sabato 31 gennaio 2009

Cracolici (Pd): "Siciliani, il Lombardo innovatore è un inganno. E il Pd così com'è non mi piace"

di Salvatore D'Anna
Qualcuno vuole fare passare il presidente della Regione Raffaele Lombardo come un politico innovatore, bloccato però da un parlamento che gli mette i bastoni tra le ruote. Per Antonello Cracolici, capogruppo del Pd all’Assemblea regionale siciliana, è un grande inganno. Lombardo è piuttosto un temporeggiatore, che trascina la sua esperienza di governo anche se non ha più una maggioranza che lo sostiene. Intervistato da SiciliaInformazioni Cracolici affronta i temi caldi della politica siciliana, non tralasciando di parlare del Pd, partito appena nato ma che “andrebbe rifatto”.


All’Assemblea regionale siciliana in questo momento regna la confusione. Mpa e governo da una parte, Pdl e Udc dall’altra. Il Pd sembra stare nel mezzo. Che sta succedendo?
La verità è una. La Sicilia in questi anni ha avuto una maggioranza che “gestiva” la Regione. Mai il centrodestra si era posto il problema di introdurre elementi di riforma nel sistema. Adesso stanno venendo i nodi al pettine: sanità, rifiuti, tra un po’ ne verranno altri, a partire dalla formazione professionale, la riforma della macchina della Regione che si è varata ma non è stata ancora attuata. Si sta manifestando in tutta la sua drammaticità che questa alleanza di centrodestra non ha un’idea comune su nulla. È una maggioranza che si è messa insieme nell’intento di gestire il potere. Quando il potere ha avuto bisogno, per essere gestito, di essere cambiato, si è innescato un cortocircuito. Sta crescendo, inoltre, un sentimento di litigiosità al loro interno che è difficile ricomporre.

Come si esce da questa situazione?
Mi pare che il presidente della Regione abbia un dovere. Lui non può continuare a galleggiare, non può pensare che questa sia la strada per andare avanti. Proseguire a tenere in vita un’alleanza che è in evidente stato di coma è da parte di Lombardo un atto di profonda irresponsabilità. La conseguenza è che da un mese e mezzo la giunta non viene convocata, e non esiste decisione su cui non si celebra uno scontro durissimo. Stanno paralizzando la Sicilia. Il presidente della Regione ha l’obbligo di dichiarare la fine politica di questa maggioranza, prendere atto che non esiste più e comportarsi di conseguenza. Non si può continuare a fare finta che quello che sta succedendo sia un semplice fuoco di paglia. La maggioranza è collassata perché i partiti di centrodestra non hanno un’idea comune su come gestire la Sicilia.

Il capogruppo dell’Udc all’Ars, l’onorevole Rudy Maira, l’ha attaccata dichiarando: “Cracolici non esercita il diritto che spetta alle opposizioni, quello di chiedere le dimissioni del capo del governo. Forse pensa a maggioranze variabili”.
È singolare che l’onorevole Maira dica a me di chiedere le dimissioni del presidente della Regione. Vista la situazione politica in atto, dovrebbe invece chiedere ai suoi assessori di riferimento di uscire dalla giunta. L’Udc forse pensa di mantenere il piede in due scarpe, gestendo da una parte e entrando in conflitto dall’altra. Questa è schizofrenia politica, recitare più parti all’interno di una commedia. Sono a sostegno del governo? Lo dimostrino. Sono in conflitto? Prendano atto di non fare più parte di questa maggioranza. Il Pd ha votato con il governo solo quei testi, come quello degli Ato, da noi stessi proposti. E aggiungo che in queste ore il problema non è chiedere le dimissioni di Lombardo, ma prendere atto che il presidente ha un governo espressione di una maggioranza che non c’è più, che non esiste. Forse la prima cosa che bisogna chiedere sono le dimissioni del governo.

Molti dei passi futuri di governo come l’approvazione del bilancio regionale, sono legati ai fondi Fas. Quanto “pesano” Lombardo e l’Mpa a Roma, dove fanno parte dell’esecutivo nazionale, alla luce di quanto accade oggi in Sicilia?
La situazione è tragicomica. C’è un presidente della Regione che rivendica l’autonomia, ma che ha legato il destino e le azioni del suo governo alle decisioni di Silvio Berlusconi, con la conseguenza che anche il potere di rappresentanza e di difesa degli interessi della Sicilia sono legati alla “generosità” del premier. Lombardo sta commettendo un tragico errore, cioè ritenere che il rapporto con lo Stato possa essere basato su questi presupposti. Io lo chiamo ascarismo, non rivendicazione dell’autonomia. L’Mpa sta indebolendo il profilo della Sicilia. Mai un governo aveva deciso di legare il suo Bilancio alle decisioni di quello nazionale. Lombardo, inoltre, prima critica le decisioni di Berlusconi, ma poi non fa mai mancare il suo voto al Parlamento nazionale. Questo mi pare trasformismo.

C’è chi vede Lombardo come l’uomo delle riforme. Lei che ne pensa?
Vedo un desiderio di riforme, ma anche una sostanziale paralisi nell’azione. Quello del presidente della Regione innovatore che viene bloccato da un parlamento conservatore è un grande inganno. Noi abbiamo in realtà un presidente che in questi otto mesi ha dimostrato di essere un temporeggiatore. L’unica decisione che assume è il rinvio di ogni decisione. Non c’è atto azione che non sia frutto di un’estenuante rinvio. Forse il presidente della Regione pensa che il tempo lo aiuti a stancare i suoi avversari. Questa tecnica non fa i conti con una regione che ha dei problemi che vanno affrontati e risolti subito.

Alcuni deputati del Pd, Apprendi e Barbagallo, hanno sollevato il problema dei costi della politica regionale, tra missioni e indennità ai deputati.
Le ragioni poste dall’onorevole Barbagallo non possono essere liquidate come demagogia. Ogni volta che viene posto un problema sulla sobrietà che il sistema politico ha il dovere di avere, c’è chi ritiene che porre questo tipo di tematiche sia pura demagogia. È un atteggiamento inaccettabile. Con altrettanta nettezza devo dire però che non mi convince anche chi di fatto favorisce una campagna tesa a rappresentare chi fa politica come una sorta di criminale. Le indennità che percepiscono i deputati regionali, equiparate a quelle dei senatori, sono state fissate da una legge istituita nel 1962. Non è una decisione presa di recente e costituisce un parametro, nel bene e nel male. E io dico “meno male!”. Se non ci fosse stata, nel corso di questi 47 anni chissà dove saremmo arrivati. Tra l’altro negli ultimi sei anni l’assemblea regionale non ha volutamente adeguato gli aumenti che si sono attuati in Senato, per cui oggi noi abbiamo delle indennità che sono inferiori a quello dei senatori. Rappresentare il tema dei costi della politica come un tema di chissà quale dimensione criminale non è corretto.

Resta comunque il fatto che le indennità per i deputati che fanno parte della commissioni esistono.
Credo che la politica debba dare un livello di accettabilità alle sue azioni. Barbagallo ha posto un esempio. Si può costituire una commissione, come quella dello Statuto, che si è riunita pochissime volte in sei mesi e dove ci sono delle indennità che i deputati che ne fanno parte percepiscono? Se le commissioni si fanno devono servire a qualcosa, non solo a elargire indennità. È un ragionamento che condivido.

A marzo ci saranno le primarie per scegliere il nuovo segretario regionale del Pd. Un partito unico, ma è innegabile che esistono due correnti, quella che fa riferimento agli ex diessini e quella che invece raccoglie gli uomini della Margherita. Lei come vive il Pd attuale?
Lo vivo male perché vedo dei pericolosi passi indietro. Non solo non c’è l’amalgama, ma addirittura vedo rischi di irrigidire dentro profili identitari ciò che era l’esperienza dei Ds e della Margherita. Io credo che bisogna rilanciare il progetto del Pd. Oserei dire che bisogna rifare il Pd, forse in Sicilia bisogna addirittura ancora farlo, superando alcune suggestioni e scorciatoie con cui abbiamo costruito il partito. Pensare che le primarie fossero il fine di questo partito e non un mezzo per selezionare la sua classe dirigente rischia di indebolirci. Le primarie durano un giorno. Bisogna fare politica, costruire consenso, fare sentire il partito come una comunità di valori, di idee condivise. Rischiamo invece di costruire un modello che è quello del “partito della domenica”, che si esalta il giorno delle primarie e poi negli altri giorni affida la sua politica a un ceto molto ristretto.

Ha nostalgia dei vecchi partiti?
Quel modello ideologico non esiste più. Penso che un partito oggi debba promuovere nella società un’idea condivisa delle soluzioni da dare ai problemi. Le modalità non devono essere per forza quelle del passato, penso a un luogo di appartenenza. Io adesso non la vedo, non solo nel Pd. Dobbiamo decidere cosa vogliamo. Ci muoviamo all’interno di dinamiche molto ampie, Stato, Ue, pensare di risolvere tutto con una verniciatina di sicilianismo non porta da nessuna parte. Dobbiamo rappresentare la bella Sicilia, il Pd deve essere un partito che parla più il dialetto e meno la lingua italiana, perché il dialetto sia compreso nel resto del Paese, non per continuare a parlare tra di noi.
SiciliaInformazioni.com, 31 gennaio 2009

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