CATANZARO - Potrebbe essere di Mauro De Mauro, il giornalista de l'Ora di Palermo scomparso nel 1970, il cadavere di una persona sepolta nel cimitero di Conflenti, nel Lametino. È l'ipotesi che la Dda di Catanzaro sta verificando sulla base della segnalazione di una fonte definita attendibile.Il cadavere, la cui sepoltura risale al 1971, fu identificato all'epoca per quello di Salvatore Belvedere, trovato in avanzato stato di decomposizione in una buca scavata in una zona di campagna. Il riconoscimento venne fatto da uno dei figli di Belvedere, che riconobbe nella cintura indossata dalla vittima quella del padre. La rivelazioni della fonte, la cui identità non è stata svelata dagli investigatori, hanno indotto il sostituto procuratore della Dda, Gerardo Dominijanni, a disporre la riesumazione del cadavere e l'effettuazione dell'esame del Dna. La riesumazione è avvenuta intorno alle 10 di questa mattina. Le operazioni si sono concluse intorno alle 12 con i resti mortali che sono stati rinchiusi in una cassa di zinco e trasportati per ulteriori accertamenti tecnico-scientifico presso l'Istituto di medicina legale dell'Università Magna Grecia di Catanzaro a disposizione della Dda competente e del medico legale che riceverà l'incarico tra il pomeriggio di oggi e la mattinata di domani. Dopodiché ci vorranno presumibilmente almeno 60 giorni prima che si possa risalire con esattezza all'identità dell'uomo."Non so nulla. Di questa storia nessuno ci ha mai comunicato ufficialmente nulla". Ha spiegato il sostituto procuratore Antonio Ingroia, pm nel processo per l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, commentando la notizia."A noi non è arrivata alcuna comunicazione dalla Procura di Catanzaro - ha spiegato il procuratore di Palermo, Francesco Messineo -. Abbiamo saputo della riesumazione di un cadavere ieri sera tramite l'avvocato di parte civile Crescimanno che ci ha informato. Stiamo intraprendendo necessari contatti per valutare se e quanto il fatto sia di rilievo nel processo di Palermo"."Ieri sera ho ricevuto una nota della famiglia De Mauro che m'informava di avere ricevuto un avviso di accertamenti tecnici da parte della procura di Catanzaro e mi avvertiva della riesumazione, prevista per il 22 settembre del cadavere di Salvatore Belvedere per prelevare materiale genetico e procedere al confronto con quello dei suoi familiari. Se non coincidesse, la stessa operazione sarà fatta con i familiari di De Mauro". Ha detto Francesco Crescimanno, legale di parte civile della famiglia del giornalista Mauro De Mauro. "Questo pomeriggio incontrerò - aggiunge - la figlia di De Mauro, Franca, e decideremo cosa fare".
Un enigma lungo 37 anni
PALERMO - C'è vento di scirocco a Palermo la sera del 16 settembre del 1970. Mauro De Mauro, giornalista di razza del quotidiano 'L'Ora' sta tornando dalla redazione a casa a bordo della sua Bmw nera, ma prima decide di fermarsi in un bar per comprare una bottiglia di vino rosso. Il suo preferito. Davanti alla sua abitazione, in via delle Magnolie, ci sono la figlia Franca con il fidanzato. La ragazza, che si deve sposare tra pochi giorni, lo vuole aspettare, ma si accorge che sull'auto ci sono degli uomini. Uno, prima di salire, sbatte lo sportello e dice con tono imperioso: "Amuninni" (andiamocene ndr). Da allora il nulla. Sono trascorsi esattamente 37 anni e di Mauro De Mauro non si hanno più notizie. Il mistero potrebbe essere svelato proprio adesso con il corpo che verrà riesumato sabato prossimo in Calabria, come disposto dalla Dda di Catanzaro per verificare se si tratta davvero cadavere del boss della 'ndrangheta Salvatore Belvedere, come c'è scritto sulla tomba, oppure di De Mauro. Un mistero fitto, fittissimo. Diversi collaboratori di giustizia hanno affermato che è stato un omicidio di Cosa nostra, qualcun altro parla invece di piste diverse. Ci sono voluti 36 anni per l'apertura del processo per l'omicidio del giornalista. Alla sbarra c'è un solo imputato: il boss mafioso Salvatore Riina, considerato dall'accusa uno dei mandanti dell'assassinio di De Mauro. Insieme con il triumvirato che allora reggeva Cosa nostra a Palermo: Tano Badalamenti e Stefano Bontade, ma questi ultimi sono morti da tempo. Così l'unico imputato resta il boss Riina. L'unico collaboratore di giustizia a raccontare con dovizie di particolari la morte di Mauro De Mauro è Francesco Marino Mannoia. "De Mauro - aveva detto in aula - è stato ucciso dalla mafia dopo essere stato 'interrogatò sulla natura delle notizie che aveva scoperto. Il corpo venne seppellito sul greto del fiume Oreto", il corso d'acqua che attraversa il territorio dov'è sorta la circonvallazione di Palermo. "ll corpo - aveva aggiunto - fu spostato, insieme con altri cadaveri seppelliti nelle vicinanze, perchè Cosa nostra temeva che potessero essere trovati nel corso dei lavori che di lì a poco sarebbero iniziati. Tutti furono sciolti nell'acido, ecco perchè non è stato mai trovato nulla". Mannoia aveva indicato anche il posto dove la mafia aveva improvvisato un cimitero clandestino: "Sotto la Circonvallazione, nei pressi del bar Baby Luna". E la riesumazione sarebbe stata seguita dallo stesso pentito, allora luogotenente del boss Stefano Bontade. Ad uccidere De Mauro, soffocandolo, sarebbero stati in tre: Mimmo Teresi, Emanuele D'Agostino e Stefano Giaconia, tutti 'picciottì del mandamento di Santa Maria di Gesù, a Palermo. Tutti uccisi nella guerra di mafia degli anni Ottanta. L'inchiesta sulla morte di De Mauro è rimasta un mistero fitto fino al 1992, quando dopo le stragi di mafia alcuni pentiti di mafia iniziarono a parlare della morte di De Mauro. Il primo era stato Gaspare Mutolo, pentito storico, che fece i nomi di Stefano Giaconia ed Emanuele D'Agostino. In seguito, ne parlò anche Tommaso Buscetta, altro collaboratore storico, ma anche Antonino Calderone, Francesco Marino Mannoia e Gaetano Grado. E poi Francesco Di Carlo. Sempre secondo i racconti dei pentiti di mafia, la sera del 16 settembre De Mauro sarebbe stato trascinato in un casolare per essere "interrogato" per tirargli fuori quello che sapeva su una notizia che avrebbe voluto scrivere da lì a poco. Poi lo avrebbero ucciso, strangolato. Ma non c'è solo la pista mafiosa. De Mauro, prima di morire, aveva appreso dalle sue fonti che il principe Junio Valerio Borghese stava preparando un golpe e che Cosa nostra complottava con i generali. Adesso, a distanza di 37 anni dalla sua sparizione, il mistero è ancora fitto.
In un libro di Badolati il mistero dello scambio
In un libro di Badolati il mistero dello scambio
Il libro del giornalista Arcangelo Badolati. È un intero capitolo quello che Arcangelo Badolati dedica nel suo libro al mistero dei resti su cui oggi si è aperta una nuovo scenario. Badolati scrive che in una sala riservata della Questura di Catanzaro, nell'agosto del 1971, si legge del ritrovamento e del riconoscimento di resti umani, identificati come appartenenti ad un pregiudicato di Sambiase (oggi Lamezia Terme) di cui gli investigatori indicano nome e cognome: Salvatore Belvedere, nato il 18 gennaio del 1914. Il corpo dell'uomo fu ritrovato in una buca scavata sulle montagne di Conflenti (Catanzaro).Il latitante Belvedere e i dubbi dell Questura di Catanzaro. L'anno prima del rinvenimento, esattamente la notte tra il 2 e il 3 giugno del 1970, Belvedere, all'epoca cinquantaseienne, era evaso dal carcere di Lamezia insieme con tre pregiudicati: Michele Montalto, 23 anni, di Siderno; Carmelo Filleti, 28, di Sinopoli, e Giuseppe Scriva, di 24, di Rosarno. Un componente del quartetto aveva finto, in piena notte, un attacco di cuore in cella determinando l'immediato intervento di una guardia e dell'appuntato responsabile del braccio carcerario. I due poliziotti penitenziari erano stati subito presi prigionieri, legati e imbavagliati. Scriva, Filleti, Montalto e Belvedere avevano aperto, usando le chiavi delle guardie, i cancelli e, dopo aver scavalcato il muro di cinta interno, si erano avventurati sul tetto della vicina chiesa di San Francesco da dove, usando delle lenzuola annodate, si erano poi calati nel cortile della canonica guadagnando così la libertà.Il cadavere ritrovato, l'anno successivo, sfigurato e ormai quasi scheletrito tra i boschi di Conflenti, venne riconosciuto - prosegue il giornalista calabrese nel suo libro - da Federico Belvedere, figlio di Salvatore. L'evaso fu identificato perchè aveva un alluce sovrapposto alle altre dita del piede destro. Il 7 aprile del 1978, però, la Procura generale catanzarese inviò alle Questure di tutta Italia una comunicazione che avanzava dubbi sull'affidabilità di quella identificazione, accompagnata da una foto segnaletica del ricercato. E ripartì così la caccia a Belvedere, ufficialmente morto ma, di fatto, ancora latitante. L'uomo, comunicarono i giudici, "deve scontare una condanna definitiva per sequestro di persona".Le rivelazioni del boss Antonio De Sensi. Ancora qualche anno ed ecco - scrive Badolati - la bomba. Un boss della 'ndrangheta, probabilmente Antonio De Sensi, poi ucciso a Lamezia Terme nel 1984, rivelò ad un investigatore che il corpo ritrovato a Conflenti, contrariamente a quanto risultava dagli atti, non era quello dello 'ndranghetista lametino ma, invece, quello del giornalista palermitano Mauro De Mauro. La sostituzione del cadavere - secondo il confidente - aveva avuto una doppia finalità: da una parte era stata sfruttata dal fuggiasco per confondere le acque e rifugiarsi tranquillamente all'estero, dall'altra aveva risolto il problema della definitiva sparizione del corpo di De Mauro. Una doppia operazione decisa dai vertici di 'ndrangheta e Cosa nostra. Una tesi tutt'altro che campata in aria se è vero che nel 1995 è stata addirittura accreditata dalla Squadra mobile di Catanzaro, con una nota ufficiale inviata alla magistratura.
La Sicilia, 20/09/2007
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