di Concita De Gregorio
Come il gospel di Aretha Franklin. Il discorso di Obama è sembrato una specie di preghiera, quasi un poema, un poco una poesia. Breve, semplice che arriva alla gente comune, facile che lo capiscono i bambini. Umile e fermo, confidenziale e sicuro. In crescendo, come il canto della signora nera nel soul che ha cantato per festeggiarlo e per accoglierlo: Obama ha recitato una litania religiosa e laica insieme che in venti minuti ha fatto piazza pulita della retorica vuota e reazionaria del bushismo e ha riportato sulla scena le parole antiche della modernità.Le parole vecchie sono parole vere, ha detto. Le ha scelte con cura da un repertorio a cui ciascuno può dare il nome che crede: democratico, socialista, utopistico, realista, egualitario. Noi, popolo, ha cominciato. Poi le frasi chiave: sei parole ciascuna. Siamo rimasti fedeli ai nostri ideali. La crisi è grave ma ce la faremo. Abbiamo scelto la speranza sulla paura. La grandezza va conquistata. Tutti liberi, tutti uguali, tutti in diritto di perseguire la felicità. Dare agli ultimi non è beneficenza, è la strada più sicura per il bene comune. Rifare l’America: scuola, sanità, energia pulita. Prendersi le responsabilità: non perseguire il piacere della ricchezza e della fama ma la fatica oscura di chi si assume i rischi. Le nostre diversità sono una forza non una debolezza. Il nostro spirito è più forte dell’odio. Al mondo musulmano: interesse, rispetto. A chiunque nel mondo cerchi pace e dignità: eccoci, siamo amici. Sessant’anni fa un uomo come me non era servito al tavolo in un ristorante, oggi sono qui a parlarvi. Poi una lista di aggettivi: gentilezza, altruismo, coraggio, generosità. Ecco il paese del sogno: è un paese gentile, generoso, coraggioso, altruista. Il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con lui, ha detto Obama. Con queste poche parole semplici, così fuori moda nel mondo a cui gli ultimi vent’anni ci hanno ridotti. Responsabilità, sobrietà, rispetto, solidarietà. Cura di ciascuno per il bene di tutti. “A coloro che restano aggrappati al potere con la corruzione e con l’inganno dico: siete dalla parte sbagliata della storia ma vi daremo una mano se sarete disposti ad abbassare il pugno”. Siete dalla parte sbagliata. Lavoro e coraggio. Speranza, non paura.
L’Unità, 20 gennaio 2009
martedì 20 gennaio 2009
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