domenica 21 ottobre 2007

No, non ci siamo. Alla prima esternazione il PD siciliano scivola nell’ambiguità e nell’impotenza della vecchia politica.

di ROBERTO TAGLIAVIA

Non può essere condivisibile, infatti, la dichiarazione di Francantonio Genovese sulla vicenda Cuffaro: subordinare le scelte politiche da assumere in Sicilia alla decisione dei giudici, anche se con i tratti “garantisti” usati dal segretario regionale del PD, non è meno sbagliato e grave di chi chiede una esemplare sentenza politica. Né è meno scorretta della furbesca e ricattatoria affermazione di Cuffaro che annuncia le sue dimissioni in caso di una eventuale sentenza di condanna, ancorché di primo grado, per caricare i magistrati della responsabilità di decapitare la Sicilia della sua massima istituzione.
Nell’un caso e nell’altro, così come nella “...istituzionalmente esemplare”(sic!) dichiarazione di Cuffaro, si finisce con lo scaricare sui giudici una pressione e una responsabilità impropria che, infatti, ha già creato nella Procura di Palermo tensioni inammissibili per il prestigio e l’autorevolezza della stessa magistratura.
Al magistrato compete il compito di privare o meno della libertà un cittadino sulla base di responsabilità individuali ben definite, accertate sulla base di precise ipotesi di reato e per un tempo commisurato e definito per legge. Che centra questo compito, già di per sé gravoso, con la politica?
C’è invece una competenza della politica da cui i parlamentari regionali del centrosinistra (tranne qualche lodevole eccezione) sembrano defilarsi: stabilire se i comportamenti di Cuffaro, accertati in più sedi processuali, al di là della loro eventuale rilevanza penale (che, ripeto, è di esclusiva competenza giudiziaria), siano o no rilevanti “politicamente”.
C’è da stabilire se alla guida della Regione, nella carica di Presidente (che tra l’altro, va ricordato, è statutariamente responsabile dell’ordine pubblico nell’Isola) può restare una persona responsabile di quei comportamenti e di quel groviglio di relazioni che sono emersi nel corso delle indagini.
A mio avviso le dimissioni Cuffaro le avrebbe dovute dare da tempo. La valutazione è esclusivamente politica e altrettanto politica è la valutazione sul peso che l’intera vicenda può avere o ha avuto sull’attività politica dell’Assemblea e su quella amministrativa della Regione.
Su questo punto, invece,c’è stato solo un balbettio del genere “l’avevamo detto che era meglio se Cuffaro non si candidava”. Bene, ma visto che Cuffaro si è candidato, che è stato votato e che è ancora lì, cosa propone di fare ora il centrosinistra riformista e democratico?
Per anni, la vita politica siciliana è stata condizionata dalla intangibilità dell’Assemblea regionale e dei governi lì votati. Per anni abbiamo assistito a manifestazioni di protesta che si concludevano con la richiesta dello scioglimento di una Assemblea che invece, per Statuto, non poteva essere sciolta! Oggi, che ciò è finalmente possibile a norma dello Statuto riformato, uno straordinario silenzio grava, invece, su un’Assemblea paralizzata proprio nella sua maggioranza dagli effetti delle vicende giudiziarie. Nessuno però, di fronte alla imperturbabile resistenza di Cuffaro alla Presidenza, evoca l’atto di scioglimento che manderebbe a casa il governo regionale e restituirebbe agli elettori il diritto di esprimere la propria valutazione politica. Così continua un insostenibile minuetto che finisce addirittura coll’apprezzamento della “sensibilità istituzionale” del Presidente Cuffaro: ...roba da matti!
Eppure la richiesta di sciogliere l’Assemblea paralizzata e mandare a casa il Governo è già stata da noi formulata a inizio di anno, in un documento pubblico e reiterata in un intervento al congresso dei DS, sortendone per risposta il silenzio più assoluto.
Non è stato possibile neanche fare delle primarie per il PD una occasione di autentico confronto politico su questo e su altri temi che riguardano la Sicilia.
Oggi, che il travaglio è finito e il nuovo partito nasce, va chiesto con forza agli organismi del PD appena eletti di chiarire il sistema di rapporti politici e istituzionali di cui intendono farsi portatori in Italia e in Sicilia: se, cioè, la separazione dei poteri sia o meno un elemento fondante di questi rapporti e, soprattutto, se nella traduzione siciliana c’è la consapevolezza di quanto questa divisione sia indispensabile alla lotta alla mafia e al malgoverno. Si deve poter aprire un confronto ampio e libero che consenta di assumere posizioni politiche di merito, comprensibili tra i 180 mila elettori siciliani delle primarie, e condivisibili dalla maggioranza del partito piuttosto che da ristretti gruppi che tendono a subordinare a troppo prudenti logiche elettoralistiche problemi di così enorme rilevanza coll’unico risultato di lasciare a Cuffaro il potere di disporre della Sicilia come e quando gli pare, di definire i tempi della politica, di sottoporre la magistratura a pressioni e condizionamenti senza precedenti. Questa situazione blocca la Regione, paralizza la maggioranza di centrodestra e, dietro di essa, tutto il parlamento regionale.

Avviare lo scioglimento dell’Assemblea Regionale Siciliana per cacciare il governo Cuffaro è una decisione non più eludibile per rispondere ai tanti segni di novità e resistenza civile che maturano nella società siciliana.

Roberto Tagliavia
Coord. Reg. Associazione LibertàEguale

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