domenica 4 novembre 2007

IL MANICHEISMO PIAGNONE DEL CENTRODESTRA SICILIANO

di Agostino Spataro

Da quando a Roma governa l’Unione, la tattica propagandistica del centro-destra siciliano è passata dal trionfalismo degli “anni d’oro” (per chi?) di Berlusconi al vittimismo attuale che individua nel “centralismo punitivo romano” la fonte di tutti i guai della Sicilia. In pratica, secondo i maggiorenti della CdL, tutto quello che c’è di buono nell’Isola è da ascrivere a merito dei governi di centro-destra, mentre tutto quello che c’è di male è opera del diabolico centro-sinistra nazionale. Ancora una volta, si ricorre alla teoria di Mani, aggiornata e cucinata in salsa siciliana, per riproporre l’insanabile conflitto tra il bene e il male. In realtà, questa visione manichea delle responsabilità politiche si configura come una manovra diversiva per occultare le vere responsabilità del disastro nel quale si dibatte la regione che sono, innanzitutto, autoctone, siciliane. E’ un modo, piuttosto semplicistico, per demonizzare l’avversario e garantire una certa coesione al centro destra. Tuttavia, sotto la scorza di questo manicheismo piagnone si agitano rivalità, anche personali, soprattutto fra i tre partiti protagonisti (Fi, Udc, Mpa) che sembrano affilare le armi in vista delle scadenze, non solo elettorali, che andranno a determinarsi da qui a qualche mese o anno. Tutti si agitano, minacciano, tranne An che sembra appagata per il solo fatto di essere stata ammessa alla tavola del potere. Un discorso a parte meriterebbe la muta benevolenza di settori importanti dell’opposizione per altro destinatari dell’attacco. In assenza di contraddittorio, gli esponenti del centro-destra isolano pensano che il giochetto possa funzionare. E così, sull’onda di questo motivetto, è stata scatenata in questi giorni un’offensiva mediatica inusitata che vede impegnati i due maggiori vertici istituzionali della regione, gli onn. Cuffaro e Miccichè. I loro poderosi uffici stampa sono occupati, da mattina a sera, ad inondare (con ringhiosi comunicati, dichiarazioni, interviste, ecc) pagine di giornali, spazi televisivi pubblici e privati, emissioni radio e bollettini diocesani, blog e siti internet, e quant’altro.
Si lamentano di tutto i due presidenti, secondo la ben collaudata tecnica del “chiagne e fotti”, come dice il napoletano. Chiedo venia per questa espressione inusuale che però rende più comprensibile il concetto.
Piangono sul ponte annullato (anche se è rimasta in vita la dispendiosa società proponente), sulla gestione dell’aeroporto di Palermo cui si vorrebbero tarpare le ali, sui tagli alla spesa sanitaria e sull’incremento delle tasse locali (regionali e comunali) scattati in applicazione di leggi varate dai precedenti governi Berlusconi… Insomma, il nemico della Sicilia non sono il malgoverno, la mafia, la pessima amministrazione, gli sprechi, ma il presidente del Consiglio il quale, chissà perché, desidera a tutti i costi punire i siciliani. Povero Prodi così ingiustamente attaccato e quasi da nessuno difeso! Anche questo è un punto politico da chiarire, specie dopo la nascita del Partito democratico siciliano che può vantare il gruppo più numeroso all’Ars, due viceministri, una capogruppo al Senato e tanti autorevoli rappresentanti parlamentari. Tuttavia, nonostante Prodi, la Sicilia- secondo Cuffaro e Miccichè- è andata avanti su tutta la linea. L’Isola viene rappresentata come una sorta di paradiso in terra. O quasi. I due, infatti, sfoggiano un ottimismo fuori di luogo che non trova riscontri negli indicatori socio-economici più attendibili che confermano la marginalità economica della Sicilia e il conseguente aggravio delle condizioni di vita dei ceti meno garantiti, molti dei quali vivono al di sotto della soglia di povertà (circa il 31% delle famiglie siciliane). Per non parlare delle carenze di servizi, d’infrastrutture, dell’esiguità degli investimenti privati nazionali ed esteri, dei limiti pesanti per la libertà d’intrapresa, ecc. Se questo è il paradiso, cosa mai sarà l’inferno?
Certo, qualche risultato positivo c’è stato, ma solo in pochi ne hanno beneficiato. La gran massa dei siciliani onesti, che lavorano o bramano di poter lavorare, sono sempre alle prese con nuovi e vecchi problemi insoluti. A cominciare dagli aumenti continui di prezzi (e tariffe) frutto di un accordo scellerato fra grande distribuzione e commercio, stipulato sotto il governo Berlusconi, che mediante un artificio ingannevole (equiparazione delle vecchie mille lire ad un euro) ha defraudato, in un sol colpo, del 50% il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni. In Sicilia, dove la gran parte delle famiglie sono monoreddito, la mazzata è stata ancor più grave e insopportabile. Per non dire del dramma degli alloggi e dell’indigenza che, in queste ore, si vive a Palermo, ossia nella capitale di questo paradiso immaginario. Eppure, a ben pensarci, questo ed altri drammi possono servire a motivare la permanenza della Sicilia fra le regioni destinatarie dell’aiuto straordinario dell’UE e quindi ad incamerare un’altra barca di miliardi di euro come quelli che arriveranno per il periodo 2007-13. Si parla di 6,5 miliardi ai quali aggiungere i 3,5 residui, per un totale 10 miliardi. Ventimila miliardi delle vecchie lire, oltre ai fondi di bilancio e ai trasferimenti ordinari.
Fatevi un po’ di conti e scoprirete quante campagne elettorali si potranno vincere con i nuovi finanziamenti. Si spende poco e male, osserva la Corte dei conti. Ma che importa? L’importante è averne la titolarità, la disponibilità per poter mettere in movimento la sequela d’interessi che senza la spesa regionale non avrebbero ragione d’esistere.
Agostino Spataro

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