DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK — Quando snobbò i tour «Rock the Vote» di Bruce Springsteen per sostenere i candidati democratici Al Gore e John Kerry — entrambi poi perdenti—i critici gli dettero del «solito qualunquista». Ma se in mezzo secolo di leggenda Bob Dylan non ha mai pubblicamente appoggiato un candidato, neppure lui ha saputo resistere al trascinante fascino di Barack Obama. In una rara intervista al Times di Londra, il 67enne mito della musica dà per la prima volta il suo endorsement. Ad Obama. «L’America è in una fase di tumultuoso cambiamento — spiega Dylan —. La povertà è demoralizzante. Non ti puoi aspettare che la gente abbia la virtù della purezza quando è povera ». «Però — aggiunge — ora abbiamo un uomo che sta ridefinendo la natura della politica partendo dal basso: Barack Obama».
Dylan si dice ottimista: «Si, spero che le cose possano cambiare. Alcune cose devono cambiare ». E conclude: «Dovresti sempre prendere il meglio dal passato, lasciarti alle spalle il peggio, e andare avanti nel futuro». Parole ricche di potere simbolico se è vero che, come ricorda il Times, «Dylan è il simbolo della generazione degli anni 60 e, insieme, l’architetto dietro il magico slogan "obamiano" all’insegna del cambiamento». Il suo inno di protesta The Times They are A-Changin’, del ’64, sembra rivolgersi all’«era Obama» quando si appella a «critici e scrittori, senatori e deputati, madri e padri»; «non state sulla porta, non bloccate il passaggio »; «non criticate quello che non potete capire», perché «La vostra vecchia via sta decadendo molto in fretta » e «i tempi stanno per cambiare» (da Bob Dylan Lyrics 1962-2001, Feltrinelli).
La notizia dell’endorsement è subito rimbalzata sul sito ufficiale BarackObama.com. Tripudio per i fan del senatore dell’Illinois, che dal suo profilo personale su Facebook avevano già appreso che Dylan è il suo musicista preferito, insieme a Miles Davis, John Coltrane, Bach, Stevie Wonder e The Fugees. Barack, dopotutto, è cresciuto ascoltando Only a Pawn in Their Game e The Lonesome Death of Hattie Carroll, entrambi ispirati a due delitti razzisti del 1963, rimasti impuniti, contro neri innocenti: l’omicidio da parte di un white supremacist di Medgar Evers, attivista per i diritti civili e quello di Hattie, cameriera 51enne madre di 11 figli, uccisa dal 24enne proprietario di una piantagione di tabacco. La mattina del 28 agosto 1963 Dylan eseguì Only a Pawn ai piedi del monumento a Washington, poche ore prima che Martin Luther King pronunciasse il suo discorso «I Have A Dream» davanti al Lincoln Memorial. Quarantacinque anni più tardi, suo figlio Jesse Dylan ha prodotto insieme ai Black Eyed Peas il cliccatissimo video musicale pro Obama con Kareem Abdul-Jabbar, Herbie Hanckock e Scarlett Johansson. Sarebbe stato Jesse a «convertire» il padre, insieme a Joan Baez, la sua ex. Anche per lei è il primo endorsement ufficiale.
Alessandra Farkas
Corriere della sera, 07 giugno 2008
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