di Salvo Palazzolo
Un mese fa, due giovani su uno scooter chiedevano con insistenza dove abitasse il giornalista dell´Ansa Lirio Abbate. I poliziotti che scortano il cronista sono riusciti a segnare il numero di targa, così la squadra mobile è risalita al nome di un pregiudicato. Interrogato sull´amico che l´accompagnava ha messo a verbale: «Gli avevo appena dato un passaggio, non so chi sia». Alla domanda, «Perché siete fuggiti via con tanta fretta», il pregiudicato non ha battuto ciglio: «Solo perché eravamo senza casco». È l´ultimo stranissimo episodio che si verifica attorno a Lirio Abbate, autore con Peter Gomez del libro "I complici". La settimana scorsa, il comitato provinciale per l´ordine e la sicurezza ha rinnovato il meccanismo di tutela attorno al giornalista che da circa un anno è ormai nel mirino di minacce e intimidazioni. Tutti gli episodi sono all´attenzione di un fascicolo aperto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. A occuparsi del caso è il sostituto procuratore Roberto Buzzolani: il magistrato ha incaricato la polizia giudiziaria di approfondire anche le parole pronunciate il 4 ottobre scorso dal capomafia Leoluca Bagarella, nel corso di un´udienza pubblica. In quell´occasione, il boss smentì alcune notizie sul suo conto, citando l´Ansa. Particolare inquietante, posto che un detenuto al carcere duro non potrebbe conoscere cosa scorre sui terminali delle agenzie di stampa.
«Appare sempre più allarmante la pressione che da ambienti criminali, e per un oscuro disegno eversivo, viene esercitata sull´informazione in Sicilia», dice il presidente dell´Ordine dei giornalisti di Sicilia, Franco Nicastro: «I nuovi segnali intimidatori nei confronti di Lirio Abbate richiedono un intervento forte e deciso della magistratura e degli apparati investigativi». La segreteria provinciale dell´Assostampa ribadisce: «In un momento in cui la libertà di stampa è fortemente compromessa dalle iniziative legislative del nuovo governo la mafia torna a farsi minacciosa. Non basta la sacrosanta solidarietà al collega, per respingere il tentativo di schiacciare in tutti i modi il diritto dei cittadini a essere informati occorre una sollevazione della categoria con il sostegno della società civile».
Una dichiarazione di solidarietà ad Abbate arriva anche dal senatore di Forza Italia Carlo Vizzini: «Se qualcuno avesse avuto ancora dubbi, oggi abbiamo la certezza che la libertà di informazione è uno dei mali che i mafiosi non riescono a sopportare. Forse la mafia - aggiunge Vizzini - farebbe meglio a convincersi che accanto ai giornalisti coraggiosi c´è anche una politica che non si arrende».
Dice Lirio Abbate: «Purtroppo, oggi, le minacce alla libertà di informazione non giungono soltanto dalla mafia. Ma anche dal potere politico, che con le nuove norme in cantiere vuole mettere per sempre un bavaglio alla cronaca giudiziaria. Bisogna mobilitarsi. Palermo deve mobilitarsi, prima che cada ancora una volta nell´indifferenza».
da la Repubblica
giovedì 26 giugno 2008
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