votazione si registrano 117 schede bianche e 13 voti vanno alla radicale Emma Bonino che, in mattinata, si candida alla presidenza. Tre sono quelli dei senatori radicali, gli altri dovrebbero provenire dalle file del centrosinistra, visto che i tre dell'Udc fanno sapere di essersi astenuti. Due voti vanno all'azzurro Beppe Pisanu, uno al presidente uscente Marini, e uno rispettivamente ai democratici Giuseppe Lumia, Sergio Zavoli e Paolo Rossi, all'azzurra Maria Elisabetta Alberta Casellati e ad Helga Thaler del gruppo per le Autonomie. Martedì è prevista, invece, la seduta per l'elezione dell'ufficio di presidenza con i quattro vice presidenti, i tre questori e gli otto segretari d'Aula.
29/04/2008

domenica 27 aprile 2008

Corleone, quanto costano cari questi rifiuti!

I comuni di San Cipirello e Alcamo sono quelli dell'area del Golfo di Castellammare che nel 2007 hanno fatto pagare meno la tariffa sui rifiuti ai loro cittadini. La palma della tassa più salata spetta a Torretta e Corleone. Il livello di evasione fra i cittadini e la quota di raccolta differenziata incidono molto sulla tariffa. Alcamo può vantare una quota di raccolta differenziata quasi vicina al 12%, collocandosi al primo posto nell'area del Golfo di Castellammare e al 55° posto in Sicilia. Nella stessa graduatoria Partinico si fa notare per il suo imbarazzante 350° posto su 357 comuni siciliani. L'indagine di Libera Mente, realizzata da Francesca Davì, ha coinvolto 17 comuni del comprensorio


di FRANCESCA DAVI

Quali sono i comuni del nostro territorio in cui si paga di più o di meno per la cosiddetta Tarsu ovvero la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani? Quanto hanno versato i cittadini nelle casse dei rispettivi comuni di appartenenza per l’anno 2007? Da un’indagine telefonica effettuata da Libera Mente presso gli uffici tributi di 17 comuni dell’area del Golfo di Castellammare emerge che nel 2007 a spendere meno sono stati i residenti di San Cipirello e Alcamo, con una tariffa pari rispettivamente a 0,81 euro al metro quadro più addizionale 15%* e 0,84 euro al mq più addizionale del 13%*. Entrambi i comuni, applicano una riduzione del 30% ai non residenti, che tra l’altro a San Cipirello vedono ulteriormente diminuire la tassa se il loro immobile si trova lontano un chilometro dal centro abitato con una riduzione dell’86%, oltre un chilometro invece, la tariffa scende a 0,24.41 euro al metro quadro. A spendere di più invece sono stati i residenti di Torretta e Corleone, che risultano essere i più cari tra i Comuni del Golfo di Castellammare. Le tariffe ammontano rispettivamente a 2,86 euro al metro quadro + 15 % e 2,01 euro al metro quadro + 15%. La riduzione per i non residenti in tutti e due i comuni è del 33%. Tra le migliori tariffe rifiuti applicate quella di San Giuseppe Jato, dove i cittadini hanno pagato per lo scorso anno 1,13 euro al metro quadro + 15 % e 0,45 euro al mq i non residenti. Già da quest’anno, però, si attendono rincari medi del 27-29% (da 1,13 a 1,45 euro mq.). Nel raffronto effettuato anche agli abitanti di Terrasini nel 2007 non è andata male con 1,25 al mq + 15% e la riduzione del 30% per le abitazioni stagionali (non residenti). Tra le più economiche anche la Tarsu di Castellammare del Golfo con 1,32 euro al metro quadro + 15% però senza distinzione tra residenti e non. A Balestrate è più cara di appena due centesimi (1,34 euro al mq + 15%) ma con una riduzione del 30% per i non residenti. In una posizione mediana Partinico, Borgetto e Carini dove i cittadini pagano per lo scorso anno rispettivamente 1,41 euro al metro quadro + 15% , 1,45 euro al mq + 15% e 1,46 euro al mq + 15%. In questi Comuni i non residenti usufruiscono di una riduzione pari al 30%. Partinico per gli immobili in periferia prevede anche uno “sconto” del 70%. Una riduzione legata al fatto che il servizio di raccolta non viene assicurato quotidianamente. A Giardinello la tariffa Tarsu non fa differenza tra residenti e non residenti. Si paga 1,51 euro al mq + 15%. Contrariamente che altrove a Trappeto i residenti del centro abitato pagano meno di quelli che stanno in periferia (1,53 euro al mq + 15% contro 1,79 euro al mq + 15%). Solita agevolazione del 30% per i non residenti. Cominciano a essere più salate le tariffe rifiuti a Capaci (1,59 + 15% euro al mq per i residenti, e meno il 20% per i non), Montelepre e Isola delle Femmine (in entrambi i comuni 1,70 euro al metro quadro + 15 %). Ma a differenza di Isola che non distingue tra residenti e non, a Montelepre i non residenti hanno avuto una riduzione del 20%. Tra le tariffe più care, infine, c’è quella pagata dai cittadini di Cinisi dove i residenti sborsano 1,72 euro al mq + 15% (non residenti del 30% in meno).

Questo bagno di numeri ci porta evidentemente alla considerazione che se Alcamo e San Cipirello riescono ad applicare tariffe più basse di altri comuni (Partinico in primo luogo) per la raccolta dei rifiuti ci saranno dei motivi ben precisi. Magari ad Alcamo la quota di evasori è molto inferiore che a Partinico e i costi vengono redistribuiti più equamente, magari il servizio funziona meglio, grazie anche alla collaborazione dei cittadini con la raccolta differenziata, con effetti non indifferenti sulla bolletta da cui vengono sottratti i costi di conferimento in discarica. Non a caso Alcamo è il primo comune del nostro comprensorio per la quota di raccolta differenziata (11,98% - 55° posto in Sicilia). Partinico è solo al 350° posto (su 357 comuni siciliani) con un imbarazzante 0,03 % di raccolta differenziata. Tutti ovviamente fanno meglio di Partinico: Isola delle Femmine (74° posto – 10,11%), Cinisi (86° posto – 9,30%), Giardinello (116° posto – 7,85%), Capaci (123° posto – 7,44%), Montelepre (131° posto – 6,96%), Balestrate (170° posto – 5,49%), San Cipirello (194° posto – 4,58%), San Vito Lo Capo (198° posto – 4,43%), Carini (258° posto – 3,49%), Castellammare del Golfo (272° posto – 2,86%), Monreale (292° posto – 2,08%), Borgetto (296° posto – 1,92%), San Giuseppe Jato (298° posto – 1,88%), Camporeale (301° posto – 1,83%), Terrasini (316° posto – 1,30%).

* Le percentuali del 15 e 13 si riferiscono alle somma delle seguenti addizionali: E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) 5%, M.E.C.A. 5% e tributo provinciale - 5% per San Cipirello e 3% per Alcamo.


Libera Mente ha condotto l’inchiesta contattando telefonicamente l’“Ufficio Tributi” dei comuni di Isola, Capaci, Torretta, Carini, Cinisi, Terrasini, Montelepre, Giardinello, Partinico, Borgetto, Trappeto, Balestrate, S. Giuseppe Jato, S. Cipirello, Corleone, Alcamo, Castellammare del Golfo.
I dati raccolti riguardano la tariffa Tarsu per l’anno 2007, in riferimento all’ utenza domestica. Ogni ente prevede “categorie” diverse nei propri regolamenti. La ricerca ha tenuto conto di due indicatori particolari che riguardano la tassa applicata ai residenti e la riduzione applicata ai non residenti. Quest’ultima viene concessa attraverso apposita richiesta scritta, da recapitare presso l’Ufficio Tributi del Comune, nel quale si possiede l’immobile.

sabato 26 aprile 2008

“Non il solito fine settimana”. La straordinaria esperienza di antimafia sociale degli studenti amercani, raccontata da una di loro

di Frances A. Escano

Nel fine settimana generalmente gli studenti che studiano all’estero trascorrono il tempo visitando posti nuovi attraverso l’Europa. Loro trascorrono il loro tempo informandosi,ammirando il luogo che visitano e provando ad entrare in contatto con la città. L’ultima cosa che passa per la loro mente è lavorare, per non parlare del lavoro manuale. L’11 Aprile, 42 studenti hanno deciso di mettere a disposizione della comunità italiana il loro tempo libero, quando sono partiti per Corleone (Italia) per lavorare nelle terre confiscate alla mafia e consegnate alla cooperativa locale di agricoltori.
Nel 2007 la Syracuse University ha lanciato il programma “Semi della Legalità” che comporta il mandare i propri studenti come volontari in Sicilia, in collaborazione con Arci e Regione Toscana.
Da quel momento questo è diventato uno dei viaggi più popolari che la scuola offre. Questo semestre gli studenti volontari sono stati i più numerosi che ci siano stati. Per il soggiorno di tre giorni gli studenti sono stati accompagnati dai professori Alick McLean e Natalia Piombino. La loro prima esperienza è stata quella di visitare Erice e il Tempio di Se gesta. Dopo aver trascorso la giornata in questi posti fantastici hanno raggiunto Corleone dove hanno trascorso una piacevole serata cenando e facendo una passeggiata nel centro.
La mattina seguente sono andati al lavoro. Si sono recati nelle terre vicino al Monte Jato per lavorare nelle proprietà che sono appena state consegnate alla Cooperativa Lavoro e Non Solo.
Il loro lavoro consisteva nel legare le viti ai fili in modo che la vigna produca grappoli. Questa procedura generalmente necessita di un paio di giorni per essere portata a termine ma con l’aiuto degli studenti ci sono volute solamente un paio d’ore. Ma anche il duro lavoro viene ricompensato. I “Lavoratori per un giorno” hanno goduto di un pranzo nei campi e hanno trascorso dei bei momenti con i contadini Salvatore, Bernardo, Franco e gli altri.
La maggior parte degli studenti ha constatato che il lavoro in Sicilia è stata l’attività più gratificante alla quale abbiano partecipato da quando si trovano all’estero. Questa è stata la perfetta opportunità per comprendere la comunità e i costumi e entrare a farne parte.
Come ha constatato Liz Margolis, studentessa della Syracuse University : “ Aiutare nei campi è stata la migliore attività del viaggio. Mi sono sentita veramente come se fossi entrata in contatto con la Comunità”. Popola loro mattinata di duro lavoro si sono recati a Portella della Ginestra a hanno fatto conoscenza con i sopravvissuti al massacro avvenuto nel 1947. Lì hanno appreso gli orrori accaduti in quel giorno di Maggio e l’influenza che la mafia aveva all’interno della comunità. È un ‘ esperienza che ti apre gli occhi perché hanno toccato con mano quanto la mafia possa essere feroce.
Molti studenti hanno appreso che cosa fosse la mafia attraverso i media, soprattutto quelli americani, che ne hanno dato un immagine i film come “Il Padrino” e la serie “I Soprano”. Non avevano idea di quanto potere e influenza potesse esercitare la mafia all’interno della comunità. Sono rimasti sorpresi nel vedere come la mafia abbia impedito alla Sicilia di diventare una società libera. La domenica sono partiti alla volta di Monreale.Hanno visitato la fantastica cattedrale e il monastero. Dopo sono tornati a Palermo e hanno visitato l Martorana e il Ponte Dell’Ammiraglio . Infine hanno preso il treno alle cinque e sono arrivati a Firenze la mattina seguente. Anche se questo non è stato il fine settimana al quale gli studenti sono abituati,è stato uno dei loro preferiti. Come ha detto uno studente” Questo programma ha permesso un’esperienza che terrò dentro di me per il resto della mia vita”.

martedì 22 aprile 2008

ANIMALI, PALERMO: CORONA CON CARDELLINI MORTI E BIGLIETTO DI MINACCE CONTRO LA FORESTALE

LAV: GRAVE GESTO D’INTIMIDAZIONE, INTENSIFICARE I CONTROLLI E REPRIMERE BRACCONAGGIO

Una corona inghirlandata con nove cardellini morti legati con fil di ferro, accompagnata da un biglietto di ingiurie e minacce firmato “I bracconieri di Ballarò”, è stata trovata nei giorni scorsi, ma la notizia è stata diffusa solo oggi, davanti al portone della sede della Forestale Regionale di Villagrazia, a Palermo."Si tratta di un gesto grave e inqualificabile, che evoca lugubri condotte di stampo mafioso, al quale bisogna rispondere con fermezza e decisione - dichiara Ciro Troiano, responsabile dell'Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV, commentando la notizia del gesto intimidatorio subito dai forestali. “Chiediamo al Prefetto e al Questore di predisporre mirati e continui controlli nella zona del mercato e approfondite indagini per assicurare alla giustizia i bracconieri. È ora che la zona di Ballarò ritorni alla legalità – conclude Troiano - anche al costo di sottoporre a sequestro la piazza per impedire lo svolgimento del mercato degli uccelli, così come in altre città è stato fatto per contrastare il fenomeno dei parcheggiatori abusivi”.L’intimidazione è legata all’opera di repressione della Forestale contro i bracconieri e i trafficanti di uccelli che gestiscono il mercato clandestino. A Palermo, infatti, ogni domenica mattina, una parte dell’antico e popolare mercato di Ballarò, è destinata alla vendita di fauna selvatica. Ballarò si contende il primato del più grande mercato illegale di fauna selvatica con quello di Via Brecce a Sant’Erasmo di Napoli. Centinaia di uccelli, tutti appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto fauna selvatica, sono venduti impunemente. Si tratta perlopiù di fringillidi quali cardellini, fringuelli, peppole, verdoni, verzellini, lucherini, ecc., ma si trovano anche pettirossi, merli, tordi, cesene, capinere, passeri, cince, luì, storni, taccole, gazze. Gli animali sono detenuti in condizioni pietose, trasportati in stato di esasperata cattività, tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura, tanto da configurare il reato di maltrattamento di animali!, oltre che i reati specifici previsti per la detenzione e commercio di fauna selvatica o per le violazioni alla normativa Cites.
22 aprile 2008

Indagine sulla sicurezza in Italia. Primo, fermare la mafia

Individuate cinque priorità nell'Indagine sulla sicurezza in Italia condotta dalla commissione Affari costituzionali della Camera: no dei cittadini al termine "microcriminalità", perché non è micro per niente, sì ai riconoscimenti per le forze dell'ordine
ROMA - Prima di tutto contrastare le mafie perché solo in Italia sono così radicate e incidono sulla politica e l'economia. Poi, eliminare il termine 'micro-criminalità' perché non è 'micro' per niente; ristabilire il primato della responsabilità personale; tutelare la dignità delle forze dell'ordine; ricostruire l'autorevolezza dello Stato garantendo anche la certezza della pena. Sono queste le "cinque priorità irrinunciabili" individuate nell'Indagine sulla sicurezza in Italia condotta dalla commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta da Luciano Violante, presentata oggi a Montecitorio.

CONTRASTO ALLA MAFIA - Sinora infatti, si legge nella ricerca, la guerra alla criminalità organizzata non è stata per lo Stato italiano "una priorità permanente". Anzi. "Alcuni interventi legislativi sul processo penale - si denuncia nel documento - hanno reso più difficile nell'ultimo decennio l'accertamento delle responsabilità proprio nei confronti delle grandi organizzazioni criminali". Quello che è mancato sino ad ora, spiegano i commissari, "è un impegno duraturo nel tempo e non limitato al solo aspetto repressivo".

BASTA PARLARE DI MICROCRIMINALITÀ - Una quota assai rilevante dell'insicurezza, dice l'indagine, viene dalle forme definite come microcriminalità e dall'apparente incapacità di contrastarle adeguatamente. Ma questa espressione è "inadeguata" perché in realtà colpisce le persone più deboli ed esposte ed è "offensiva" perché "i cittadini devono avvertire che i reati che turbano da vicino la loro vita hanno nella considerazione delle Autorità un'attenzione adeguata e pari alla preoccupazione che suscita in loro".

RESPONSABILITÀ PERSONALE - Nessun malessere sociale può azzerare la responsabilità individuale. Farlo sarebbe un grave rischio per la democrazia. Si alimenterebbe un senso di impunità per chi delinque e di abbandono per le vittime.

DIGNITÀ OPERATORI SICUREZZA - Spesso non c'è un riconoscimento sociale e pubblico per gli operatori delle forze dell'ordine. E in una politica della sicurezza conta molto l'autorevolezza di chi opera, dal magistrato al poliziotto. Basta con i soli elogi. Servono riconoscimenti concreti.

RICOSTRUIRE AUTOREVOLEZZA STATO E INTERVENTO PUNITIVO - Si è persa l'autorevolezza dell'intervento dello Stato. Arrestare qualcuno per vederlo liberare nel giro di 48 ore non contribuisce a creare nel cittadino un senso di sicurezza adeguato. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra le garanzie per il reo, quelle della vittima e l'esigenza di sicurezza dei cittadini.
22/04/2008

Il centrosinistra in Sicilia

Carmelo Lo Piccolo, Palermo
Come era ampiamente previsto, il risultato delle elezioni regionali ha confermato lo stato di evidente minoranza del centrosinistra siciliano, ma l'entità e le proporzioni della sconfitta appaiono preoccupanti. Si registra un vistoso arretramento rispetto alle elezioni del 2006, ma soprattutto sembra inconsistente la prospettiva di fondo e il senso politico del voto per il Pd e per la Sinistra arcobaleno in Sicilia.
Quello che dovrebbe far riflettere seriamente la dirigenza siciliana del centrosinistra, infatti, è la strutturale incapacità di attrarre e motivare consenso, aggravata peraltro dalla spiacevole sensazione, offerta al proprio elettorato, di considerare la Sicilia una realtà pregiudizialmente negativa, per la quale non vale la pena di impegnarsi più di tanto.
E se al pessimo risultato elettorale si dovesse aggiungere la decisione di Anna Finocchiaro di optare per il seggio al Senato, anziché rimanere in Sicilia a organizzare l'opposizione con Rita Borsellino, la spiacevole sensazione si trasformerebbe in devastante conferma, provocando una ulteriore demotivazione e un forse irrecuperabile scollamento nel già sparuto e scoraggiato elettorato di centrosinistra.
Si sbaglierebbe però a credere che si tratti solo di un problema di persone e di vertici da cambiare. Occorre ammettere che in Sicilia si è radicato storicamente un familismo cinico e amorale e la logica del voto di scambio, del vantaggio immediato e personale, del disprezzo e della derisione del talento e del merito sono diventati i tratti distintivi e innati della società, dove non esiste l'idea di comunità e di bene comune e dove qualunque ceto politico di centrosinistra, che volesse fare politica affermando questi valori, sarebbe condannato comunque alla sconfitta.
Le elezioni hanno confermato questa tara culturale che affligge la Sicilia, se solo si pensa, tanto per fare due esempi, che risultano eletti condannati in primo grado per reati gravissimi e responsabili di veri e propri dissesti finanziari a danno della collettività amministrata e dell'avvenire dei cittadini. Finché questo nodo non sarà sciolto, qualsiasi conquista civile, qualsiasi movimento di riscatto morale, qualsiasi realtà di emancipazione dalla mafia e dal malgoverno che dovessero affermarsi in Sicilia sono a rischio e il centrosinistra perdente a prescindere dalle qualità dei suoi rappresentanti.
La Repubblica
DOMENICA, 20 APRILE 2008

BUONGIORNO NOTTE. La sconfitta

di Gabriele Polo
Niente America, niente duello McCain-Obama all'italiana. Semmai assomigliamo di più alla Thailandia del miliardario Thaksin, col signore delle televisioni che torna prepotentemente al governo a braccetto con lo xenofobo padano. Per continuare - sulla scia delle paure sociali - il lavoro che ha già profondamente trasformato questo paese nella costola più retriva e populista dell'Europa.
Il responso elettorale è pessimo. Talmente brutto che permetterà a Silvio Berlusconi d'incalzare il Pd sul terreno delle riforme plebiscitarie e presidenzialiste. Walter Veltroni deve stare attento a non rallegrarsi per l'attenzione che il Cavaliere gli concederà, in un abbraccio che magari permetterebbe al leader del Partito democratico di assecondare il suo credo bipolarista, finendo però per travolgerlo. Il risultato del Pd non è esaltante: poco sopra a quello dell'Unione di due anni fa solo grazie al voto utile che ha desertificato a sinistra, senza recuperare nulla al centro e a destra. Anzi.
Ma ciò che oggi salta più ai nostri occhi, in maniera netta, è la sconfitta della sinistra, fin dentro il baratro - perdendo tre milioni di voti - della scomparsa parlamentare. I prodromi c'erano tutti, ma non ne abbiamo viste fino in fondo le conseguenze. La Sinistra-l'Arcobaleno ha pagato carissimo il costo di due anni di governo in cui non ha portato a casa quasi nulla di ciò che si aspettavano il suo elettorato e la sua gente. Così ha perso consensi a sinistra, nell'astensionismo e - seppure in misura minore - verso liste minori. Poi è stata penalizzata dalla logica del «voto utile» (a contrastare Berlusconi) dissanguandosi per il Pd. Infine, proponendosi come investimento sul futuro - pensando che una promessa sia un progetto - ha svelato tutto il vuoto di analisi sociale e proposta cultural-politica che ne fotografa oggi le assenze. Si è offerta come un «vuoto da riempire». Gli elettori, che non sono scemi, non le hanno creduto: la composizione delle liste è stata da manuale Cencelli, era evidente la divisione che continuava tra i partiti «promotori» (pronti a sfilarsi un minuto dopo la chiusura dei seggi). Risultato: macerie, che rischiano di seppellire quel poco di pratica comune affrettatamente sperimentata in campagna elettorale.
Da oggi la sinistra è un soggetto extraparlamentare. Non è cosa da niente: scompare ogni argine istituzionale alle strette che si preparano con l'approssimarsi della crisi economica - che già ha spinto a destra molta parte dei soggetti sociali più deboli - e di fronte al trionfo populista e autoritario delle destre. Resta un futuro tutto da costruire: se si partirà dalla lezione subita, ricominciando da zero a praticare il conflitto sociale e capire come dare veste politica a un'ipotesi d'alternativa al quadro liberista, persino una simile sconfitta può diventare un'occasione. Se ci si ridurrà a una resa dei conti tra quadri dirigenti - priva di autocritica (a partire dalla messa in discussione del ruolo di ciascuno) -, allora si diano al turismo. Niente Thailandia, meglio il Nepal.
dal manifesto

Elezioni. Ma per la Sicilia non finisce qui

Tra due mesi si torna alle urne per il rinnovo di 8 Province e 148 Comuni: le candidature entro il 21 maggio, ma già trapelano i primi nomi
PALERMO - Non è terminato il tour de force elettorale per oltre 4 milioni di siciliani che dovranno tornare alle urne il 15 e il 16 giugno prossimi per le amministrative: in ballo c'è il rinnovo di otto Province (esclusa Ragusa) e di 148 Comuni. L'eventuale turno di ballottaggio è fissato per il 29 e 30 giugno.Si dovranno eleggere consiglio e presidente nelle Province di Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani. Sono tre i capoluoghi di provincia che saranno interessati dalla tornata elettorale per il rinnovo dell'amministrazione comunale: Catania, per le dimissioni del sindaco Umberto Scapagnini, Messina, retta da un commissario a seguito dell'annullamento delle elezioni, e Siracusa. Oltre ai capoluoghi, ci sono anche altri 145 i comuni che dovranno rieleggere il sindaco e di questi 108 adottano il sistema maggioritario, mentre nei restanti 37 si voterà col sistema proporzionale.Le candidature dovranno essere presentate entro il 21 maggio, ma già emergono i primi nomi dei candidati alle poltrone di vertice. Alla Provincia di Agrigento il presidente dimissionario (dopo quasi dieci anni) Vincenzo Fontana è stato eletto alla Camera dei deputati. Per la sua successione si parla del vice Santino Lo Presti (Nuovo Psi) o di Piero Luparello (Udc), vicesindaco di Marco Zambuto. Anche a Palermo Francesco Musotto ha lasciato la poltrona da presidente in leggero anticipo (il mandato sarebbe scaduto a giugno) per presentarsi alle regionali dove è stato eletto tra le file di Forza Italia. Un altro esponente azzurro, e cioè Francesco Scoma, era tra i papabili per ricoprire la carica, ma dopo la sua elezione a Palazzo dei Normanni sembra essere saltato tutto. In pole a questo punto c'è l'Udc, ma anche in questo caso, sembra lontana la candidatura di Antonello Antinoro (il più votato alle ultime regionali). Il Pd dopo la disfatta alle regionali sta studiando la situazione. Dopo Filippo Collura, alla Provincia di Caltanissetta, potrebbe arrivare Salvatore Messana, attuale sindaco del capoluogo, anche lui tra le fila del Pd. A Catania, dopo Raffaele Lombardo, eletto presidente della Regione, al posto di presidente della Provincia si è già candidato Totò Leotta, segretario provinciale della Cisl, mentre restano ancora non ufficiali i nomi di Basilio Catanoso (riconfermato deputato alla Camera di An) e Raffaele Stancanelli, eletto senatore. Tra i candidati a sindaco del capoluogo etneo, invece, c'è Filippo Drago del Pdl e Elita Schillaci, attuale sindaco facente funzioni.Potrebbe ripresentarsi alle prossime elezioni Cataldo Salerno (Pd), attuale presidente della Provincia di Enna, ma non ha ancora sciolto il nodo della sua candidatura.A Messina si aspetta ancora un accordo nel Pdl per capire chi sostituirà Salvatore Leonardi, che tornerà a fare il direttore amministrativo del Policlinico. L'Mpa vorrebbe Carmelo Lo Monte, appena eletto alla Camera. Per il Comune in corsa Francantonio Genovese, coordinatore regionale del Pd, sindaco prima dell'annullamento delle elezioni, e Fabio D'Amore, uscito dall'Udc, che si presenterà nella lista civica "Rinascita Messina". Ancora in bilico, invece, la candidatura di Giuseppe Buzzanca di An: molto dipenderà dalle scelte della coalizione anche a livello provinciale.Ancora in alto mare le candidature per Provincia e Comune a Siracusa dopo le dimissioni di Bruno Marziano (Pd) e Titti Bufardeci (Pdl), entrambi eletti a Palazzo dei Normanni. A Trapani il dimissionario, Antonio D'Alì (Pdl), è stato eletto senatore. A questo punto in scena potrebbe andare uno dei pupilli del senatore azzurro, Peppe Poma, attualmente vice presidente, ma bisognerà vedere cosa ne pensa Giulia Adamo, altra forzista, che forse vorrà piazzare un suo candidato. In lizza anche l'attuale sindaco di Castelvetrano, Gianni Pompeo dell'Udc. Per il Pd si fa il nome del senatore Antonio Papania. Si dovranno rinnovare anche sette comuni sciolti per presunte infiltrazioni mafiose: Castellammare del Golfo, Vicari, Torretta, Roccamena, Burgio, Riesi, e Terme Vigliatore. A completare il quadro anche le elezioni dei consigli circoscrizionali, riguardanti i comuni di Catania, Lipari, Messina, Comiso, Augusta, Carlentini, Siracusa e Castellammare del Golfo.

venerdì 18 aprile 2008

La sconfitta della sinistra. Indagare le nostre responsabilità. Per ricominciare

di CLAUDIO FAVA
Anzitutto prendiamoci la nostra parte di responsabilità. Quando si perde nel modo in cui Sinistra Arcobaleno ha perso, precipitando dal 13 per cento di cui ci accreditavano un anno fa a poco più del 3 per cento, occorre guardare in casa propria. Tutto il resto (Veltroni, il "voto utile", la dispersione a sinistra, i silenzi stampa...) sono dettagli. Non s'è inceppato un fucile: abbiamo sparato a salve. Allora, vi dico come la vedo io, senza presunzione di verità: diciamo, un contributo alla discussione.
Punto primo: Sinistra Arcobaleno era vecchia. Anagraficamente vecchia. Età media dei capilista camera e senato ben oltre i cinquant'anni. Siamo vecchi di mestiere: ceto politico, non migliore né peggiore di altri ma incapace di interpretare una richiesta di rinnovamento profondo che arriva dal paese reale. Siamo vecchi nel linguaggio, prevedibili, stanchi, confusi, ripetitivi, autoreferenziali. A tratti, credo, insopportabili. Un esempio: la "lotta di classe", evocata da Bertinotti e con lui da tanti: concetto non errato in sé ma irrimediabilmente datato. Oggi il paese conosce un conflitto sociale più disperato di quello ch’è descritto dalla lotta di classe. E la linea della disperazione è interclassista, passa tra i ricercatori universitari e i cassintegrati. Non c'è più una classe offesa e oppressa: a vivere sotto la linea di galleggiamento è un terzo del paese: piccola e media borghesia, pensionati, operai, giovani laureati, immigrati... Eppure molti di noi hanno continuato a insistere su una categoria politica di forte identità ma di scarsa realtà, come un karma da ripetere all'infinito per riempire le piazze vuote.
Punto secondo: l'essere comunisti. Dice Diliberto che "l'80 per cento di Sinistra Arcobaleno era composta da comunisti" e che dunque male abbiamo fatto a rinunciare a falce e martello. Ecco: questa è lo spirito della casta, credere che cucendosi sul petto la parola "comunista" si assume per diritto divino la rappresentanza politica degli operai, dei disoccupati, dei precari, dei pensionati, dei disperati o di chi semplicemente vuol vivere in un paese migliore... Qualcuno è cosí presuntuoso da immaginare che a Sesto San Giovanni abbiamo perso perchè non c'erano falce e martello accanto all'arcobaleno? O perchè i comizi non li concludevamo a pugno chiuso? "Noi comunisti" sento dire da taluni compagni: noi chi? Gli eletti? I militanti? Gli elettori? Pensiamo davvero che gli operai del nordest e i clientes di Lombardo ci hanno preso a pernacchie perchè non ci siamo proclamati orgogliosamente comunisti? Ma in che paese vivono codesti "comunisti"?
Punto terzo: la candidatura di Fausto Bertinotti. Lo dico, a scanso di equivoci, con grande rispetto e gratitudine per Bertinotti, per la responsabilità che si è assunto, per la sua scelta di investire la propria storia e la propria faccia in un difficilissimo processo unitario. Lasciamo agli amici di Grillo lo sfottò sul cachemire e sulla erre moscia, ma resta un fatto: quella candidatura, il linguaggio con cui si è rivolta al paese, la sensazione insopprimibile che anche il presidente della Camera fosse parte (una tra le migliori...) di un vecchio ceto politico: tutto questo non ha aiutato. Nell'indicazione di Bertinotti c'è stata, soprattutto, la scelta di non rischiare, di non osare candidature che avessero il sapore d'un tempo nuovo, di linguaggi più sfrontati, di raccontare e rappresentare un paese cambiato. E' stata una decisione da burocrazia politica: e l'abbiamo pagata.
Insomma, siamo apparsi vecchi. Uno dei vizi della vecchiaia è l'istinto di sopravvivenza, smarrire ogni generosità, vivere alla giornata. E' quello che adesso rischia di accadere: per qualcuno sarà più facile tornare nelle proprie ridotte, tirar fuori i vecchi vessilli, contarsi e ricontarsi pregustando che ad ogni giro il numero si assottigli sempre di più. Del resto, qualcuno aveva già cominciato a farlo. Abbiamo consumato quest'anno a emendare le virgole nei comunicati dei segretari, a fare mezzo passo avanti e due passi indietro, a ridurre la Sinistra Arcobaleno a un repertorio di nomenclature. Né uniti né plurali: insieme per caso. Dentro liste costruite a tavolino con la solerzia dei farmacisti, questo lo piazzo qui, quest'altro lo metto lì, tanto i voti sono nostri, sicuri come spiccioli in banca, viatico per elezioni sicure...
Che fare adesso? La prima cosa: evitare che siano i partiti a dettare tempi e modi della discussione, per poi gestirla nel chiuso dei propri organismi aspettando la resa dei conti dei congressi. Se così fosse, alla fine - qualunque fosse la fine - ci ritroveremo più magri e più soli di prima. Occorre una fase costituente a sinistra che, certo, va anzitutto condivisa con i partiti (con chi ci sta: gli altri tornino pure alle loro storie private) ma che sia gestita fuori, altrove, in luoghi e con percorsi da individuare. Insomma, occorre un processo di democrazia dal basso, senza "costituenti" nominati per cooptazione, senza padri nobili, senza quote da dividersi tra partiti e società civile.
Seconda urgenza: servono regole capaci di restituire visibilità, partecipazione e coinvolgimento a una sinistra diffusa che esiste e che ha scelto di non votarci non per aver abbandonato i nostri simboli ma per esserci rivelati superflui, autoreferenziali, rinchiusi nelle nostre stanze, capaci semplicemente di fabbricare comunicati stampa e di aggiornare organigrammi. Questa sinistra sociale ampia, larga, diffusa ma fino ad oggi esclusa, va rimotivata offrendole responsabilità e sovranità sul processo. Un processo che sia inedito nelle pratiche, fortemente democratico, solido nei contenuti, capace di parlare al paese reale e di farsi ascoltare. Perdonatemi, ma altra via non vedo. Se anno zero dev'essere, che lo sia anche in positivo, scegliendo ciò che non va fatto più e ciò che non va più rinviato.

LA MAFIA ESISTE MA ANCHE L’ITALIA. A Velletri (Toscana) mostra di foto e prodotti delle terre siciliane confiscate alla mafia

Cinque giorni di immagini dedicate alla lotta alla criminalità organizzata e al ritorno alla legalità delle terre confiscate alla mafia, oggi gestite da piccole cooperative coraggiose che producono olio, pasta e pomodoro col nome Libera Terra.
A Velletri il 26 e 27 aprile, e a seguire il 2, 3 e 4 maggio, Porta Napoletana ospiterà una mostra di fotografie e prodotti organizzata dai soci Coop a testimonianza di questo impegno verso il riscatto sociale. Sabato 26 aprile alle ore 18 l’attrice Marina Viganelli interpreterà “Pasta Libera per uomini liberi. La storia bella del grano, del vino e dell’olio del riscatto sociale”. Al termine degustazione di prodotti Libera Terra.
La maggior parte delle foto sono state scattate a Corleone (PA) dove da quattro anni l’Arci Toscana organizza i campi di lavoro “LiberArci dalle Spine”. Da giugno a ottobre un centinaio di ragazzi e ragazze dai 16 ai 24 anni d’età trascorrono a Corleone e a Canicattì due settimane come volontari, dando un aiuto concreto a due cooperative locali: la Lavoro e Non Solo e la Placido Rizzotto che insieme partecipano a Libera, l’associazione di nomi e numeri contro le mafie fondata da Don Luigi Ciotti.
Le giornate dei ragazzi corrono veloci: sveglia presto, duro lavoro sotto il sole e nel pomeriggio incontri con politici e associazioni che combattono la mafia. Come quello a Portella della Ginestra, con i due anziani sopravvissuti alla strage del 1° maggio del 1947, quando la banda di Salvatore Giuliano sparò sulla folla di braccianti uccidendo 11 persone.
I volontari a Corleone dormono in una palazzina di tre piani in centro confiscata a Bernardo Provenzano, il boss dei boss, arrestato l’11 aprile 2006 in una masseria appena fuori dal paese. Un secondo ostello con maneggio è nato nel podere della famiglia Brusca, nella valle dello Jato, ed è dedicato alla memoria di Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo, il bambino rapito da Brusca nel ’93 e brutalmente ucciso nel 1996.
I prodotti di queste terre sono pasta, farina, legumi, vino, passata di pomodoro e taralli. Si trovano in vendita in tutti i supermercati Coop d’Italia e nel circuito delle Botteghe del Mondo con il marchio Libera Terra. Unicoop Tirreno acquista i prodotti di Libera dal 2003. Lo scorso anno ha venduto circa 20.000 pacchi di pasta e 4.000 bottiglie di vino, acquistando dalle due cooperative circa 70.000 euro di merci. Dallo scorso anno inoltre Unicoop Tirreno è socio sostenitore della coop. Lavoro e Non Solo di Corleone.
La vita delle cooperative non è affatto facile. A Corleone i campi confiscati (in tutto 120 ettari) sono spezzettati sul territorio e a volte per passare da l’uno all’altro si deve attraversare le terra del proprietario a cui sono stati tolti. Un incendio lo scorso luglio ha distrutto l’intero raccolto di lenticchie per un danno di oltre 30.000 euro e ad una delle vigne qualcuno ha strappato, in modo certosino, tutte le gemme nuove: risultato, quest’anno l’uva non ci sarà.
Beatrice Ramazzotti
Ufficio stampa Unicoop Tirreno

Per informazioni visitare i siti internet: http://www.liberaterra.it/; http://www.arci.it/; www.regione.toscana.it . Il diario giornaliero dei ragazzi può essere letto sul sito www.intoscana.it, alla voce blog “Liberarci dalle spine”.
FOTO. L'agriturismo Jato assegnato alla Coop Lavoro e non solo.

giovedì 17 aprile 2008

Comunisti, unitevi! Appello agli orfani dell'Arcobaleno

Il colpo è stato duro. E la ferita brucia. A tre giorni dal risultato elettorale che ha decretato la cacciata dei comunisti dal Parlamento, c’è chi prova a rialzarsi. Al grido di «Comunisti di tutta Italia unitevi», cento personalità del mondo della cultura, dell’arte e del lavoro chiamano a raccolta gli orfani della Sinistra Arcobaleno.


Per farlo hanno aperto un sito, www.comunistiuniti.it, pu
bblicato un’inserzione pubblicitaria su alcuni quotidiani italiani e soprattutto hanno fatto un appello «ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del Prc e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia». In sintesi dicono: «Il risultato della Sinistra Arcobaleno è disastroso e ha radici assai più profonde del mero richiamo al “voto utile”». Dunque, «ricominciamo da noi».

Chi ha sottoscritto l’appello non condivide «l’idea del soggetto unico della sinistra di cui alcuni chiedono ostinatamente una “accelerazione”, nonostante il fallimento politico-elettorale». Propongono invece «una prospettiva di unità e autonomia delle forze comuniste in Italia, in un processo di aggregazione che, a partire dalle forze maggiori (PRC e PdCI), vada oltre, coinvolgendo altre soggettività politiche e sociali». Non si escludono unioni d’intenti future, «ma – chiariscono – tale sforzo unitario a sinistra avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione di un partito comunista forte e unitario, all’altezza dei tempi».

Secondo i promotori del progetto Comunisti Uniti, dunque, quello che si deve avviare è «un processo aperto e innovativo, volto alla costruzione di una “casa comune dei comunisti”. Un processo – proseguono – che fin dall’inizio si caratterizzi per la capacità di promuovere una riflessione problematica, anche autocritica». E non si tirano indietro nell’indicare quali sono i nodi da sciogliere: «le ragioni per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della “rifondazione comunista” non sia stata capace di costruire quel partito comunista di cui il movimento operaio e la sinistra avevano ed hanno bisogno»; il perché «quel processo è stato contrassegnato da tante divisioni, separazioni, defezioni che hanno deluso e allontanato dalla militanza decine di migliaia di compagne/i»; i motivi «che hanno reso fragile e inadeguato il radicamento sociale e di classe dei partiti che provengono da quella esperienza»; e infine «gli errori che ci hanno portati in un governo che ha deluso le aspettative del popolo di sinistra: il che è pure all’origine della ripresa delle destre».

L’idea ha già preso piede. Tra i primi a sostenerla ci sono l'operaio della Thyssen e esponente del Pdci Ciro Argentino, l'astrofisica Margherita Hack, il filosofo Gianni Vattimo, il filologo Luciano Canfora, il conduttore radiofonico Marco Baldini, il vignettista Vauro, l'attore Bebo Storti, e molti altri. Il sito www.comunistiuniti.it - rilevano i promotori – ha ricevuto in poche ore seimila contatti. Ora si tratta di fare uno sforzo in più. Innanzitutto quello di aderire all’appello. E poi quello di contribuire al progetto, magari con una sottoscrizione o organizzando incontri e momenti di discussione aperta «in ogni città, territorio, luogo di lavoro e di studio, ovunque vi siano un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza che non considerano il capitalismo l’orizzonte ultimo della civiltà umana». Insomma, chi c’è, batta un colpo.
L'Unità 17.04.08

martedì 15 aprile 2008

Sicilia, gli eletti al Senato e alla Camera 1

ELETTI SENATO SICILIA

MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA ALL. PER IL SUD

PISTORIO GIOVANNI Eletto OLIVA VINCENZO Eletto

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

SCHIFANI RENATO Eletto NANIA DOMENICO Eletto VIZZINI CARLO Eletto FIRRARELLO GIUSEPPE Eletto D'ALI' ANTONIO Eletto BATTAGLIA ANTONIO Eletto CENTARO ROBERTO Eletto FERRARA MARIO FRANCESCO Eletto FLERES SALVATORE Eletto STANCANELLI RAFFAELE Eletto VICARI SIMONA Eletto ALICATA BRUNO Eletto GALIOTO VINCENZO Eletto

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

GIAMBRONE FABIO Eletto


PARTITO DEMOCRATICO

LUMIA GIUSEPPE Eletto BIANCO VINCENZO ENZO Eletto PAPANIA ANTONINO Eletto SERAFINI ANNA MARIA Eletto CRISAFULLI VLADIMIRO ADOLFO BENEDETTO Eletto ADRAGNA BENEDETTO Eletto GARRAFFA COSTANTINO Eletto

UNIONE DI CENTRO

CUFFARO SALVATORE TOTO' Eletto D'ALIA GIAMPIERO Eletto ANTINORO ANTONIO ANTONELLO Eletto

ELETTI CAMERA SICILIA OCCIDENTALE

PARTITO DEMOCRATICO

FIORONI GIUSEPPE Eletto SIRAGUSA ALESSANDRA Eletto CAPODICASA ANGELO Eletto D'ANTONI SERGIO ANTONIO Eletto MARTINO PIERDOMENICO Eletto CARDINALE DANIELA Eletto CARRA ENZO Eletto

DI PIETRO ITALIA DEI VALORI

ORLANDO LEOLUCA Eletto

UNIONE DI CENTRO

CASINI PIER FERDINANDO Eletto ROMANO FRANCESCO SAVERIO Eletto MANNINO CALOGERO Eletto

MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA ALL. PER IL SUD

LOMBARDO RAFFAELE Eletto

IL POPOLO DELLA LIBERTA'

BERLUSCONI SILVIO Eletto FINI GIANFRANCO Eletto MICCICHE' GIOVANNI Eletto ALFANO ANGELINO Eletto SCALIA GIUSEPPE Eletto LA LOGGIA ENRICO Eletto FALLICA GIUSEPPE Eletto MISURACA SALVATORE DORE Eletto LO PRESTI ANTONINO Eletto MARINELLO GIUSEPPE FRANCESCO MARIA Eletto GIUDICE GASPARE Eletto FONTANA VINCENZO ANTONIO Eletto CRISTALDI NICOLO' Eletto

Anche a Corleone stravincono Berlusconi e Lombardo

CORLEONE

CAMERA DEI DEPUTATI

La Destra fiamma tricolore 149 – 2,26%

La Sinistra Arcobaleno 84 – 1,27%

Partito Comunista dei lavoratori 18 - 0,27%

Partito Socialista 19 – 0,29%

Partito Democratico 1.338 – 20,29%

Italia dei Valori 127 – 1,93%

Forza Nuova 20 – 0,30%

Partito Liberale Italiano 10 – 0,15%

Per il bene comune 12 – 0,18%

Sinistra critica 23 – 0,35%

U. Democratica Consumatori 15 – 0,23%

Ass. Difesa della vita 31 – 0,47%

U.D.C. 1.194 – 18,11%

Movimento Autonomia 485 – 7,36%

Il Popolo della Libertà 3.068 – 46,53%

Bianche 286 – 3,95%

Nulle 369 – 5,09%

SENATO DELLA REPUBBLICA

Movimento Autonomia 433 – 7,45%

Il Popolo delle Libertà 2.774 – 47,74%

Italia dei Valori 110 – 1,89%

Partito Democratico 1.174 – 20,20%

Unione Democratica Consumatori 16 – 0,28%

Forza Nuova 15 – 0,26%

U.D.C. 1.077 – 18,53%

Per il Bene Comune 15 – 0,26%

Partito Comunista dei Lavoratori 25 – 0,43%

La Sinistra Arcobaleno 63 – 1,08%

P. del Sud Alleanza Meridionale 2 – 0,03%

La Destra fiamma tricolore 69 – 1,19%

Sinistra Critica 15 – 0,26%

Partito Liberale Italiano 7 – 0,12%

Partito Socialista 16 – 0,28%


Schede Bianche 264 – 4,12%

Schede Nulle 338 - 5,27%

ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

PRESIDENTE

Amici di Beppe Grillo

Sonia Alfano Presidente 62 – 0,90%

Sicilia

Raffaele Lombardo Presidente 5.368 – 77,67%

Destra Fiamma Tricolore 29 – 0,42%

Forza Nuova 5 – 0,07%

Cambia Volto della Sicilia

Anna Finocchiaro Presidente 1.447 – 20,94%

LISTE

U.D.C. 1.460 – 21,52%

Forza Nuova 4 – 0,06%

Italia dei Valori 117 – 1,72%

Sicilia Forte e Libera 404 5,95%

Mpa 873 – 12,87%

Amici di Beppe Grillo 34 – 0,50%

La Destra Fiamma Tricolore 16 – 0,24%

Il Popolo della Libertà 2.718 – 40,06%

Partito Democratico 942 – 13,88%

Democratici Autonomisti 50 – 0,74%

A. Finocchiaro per la Sicilia 61 – 0,90%

La Sinistra Arcobaleno 106 – 1,56%

Schede Bianche 121 - 1,67%

Schede Nulle 223 - 3,07%

sabato 12 aprile 2008

Jovanotti, domani faccio il pieno

Intervista a Lorenzo Cherubini di Toni Jop

Sentite questo pensiero, è quasi una canzone, un mezzo rap: «Mettiamola così, io sono di sinistra ma...c’è stato in Italia un momento particolare, un momento forte e chiave. Quella intuizione di Moro e Berlinguer...una intuizione giusta...frenata come i fatti che cambiano la storia...da una pallottola, la stessa che ha ucciso Kennedy. Io sono di sinistra, ma penso che il paese...»: contenti? Manca la musica ma il testo è di Jovanotti, anzi, non è neppure un testo nel senso programmatico del termine, gli è venuta fuori così mentre si parlava del più e del meno. Lorenzo è un tipo strano, per questa Italia nevrastenica, sempre più in bilico tra depressione ed euforia. Distante da questa sindrome binaria, si muove con saudade brasilera nell’onda delle nostre cose e ne rintraccia il ritmo, un rap appoggiato a un feeling che sa di samba. È all’incrocio tra queste due scritture dell’anima che costruisce le sue cellule poetiche, quasi transistor con due ingressi e una uscita: speranza e delusione, i primi due, tenerezza l’uscita. Cellule non immediatamente anti-sistema, ma preziosi salvagenti e in quanto tali resistenze allo spasmo del sistema che pretende un riciclaggio veloce e senza tentennamenti della materia umana. In altre parole: il cinismo sovrano ti stomaca? Ascolta Jovanotti e la nausea ti passa, almeno per un po’, senza perdere lucidità, anzi...e questo è il tempo che volevano portarti via...

Lorenzo, dicevi di Moro e Berlinguer. Va bene, vai avanti...

«Niente, ho seguito in tv, l’altra sera, un vecchio discorso di Moro. Toni datati, è vero, ma i contenuti no: parlava di uno Stato che fa le leggi e lascia libertà ai cittadini all’interno di un sistema di regole condivise. Nulla di meno ideologico, un gran senso pratico della politica figlio di una visione forte...».

Insomma, hai provato stima e l’hai appesa a una zattera di sorprendente nostalgia...

«È questo il punto: neanche un po’. Perché Veltroni ha ripreso questo filo che c’era già, era rimasto in Via Fani. Serviva qualcuno che riannodasse Moro e Berlinguer al presente. È un credito che avevamo con la storia, non ti sembra?».

Se c’è un modo rock di entrare nel nostro album di famiglia, l’hai trovato. E chi lo sapeva che riuscivi a mettere insieme illuminismo e romanticismo senza battere ciglia?

«Intanto, Veltroni è pop e a me piace che lui abbia questo ritmo nelle vene. Poi, è Walter che sta mettendo assieme i pezzi, in questo caso, con la sinistra, il centro, il centro del paese, quello senza il quale, così dice la storia, non si governa in Italia. Ma è un centro sensibile, disposto ad aprirsi che va solo aiutato a vincere la paura, ma pensa in termini moralmente non aggressivi...Lasciatelo dire da uno che è nato e cresciuto in una famiglia cattolica osservante. Mio padre ha lavorato per cinquant’anni in Vaticano...».

E cosa voterà tuo padre?

«Novità: voterà Veltroni, voterà Partito Democratico e in passato è uno che si è sempre rifiutato di votare per i partiti della sinistra. Ha settantatre anni e, giuro, con la sua decisione io non c’entro: ha trovato che Walter è credibile e che non è in contraddizione con la sua tradizione umanistica della politica...».

E poi, ammettiamolo: c’è, in questo cattolicesimo italiano progressista la capacità di esprimere una radicalità che invece di tanto in tanto viene meno in chi esce dalla cultura politica, molto più machiavellica, del Pci. Infine, questo voto è un imbuto col collo molto stretto...

«È un voto importante. Mi va di dire che è decisivo, che è l’ultimo appello...».

Nei confronti di chi, del paese?

«Del paese, certo, ma anche della politica. Come altri artisti, giro molto. Contatto una quantità enorme di persone, giovani soprattutto. Mi sono fatto un’idea del paese che abbiamo attorno...».

Bravo, chiudi gli occhi e racconta...

«Scusa, ma gli occhi li apro, parlo meglio. Mi pare di aver a che fare con una paese complesso ed estremo, molto più che in passato. Ci sono energie vitalissime, un mondo di ragazzi che amano lo studio, che vogliono fare, cambiare le cose e che invece giorno dopo giorno fanno i conti con la delusione globale di questi bellissimi istinti che sono sogni, competenze, progetti, voglie. Dall’altra c’è una politica che non sa rispondere a queste energie, una classe politica che non sa raccogliere questi segnali...».

Intanto, grazie per non esserti accodato al piagnisteo sulla tristezza del presente e sulla bellezza di un passato eroico...

«Credimi, dico davvero quando sostengo che questa è l’ultima occasione, per noi italiani. Dobbiamo cambiare e, ora, Veltroni sembra in grado di promuovere questo cambiamento. Sarà bene smetterla di trastullarci nella mitologia che tiriamo fuori dal cassetto ogni volta che stiamo male: madonna che popolo creativo, fantasioso, speciale, capace di inventare il bello, siamo unici al mondo. Tutte balle, se non cambiamo la struttura paese. E chi l’ha detto che, sulla terra, abbiamo l’esclusiva della immaginazione, della fantasia e della creatività? Se ci lasciamo schiacciare, come sta avvenendo, perdiamo le nostre storiche qualità e altri vengono avanti, più bravi di noi, adesso, a fare le cose che a noi un tempo venivano bene».

Hai visto Berlusconi l’altra sera in tv?

«Sì, l’ho visto. Mi è sembrato il vecchio Berlusconi, ho pensato che la sua forza sta nel fatto che incarna un tipo di Italia che esiste e trae vantaggio da quella particolare visione delle cose, dinamica ma poco rispettosa delle regole, sbruffona, sveglia in un certo senso. E sa raccontare l’Italia agli italiani, così affascina...».

Mi viene in mente uno di quei miracolosi prototipi cinematografici di italiano meschinello che quel mostro di Sordi ci ha regalato...

«Solo che Sordi ce li mostrava per dirci: attenti, siamo anche questo, mentre Berlusconi suggerisce: forza, governiamo con questo. Infatti, per molti rappresenta un modello di virtù e di talento. Ma non mi piace parlare di Berlusconi...».

Anche tu? Fai pure a meno di parlarne, ma sta lì, hai voglia a far finta di niente...

«Dico la verità: il fatto è che ne parlo storicizzandolo, non riesco a pensare che sia ancora lui l’interlocutore...».

Mettitela via, è lui..

«Per me è una stranezza che l’uomo da battere sia ancora lui. Ogni volta che ci penso mi ritrovo in un pensiero labirintico. Ho letto Nanni Moretti sulla Repubblica...sono d’accordo: Berlusconi esiste perché esiste lo spettacolo, lui è lo spettacolo, come Veltroni, per me, è la bella politica...».

Bisogna capire se vincerà lo spettacolo o la bella politica...Ma quanto ti piace Walter?

«Lo seguo da anni. Quante volte mi sono chiesto: tocca a lui, lui ce la può fare e invece niente. È stato un ottimo sindaco di Roma ma lo volevo a Palazzo Chigi. Oggi tocca a Walter: è come un cuoco che ha messo assieme una ricetta nuova sì, aggregando condimenti noti e ora si appresta a cucinare il piatto principale. Lo vedo così. Lo vedono così anche un sacco di ragazzi che non avrebbero mai votato e che invece lo faranno...».

Segui anche l’Unità?

«La leggo. E domani faccio il pieno, tranquilli».

L'Unità, 12.04.08

Walter Veltroni. Il miracolo? Si può fare...

di Edmondo Berselli

Il successo del tour elettorale. La scelta finale degli indecisi. La proposta di tagli alla politica per un miliardo. Il leader del Pd punta sulla vittoria. Colloquio con Walter Veltroni

A poche ore dal voto il candidato Walter Veltroni, leader del Partito democratico, è sereno, tranquillo, rilassato. Come sta? "Benissimo. Godo di una forma fisica inspiegabile". Eppure ha completato il tour delle cento province, ha preso parte a riunioni su riunioni, ha inseguito Silvio Berlusconi per un match televisivo che il capo del Pdl non aveva nessuna voglia di fare: insomma, avrebbe il diritto di essere esausto. Oltretutto, i sondaggi danno una situazione statica delle preferenze degli italiani. Se il Pd avesse davvero finito la benzina, si andrebbe verso una soluzione elettorale scontata. Un esito fisiologico, prevedibile, previsto, senza sorprese.

Solo che Veltroni non ci crede. Veltroni è fiducioso. Anche in questi ultimissimi giorni di campagna, Veltroni è andato diritto per la sua strada, senza prestare orecchio a cassandre e annunci funebri. Perché è convinto che si possa ricostituire un rapporto con la politica. Nel nome della razionalizzazione della spesa pubblica, di costi politici dal volto umano.

Candidato Veltroni, lei combatte non solo contro la destra, ma anche contro la ventata di antipolitica, di delusione, di disincanto che minaccia di tenere gli elettori lontani dalle urne.
"Facciamola diventare ragionevole, la politica italiana. In base al nostro 'decalogo' vediamo che si può risparmiare un miliardo di euro, riducendo il numero di parlamentari, tagliando le retribuzioni a un livello europeo, segnalando anche simbolicamente la fine dei privilegi. Dopo di che, si tratterà di vedere se a destra ci sono progetti simili o solo chiacchiere. E quindi affidare la valutazione su questi progetti ai cittadini elettori, fuori dalle astrazioni dei sondaggi".

Però ce lo deve spiegare, perché non crede ai sondaggi.
"Non è che non ci credo. Solo che a ogni elezione i sondaggi sbagliano, dopo di che ci si dimentica che hanno sbagliato e su che cosa hanno sbagliato. Le indagini demoscopiche si basano su una scienza quantitativa, deterministica, ma in ogni espressione del consenso c'è un margine di imponderabilità. La politica smuove settori profondi della società e delle percezioni collettive, dando luogo a spostamenti che non sono sempre registrabili con nitidezza".

Ragionevole, ma di qui a negare che il Pdl sia apparso in vantaggio netto e stabile fino al canonico blackout sondaggistico delle ultime due settimane.|
"E che cosa dicevano gli ultimi sondaggi prima delle elezioni del 2006? Che il centrosinistra era in vantaggio di sei punti, per tutti i sondaggisti all'unisono. In realtà i sondaggi non riescono a intercettare una diffusa stanchezza per i lessici del passato, e quindi l'apprezzamento per il nuovo".

Dove il nuovo sarebbe il Pd e il passato Berlusconi?

"Provi lei a spiegare perché tanta gente è venuta nelle piazze e nei teatri, costringendoci a uscire dalle sedi prefissate. La ragione per cui abbiamo incontrato tanto entusiasmo, tanta simpatia, e suscitato tanta attenzione. Nel Nord, nel Sud, dappertutto. Commenti unanimi, mai vista tanta gente. A Varese e a Milano come a Lecce o a Matera".

Si è sentita echeggiare molte volte la sentenza di Pietro Nenni, "Piazze piene, urne vuote"

"Vorrei sapere che cosa avrebbero detto, gli antipatizzanti, se ci fossero state le piazze vuote. Ci avrebbero garantito urne ancora più vuote? No, c'è stata una mobilitazione significativa perché è stata percepita la novità della nostra campagna. Lo abbiamo visto negli spazi occupati dai simpatizzanti, dalla gente comune nelle città, ma anche nelle dimostrazioni spontanee, nei piazzali degli autogrill, davanti al pullman".

Che bilancio si può trarre allora della decisione di correre da soli? Si è trattato di una innovazione politica che interrompeva lo schema precedente, e che poteva risultare traumatica.

"Avevo cercato di fare un calcolo sugli effetti di quella decisione, valutandone costi e benefici. Ciò che non avevo previsto è stato il senso di liberazione che ciò ha determinato. Come se l'andare da soli, con un proprio programma, sulla scorta delle proprie idee consentisse finalmente di fare ciò che prima non era riuscito, di recidere mediazioni estenuanti, di andare dritti al punto".

Probabilmente perdendo una parte di elettorato tradizionale, quello sicuramente di sinistra.

"Sarà un caso, ma non appena abbiamo chiuso il rapporto con la sinistra radicale le piazze si sono riempite di giovani. E gli applausi più convinti sono sempre venuti sulle parti del programma dove parliamo con maggiore severità: sulla sicurezza, sui doveri".

I critici più a sinistra la considererebbero la prova che il Pd è un partito di centro.

"Siamo un partito riformista, come in altri Paesi europei. Ed è proprio questa caratteristica che innova l'ambiente politico del nostro paese".

Per la verità Berlusconi negli ultimi giorni dice che siete rimasti gli stessi e ha rispolverato l'armamentario anticomunista.

"Per la verità è la destra a essere rimasta senza armi. Ci ha provato, a ritirare fuori la polemica contro il fattore K, contro Stalin, la menzogna rossa, le doppie verità dei comunisti: ma non funziona, è solo un dagherrotipo, non la fotografia della situazione reale".

E nel paese reale che cosa rappresenta il Pd?

"Diciamo in primo luogo che con la decisione di correre da soli noi abbiamo realizzato, esclusivamente con la politica, un pezzo di riforma istituzionale. Il governo che uscirà dalle elezioni sarà un governo di tipo europeo, in grado di governare per la legislatura. In più si è realizzato un passaggio generazionale: io ho l'età che hanno mediamente i leader politici europei. E questo è un elemento politico, non solo anagrafico".

Questa bisogna spiegarla, perché non è intuitiva.

"All'Italia in tutti questi anni, tranne che nel 1996, è mancata l'idea e la prospettiva di elezioni capaci di aprire un ciclo politico. Quello che è avvenuto con Reagan, la Thatcher, Clinton, Blair. Quando si va a votare e si capisce che non si vota solo per un uomo, ma per aprire una fase".

Lei vuole insinuare che non si va da nessuna parte con un leader come Berlusconi che a fine legislatura avrebbe 77 anni.

"Voglio dire che dobbiamo uscire dalla condizione frustrante in cui l'alternanza significa la coazione a votare contro il governo uscente. Perché il lavoro da fare sull'Italia è impressionante, richiede anni di impegno, dato che ci sono da smantellare poteri illegali, assetti corporativi, barriere, protezioni, rendite, privilegi. E quindi è bene che la politica abbia davanti a sé un orizzonte temporale adeguato".

Alcuni sostengono che la linea del Pd sarebbe stata più efficace se il 'correre da soli' fosse stato vero fino in fondo. Cioè senza l'accordo con Antonio Di Pietro e l'Italia dei valori.

"No, non capisco. L'Idv ha sottoscritto e firmato un programma, e nel prossimo Parlamento ci sarà un gruppo parlamentare unico. Questo è un cambiamento reale. Nella legislatura scorsa c'erano 14 partiti. Un gruppo unico significa: niente anticaglie compromissorie come i vertici di maggioranza, niente cerimonie, liturgie, mediazioni; quindi linearità rispetto alla volontà degli elettori. Tanto per dire, Di Pietro ha firmato un programma in cui si dice che si possono certamente disporre le intercettazioni telefoniche, per ragioni di sicurezza, ai fine delle indagini, ma il magistrato che le dispone è responsabile che non finiscano sui giornali. È garantismo questo o no?".

Vediamo quali sono i punti davvero critici per il Pd. Lei ha fatto un ampio viaggio nel Nord del paese. Dove non si direbbe che l'atteggiamento verso la sinistra sia proprio favorevole.

"La mia impressione è invece che sia caduto un muro. Vede, Romano Prodi ha fatto un grandissimo lavoro: è un uomo di Stato, ha risanato i conti pubblici per la seconda volta. Chi nega questo risultato fa della propaganda. Il suo problema è che non aveva una maggioranza riformista coerente. C'era una parte dell'Unione il cui obiettivo era poter dire 'anche i ricchi piangono', in seguito alle tasse. Invece il nostro compito consiste nell'investire su chi produce ricchezza: la piccola e media impresa, l'agricoltura, l'artigianato e il commercio. Questa parte di paese vuole un paese più semplice e dinamico. Vuole uno Stato più rapido e più lieve".

A proposito di punti deboli, anche la classe operaia si orienta in maggioranza a destra, dicono le ricerche.

"Cerchiamo innanzitutto di sfuggire ai luoghi comuni. Secondo alcune interpretazioni i lavoratori erano orientati a una politica conflittuale, contestativa: e poi si è visto che all'80 per cento hanno votato sì al pacchetto del welfare. Non ci vuole molto a capire che nelle aree più dinamiche del paese imprenditori e lavoratori dipendenti condividono lo stesso modello culturale, si sentono vicini, magari si scontrano sui casi concreti ma trovano soluzioni funzionali allo sviluppo delle imprese. Per questo oggi ci vuole un patto tra i produttori e occorre estendere la concertazione alle piccole e medie imprese".

Nella realtà c'è la precarietà del lavoro.

"Il primo provvedimento legislativo che presenteremo sarà proprio orientato a intervenire su questo problema. Che viene spesso sottovalutato come una specie di fattore fisiologico del mercato del lavoro: fino a quando non capita, come è capitato a me, di incontrare una signora, con ottime qualità culturali e professionali, una donna che ha alle spalle 27 anni di contratti da precaria. E allora non c'è liberalizzazione che tenga, ci sono drammi personali, difficoltà esistenziali. Sarà il caso di affrontare anche questa sfera della modernizzazione, o no?".

Quali sono i punti di maggiore importanza incontrati e verificati durante questa campagna elettorale, nella consapevolezza dei cittadini?

"Il primo punto è che ci troviamo davanti un gigantesco problema nel sistema formativo, che non funziona. Perfino l'edilizia delle scuole è ottocentesca, la scuola è concepita burocraticamente come un ufficio, non si è diffusa l'idea dell'educazione permanente, in quanto continuo adattamento a condizioni mutate. Vogliamo dare ai ragazzi la possibilità di usare la scuola come uno strumento flessibile, tale da migliorare le loro qualità di base, oppure al contrario come uno strumento livellatore, in cui se sei bravo in scienze ti castighiamo in storia? Il fatto è che non serve una scuola punitiva, serve una scuola capace di selezionare i talenti e svilupparli".

Il fatto è che abbiamo visto riforme adottate e poi smantellate a ogni cambio di governo. Come il caso dell'esame di maturità che a forza di cambiamenti estemporanei è diventato una lotteria.

"Vero, è diventato un terno al lotto. Non si possono riformare le riforme a ogni legislatura. Ma per restare ai grandi temi generali, insieme al sistema dell'istruzione c'è in primo piano il tema della riconversione ambientale dell'economia. Non sono esoterismi: sono cose che riguardano la vita della gente, che ne è cosciente. Energia, fonti alternative, qualità dell'aria, impronta ecologica dello sviluppo, la nuova agricoltura come sistema delle imprese agricole su un territorio da rispettare e da valorizzare: fanno già parte del nostro orizzonte di comportamenti politici".

Intanto però il territorio è devastato, basti pensare alla tragedia dei rifiuti a Napoli. E sull'intero paese incombe la questione del Sud, che continua a divaricarsi dal resto del paese.

"Anche il Mezzogiorno è un gigante imbrigliato, ma dobbiamo evitare di collocarlo sotto una etichetta che lo fissa per sempre. Anche il Sud cambia. Oggi gli imprenditori denunciano il pizzo, e le associazioni imprenditoriali sanzionano con l'espulsione chi lo paga: la società è più strutturata, anche se è ancora compressa dal potere criminale. Per questo ho drammatizzato l'appello rivolgendomi ai mafiosi: non votate per noi perché noi vogliamo distruggervi. Un'espressione troppo forte, ha commentato qualcuno. Ma come si fa, ragionevolmente, a far crescere il Sud senza distruggere la mafia?".

Qualcuno le rimprovera un atteggiamento troppo morbido. Walter deve cominciare finalmente a menare, è il senso di molti discorsi. Come quello che ha fatto Pier Luigi Bersani.

"Se si vuole un giudizio sulla destra, è presto detto. La destra non può governare. L'ha già fatto, ha governato e non ha fatto nulla, se non alcuni puntuali provvedimenti di interesse personale. Quanto all'alleanza in sé, il Pdl più la Lega è un impasto di culture che non possono stare insieme. Secessionisti e nazionalisti, liberisti e protezionisti. Logico che vengano fuori pasticci su tutto, dall'Alitalia al voto agli immigrati. Anche con aspetti grotteschi, come Umberto Bossi che minaccia per l'ennesima volta di imbracciare le armi, a cui risponde Raffaele Lombardo, candidato alla presidenza della Regione Sicilia, dichiarando che anche i siciliani caricheranno i loro fucili".

Con la copertura di Berlusconi che fa da garante. La gente guarda lui, non i suoi alleati.

"Ma nella realtà questa destra che cosa offre? Minacce, tensione, totale assenza di senso delle istituzioni. Lo spettacolo di due alleati che minacciano fucilate, forse reciproche, verrebbe da pensare, è il lato bizzarro di una inadeguatezza civile, oltre che di contraddizioni politiche insanabili".

Conclusione, lei è convinto che si può vincere.

"Guardi, al 'Democratic Day' nei gazebo sono venuti sei milioni di persone. È stata una mobilitazione grandissima, simile a quella delle primarie. Le indagini demoscopiche hanno mostrato l'esistenza di un terzo di indecisi e astensionisti, che tuttavia in maggioranza sono tendenzialmente dalla nostra parte. E, soprattutto, il paese sente che non può continuare così. Sì, possiamo farcela".
L'Espresso, 10 aprile 2008

venerdì 11 aprile 2008

La 'ndrangheta traffica in voti. Dell'Utri: 'Non ho avvisi di garanzia'

Aperta inchiesta a Reggio Calabria. Il senatore di Forza Italia: "Letta sui giornali". "Ho solo parlato con una persona che voleva occuparsi del voto degli italiani all'estero". Amato: "Si tratta di materia coperta da segreto istruttorio. Il Viminale è una casa di vetro"

di GIUSEPPE BALDESSARRO

REGGIO CALABRIA - E' Marcello Dell'Utri il parlamentare coinvolto nell'inchiesta sull'intervento della 'ndrangheta sul voto degli italiani all'estero: "Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia" ha detto all'Ansa. Dell'inchiesta "ho letto sui giornali".

Poi ha spiegato: "Non conosco personalmente Aldo Micchichè ma l'ho sentito per telefono" e l'ho messo in contatto con Barbara Contini perché "lui si è offerto di occuparsi dei voti degli italiani all'estero". Barbara Contini è l'ex governatore di Nassiriya, candidata per il Pdl al Senato in Campania.

Dell'Utri respinge qualsiasi ipotesi di coinvolgimento in vicende di presunti brogli: "Stiamo scherzando? Stiamo dando i numeri! Se vogliono sollevare un polverone elettorale, io questo putroppo non lo posso impedire. Ma - ripete - stiamo dando i numeri".

Sul merito, Dell'Utri aggiunge: "Con Micciché ero entrato in contatto qualche mese fa per ragioni di energia. Lui in Venezuela si occupa di forniture di petrolio. Io ero in contatto con una società russa che ha sede anche in Italia, per cui - spiega Dell'Utri - conoscendo questi russi ho fatto da tramite".

"Questo signore si è interessato di organizzare il voto degli italiani all'estero come si sono attivate tutte le persone di tutti i partiti e di tutte le latitudini. Quindi non vedo dove sia la materia del contendere".

Miccichè - prosegue il senatore di Forza Italia - "non lo conosco fisicamente. E' un personaggio peraltro notissimo in Italia. E' stato amministratore della Dc negli anni '60-'70. Credo che a suo tempo abbia avuto delle vicende giudiziare legate a Tangentopoli. Per il resto è un cittadino che vive da molti anni in Venezuela, con famiglia. Non vedo cosa ci sia di strano".

La sconcertante ipotesi dell'intervento sulle elezioni delle cosche calabresi sulla quale sta lavorando la Dda di Reggio Calabria, nasce da un'intercettazione nella quale si fa esplicito riferimento alla possibilità di "controllare" cinquantamila voti, in cambio di una contropartita in denaro di 200 mila euro.

L'inchiesta di Reggio. I magistrati reggini avrebbero ascoltato una conversazione tra esponenti della cosca Piromalli ed il parlamentare siciliano candidato al Parlamento Italiano. Nell'inchiesta è coinvolto un uomo d'affari, Aldo Micciché, da tempo residente in America Latina.

Il tentativo d'inquinamento del voto avrebbe mirato a condizionare l'esito della consultazione elettorale facendo risultare come votate circa 50mila schede bianche.

Un meccanismo piuttosto semplice. Corrompendo le persone giuste al posto giusto, infatti, i clan avevano intenzione di apporre sulla scheda un segno di preferenza proprio a vantaggio del partito dell'esponente politico siciliano. Un lavoro "pulito" quindi, che non avrebbe lasciato tracce grazie a "manine amiche" che avrebbero barrato le schede di ritorno.

Un piano che evidentemente avrebbe potuto falsare l'esito elettorale. Pochi i dettagli sull'inchiesta. E' certo che gli investigatori stavano controllando alcuni telefoni sulle tracce dei soldi dei Piromalli, per cercare di capire come la cosca riuscisse a riciclare i milioni di euro del traffico di stupefacenti. Da qui la scoperta. Micciché, da tempo residente in Venezuela, parla con il politico definito "un pezzo grosso". Oggetto del colloquio è la mobilitazione dei consoli onorari, che avrebbero avuto un ruolo determinante nel controllo del voto.

La notizia è stata confermata dal procuratore della Repubblica facente funzioni, Francesco Scuderi, che non ha inteso però fornire ulteriori particolari. "Il momento, visto che siamo ad appena due giorni dal voto - ha detto Scuderi - è delicatissimo, anche perché negli articoli riportati sui giornali ci sono molti dettagli che avrebbero dovuto rimanere riservati, e sarebbe irresponsabile da parte nostra in questo momento rivelare ulteriori particolari". "Dopo il voto - ha aggiunto Scuderi - potremo fornire qualche notizia in più. Al momento non è il caso di dire alcunché".

Nei giorni scorsi lo stesso Scuderi ed il pm della Dda Roberto Di Palma, titolare dell'inchiesta, avevano incontrato il ministro dell'Interno Giuliano Amato per informarlo sulle risultanze dell'inchiesta. Come si ricorderà, già alle scorse elezioni furono segnalati alcuni casi di brogli legati proprio alle schede del voto estero.

Amato: "Il Viminale sarà una casa di vetro". Sulla vicenda è intervenuto il ministro dell'Interno Giuliano Amato. "Nei giorni scorsi ho ricevuto una comunicazione da parte della Procura di Reggio Calabria su tentativo di broglio per il voto all'estero". "Si tratta di materia coperta dal segreto istruttorio. Dopo aver ricevuto la notizia ho subito attivato il ministero degli Esteri che ha provveduto con particolare attenzione a garantire che quelle schede non vengano mai perse di vista". Sapere, ha aggiunto, "che ci sono persone che scambiano denaro per il voto non è mai una soddisfazione, ma le misure adottate dal ministero degli Esteri possono aver prevenuto il danno". Il ministero ha allertato i consolati. Amato ne ha approfittato per dire che durante le operazioni di voto "il Viminale sarà una casa di vetro". "A questo proposito ho invitato gli ex ministri come Maroni, Scajola, Pisanu ed Enzo Bianco.
(La Repubblica, 11 aprile 2008)