Parla l'esperto informatico e consulente dell'ex pm di Catanzaro De Magistris: "In atto una grande mistificazione. Nessun coinvolgimento di Spataro o De Gennaro"
ROMA - "Io in vita in mia, compreso il periodo che ho svolto attivo nella polizia di Stato, non ho mai svolto una sola intercettazione, e sfido chiunque a dimostrare il contrario, né legale né tanto meno illegale". Ai microfoni di SkyTg24 Gioacchino Genchi, esperto informatico e consulente dell'ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, ha ribadito quanto aveva precedentemente detto a Repubblica, negando anche l'esistenza di un archivio segreto. Genchi, nel corso di altre interviste rilasciate all'Ansa e al Secolo XIX, ha negato ogni coinvolgimento di Berlusconi e ha chiamato in causa un parlamentare "che ha intestato a suo nome decine di schede telefoniche e le ha distribuite ai suoi conoscenti", in Calabria. "Tra l'altro - ha continuato - le intercettazioni illegali sono punite dalla legge, esiste pure un'aggravante qualora vengano commesse da un pubblico ufficiale, e io sono un pubblico ufficiale, ipotesi per la quale è previsto l'arresto: se qualcuno sostiene che io abbia svolto delle intercettazioni illegali lo dicesse pure, così mi arrestano. L'archivio? Non esiste nessun archivio". Per Genchi, sulla vicenda che lo riguarda è in atto "una grande mistificazione", perché "la confusione non è solo una carenza di conoscenze professionali e tecniche di chi la fa ma attiene proprio alla volontà di mistificare e denigrare". Insomma, per Genchi "certi nomi" inquadrati nell'inchiesta "sono stati fatti trapelare ad arte". E' il caso di quello di Armando Spataro, il pm antiterrorismo di Milano. "Non c'è nulla su Spataro. Spataro non c'azzecca nulla e il suo nome è stato fatto trapelare per tagliare i ponti a De Magistris, visto il ruolo che Spataro ricopre nella magistratura e il peso che ha nella sua corrente".
Parimenti, secondo Genchi non c'è nulla neanche nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e dell'ex direttore del Sisde Gabrielli, che per il consulente informatico "è persona offesa" e i cui tabulati telefonici "non sono mai stati acquisiti". Insomma, per Genchi il quadro è chiaro: De Magistris indagava su "due fughe di notizie di una gravità inaudita" relative alla faida di San Luca e all'indagine Fortugno e per questo è stata montata ad arte "la più grande mistificazione d'Italia". "Il problema - ha concluso nel'intervista a Sky - è la Calabria e le collusioni che da lì partono verso altre zone d'Italia", tant'è vero che "il magistrati di Salerno hanno fatto bene a indagare" sull'attività della procura di Catanzaro. Quanto al premier, che durante il suo tour elettorale in Sardegna ha lanciato l'allarme su quello che ha definito il "più grande scandalo della Repubblica", il consulente ha dato la sua versione in una intervista successiva all'Ansa: "Berlusconi con la vicenda Why not non c'entra nulla - ha detto Genchi - Potrebbe entrarci lui, come Bin Laden o il Papa. Tirare dentro lui in questa vicenda facendogli credere che è stato intercettato è un modo come un altro per far sollecitare a Berlusconi iniziative che se deve adottarle le adotti pure, ma non c'entra niente". L'ex consulente del magistrato De Magistris ha poi aggiunto: "Posso sì sapere delle cose su di lui, ma non l'ho mai intercettato né mi sono occupato di lui nell'ambito delle inchieste Why not o Poseidone. Vogliono colpirmi - ha proseguito - perché sono un testimone di malefatte di alcuni magistrati di Catanzaro con intrecci che coinvolgono anche imprenditori, uomini dei servizi e giornalisti". All'Ansa, Genchi ha detto di non sapere di una sua eventuale iscrizione nel registro degli indagati da parte di qualche procura. "Non ho notizie dettagliate in merito, ho dato mandato al mio legale, l'avvocato Fabio Repici di occuparsene", ha aggiunto. Il consulente informatico ha poi fornito altri dettagli in un'intervista al Secolo XIX: "Forse sono altri che danno scandalo. Ad esempio quel parlamentare che ha intestato a suo nome decine di schede telefoniche e le ha distribuite ai suoi conoscenti. Schede che giravano per tutta la Calabria e che non si potevano controllare, perchè erano coperte da segreto parlamentare". Genchi si è detto "pronto" a rivelare il nome di questa persona "non appena la Commissione Antimafia mi convocherà". Secondo Genchi, non poteva essere sempre questa persona a utilizzarle perché "c'è la prova provata. Ha partecipato a una votazione in Parlamento - ha sottolineato - E non poteva essere coperto da un 'pianista' perché era una votazione ad appello nominale. Eppure, mentre lui era a Roma a votare, altre schede telefoniche a suo nome avevano contatti inquietanti in Calabria. Ma non si sarebbero mai potute intercettare se non chiedendo l'autorizzazione alla sua Camera. Come dire? A quel punto non sarebbe servito a nulla". Quanto alle intercettazioni dell'allora ministro Clemente Mastella, Genchi ha aggiunto: "Il Ros dei carabinieri non ha saputo nemmeno acquisire correttamente l'intestatario dell'utenza cellulare di Mastella, che non era da tempo intestata alla 'Camera dei Deputati' ma al Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) quando ne sono stati acquisiti i tabulati. Mai e poi mai avrei potuto ipotizzare o supporre, quando ho acquisito il tabulato, che quel numero fosse di Mastella. Peraltro non mi sarebbe servito a nulla. Posto che avessi voluto dimostrare i contatti di Mastella con Saladino, questi sarebbero già emersi dal tabulato di quest'ultimo".
(La Repubblica, 26 gennaio 2009)
NELLA FOTO: Gioacchino Genchi
lunedì 26 gennaio 2009
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