mercoledì 4 giugno 2008

Ecomafie, cresce il business contro l'ambiente

Una montagna di rifiuti alta quasi 2 mila metri, con una base di 3 ettari. È quella che sorgerebbe in Italia se si accatastassero tutti i rifiuti “scomparsi”. O meglio, smaltiti senza che nessuno sappia dove sono finiti. Il Rapporto 2008 sulle Ecomafie pubblicato da Legambiente fotografa un’Italia dove la mondezza è sempre di più uno dei principali business della criminalità organizzata. E non solo in Campania. Napoli e dintorni, come è facile immaginare, mantengono il primato nazionale, ma quello dei rifiuti è un affare che hanno fiutato un po’ ovunque.Nel 2007 sono quasi cinque mila i reati accertati per violazione alla normativa sui rifiuti. In Campania, Calabria, Puglia e Sicilia si concentra il 36 per cento delle infrazioni, ma è il Veneto la regione che nell’ultimo anno è passata dal sesto al secondo posto nel ciclo dei rifiuti: si sposta così verso il Nord il baricentro dei traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d'Italia, ma anche come sito finale di stoccaggio.A crescere però non è solo il ciclo illegale dei rifiuti, aumentano più in generale i reati contro l’ambiente: scavi, abusivismo edilizio, incendi boschivi e truffe in agricoltura. In totale, si stima che il giro d’affari del 2007 si sia attestato su 18 miliardi e 400 milioni di euro (quasi un quinto del business totale annuo delle mafie), quattro miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente.Alla luce di questo quadro inquietante, Legambiente rilancia la proposta di introdurre questo tipo di reati nel Codice penale, «per punire in maniera congrua chi avvelena l’aria che respiriamo, inquina l’acqua, saccheggia il territorio, minaccia la nostra salute, penalizza le imprese pulite».
L'Unità, 04.06.08

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