La polizia di Stato ha arrestato il boss mafioso Giuseppe Lipari, 72 anni, geometra, "consigliori" del capomafia Bernardo Provenzano e amministratore dei beni dei corleonesi. In passato, il pregiudicato era stato condannato a 11 anni e due mesi di reclusione per mafia.
Lipari, dopo aver scontato la pena, era tornato da più di un anno in libertà. Adesso è stato raggiunto da un nuovo ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip su richiesta del Procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dei sostituti Marzia Sabella e Michele Prestipino. È accusato di associazione mafiosa.
Questa nuova indagine condotta dalla Squadra mobile di Palermo è scaturita subito dopo l'arresto di Provenzano. Gli investigatori hanno disvelato un articolato intreccio di interessi dell'organizzazione mafiosa nel settore dei lavori pubblici e degli appalti.
Il giudice ha inoltre ordinato il sequestro di beni, considerati di provenienza illecita, per un valore di tre milioni di euro. Giuseppe Lipari è considerato l'economo e il consigliori di Bernardo Provenzano. In passato è stato anche uno dei più fedeli favoreggiatori di Totò Riina.
Per i corleonesi, il geometra Lipari è stato un «consulente» che si occupava di pilotare gli appalti pubblici in modo da affidarli a imprese vicine ai boss. Dalle inchieste emerge che Lipari avrebbe fatto da cerniera fra alcuni politici e Riina prima, e poi Provenzano.
Lipari, ben inserito nei salotti di Palermo, ha svolto pure il ruolo di prestanome per conto di Provenzano e per questo motivo in passato gli sono stati sequestrati beni per un valore di decine di milioni di euro che sarebbero riconducibili al vecchio padrino corleonese.
Il "consigliori" di Provenzano, inoltre, alla fine del 2002 dichiarò di volersi pentire, avviando una stentata collaborazione con la giustizia, che i magistrati però scoprirono subito si trattava di una messa in scena.
I giudici della Corte d'appello che lo hanno condannato l'ultima volta nel giugno 2005, ha escluso per Lipari il comma 2 dell'articolo 416 bis, e cioè l' accusa di avere ricoperto un ruolo di vertice nell'ambito di Cosa nostra.
L'inchiesta della procura, diretta all'epoca da Piero Grasso, portò all'arresto non solo di Giuseppe Lipari ma anche di una buona parte del suo nucleo familiare: i figli, Arturo e Cinzia Lipari, entrambi condannati e il marito di quest'ultima, Giuseppe Lampiasi, anche lui condannato.
Secondo l'accusa, la famiglia Lipari, tramite la rete di fedelissimi «postini», avrebbe amministrato i beni dei corleonesi.
Il geometra Pino Lipari, arrestato stamani dalla polizia di Stato per associazione mafiosa, appena uscito dal carcere si era messo in movimento per vendere una delle proprietà riconducibili a Bernardo Provenzano.
Secondo l'accusa, il consigliori del padrino, tornato in libertà il 13 aprile 2006, due giorni dopo che era stato arrestato Provenzano, stava cercando di far avere al boss corleonese la somma di denaro che avrebbe ottenuto dalla cessione di un grande appezzamento di terreno nelle campagne di Carini (Palermo), del valore di tre milioni di euro.
Il bene (sequestrato stamani dagli agenti della Squadra mobile di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia), attraverso prestanomi era riconducibile proprio a Provenzano.
Lipari, infatti, dopo aver concluso la vendita, aveva intenzione di far arrivare i soldi al vecchio padrino. Si sarebbe trattato infatti di un «acconto» liquido derivante dalla vendita di una fetta del tesoro di Provenzano, disseminato in varie parti della Sicilia e del Paese, e che risulta intestato a prestanomi.
Nell'ambito dell'inchiesta che stamani ha portato all'arresto del geometra Giuseppe Lipari, con l'accusa di associazione mafiosa, per avere avviato la vendita di beni del valore di tre milioni di euro che sarebbero in realta di proprietà di Bernardo Provenzano, la procura ha indagato anche una dirigente della Regione.
Si tratta dell'avvocato Maria Concetta Caldara, che in passato è stata anche consigliere giuridico del ministro per gli Affari Regionali, Enrico La Loggia. La notizia emerge dagli atti dell'inchiesta.
Caldara risulta essere socia di Giuseppe Lipari nell'appezzamento di terreno che il consigliori di Provenzano stava tentando di vendere per incassare così una fetta del tesoro del padrino corleonese. L'indagata nei mesi scorsi era stata già interrogata dagli inquirenti.
Il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Francesco Forgione, si è congratulato con la Dda di Palermo e la Polizia di Stato per l'operazione che ha portato al nuovo arresto di Pino Lipari, indicato come il consigliori di Bernardo Provenzano.
«L'operazione di oggi - osserva Forgione - conferma che chi è inserito nell'organizzazione di Cosa Nostra non smette mai di farne parte. È anche la conferma della grande pericolosità dei beni e dei patrimoni che la mafia cerca di ripulire costantemente».
«Per questo - aggiunge - è importante non solo aver scoperto i tentativi di Provenzano di mantenere il controllo dei propri beni attraverso Lipari, ma anche che si sia proceduto immediatamente al sequestro degli stessi. Bisogna riconoscere agli investigatori ed alla magistratura il grande merito di non aver abbassato assolutamente la guardia dopo la cattura di Provenzano e di aver continuato a monitorare con attenzione tutto ciò che intorno a lui ed alla sua latitanza si è mosso in questi anni». Per il presidente della commissione antimafia, infine, «il coinvolgimento nell'inchiesta di persone con collegamenti politico-istituzionali conferma il sistema di relazioni di cui gode il potere mafioso».
L’UNITA’, 19.09.07
NELLA FOTO: Pino Lipari
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