venerdì 18 gennaio 2008

Blitz "Addio pizzo", 39 arresti a Palermo

Centinaia i commercianti citati nel libro mastro del pizzo gestito da Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Una squadra di esattori li terrorizzava. A chi si rifiutò di pagare fu bruciata l'attività. Trovato il dizionario del perfetto mafioso. Decifrati i 700 pizzini sequestrati a novembre agli eredi di Provenzano. Lo Piccolo jr scriveva le parole che deve pronunciare un vero boss

di SALVO PALAZZOLO
PALERMO - A come arbitro: "Per fortuna, ognuno lo è di se stesso". B come beneplacito: "Serve sempre il mio". C come correggere, correggermi: "Solo io ho l'autorità per farlo". Poi F: "Freudiano". Sino alla V, verità: "Bisogna sempre accertarla". Alla Z, zizzania: "Secondo me questo tizio è uno che gli piace seminarla". Il dizionario del perfetto capomafia è in otto pizzini che il giovane Sandro Lo Piccolo aveva riempito fino all'inverosimile di parole e frasi, tutte quelle che riteneva appropriate per un padrino al contempo moderno e vecchio stile, alla maniera di Bernardo Provenzano. Così voleva essere il rampollo dell'ultimo signore di Palermo, finito in carcere assieme al padre il 5 novembre scorso. Annotava di tutto sui suoi block notes, dalla contabilità del pizzo agli affari da concludere, alle prove di scrittura. Dal giorno del blitz è tutto sotto sequestro. Sono 700 i pizzini decifrati dagli investigatori della squadra mobile diretta da Piero Angeloni e dal pool di magistrati coordinato dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo. Grazie a quei biglietti, stanotte è scattato il blitz - ribattezzato "Addio pizzo" - contro i nuovi quadri dirigenti di Cosa nostra e gli esattori del clan Lo Piccolo, 39 persone in tutto. Nella lista, c'è un altro figlio di Salvatore Lo Piccolo, Calogero, che aveva preso le redini del mandamento dopo il blitz del 5 novembre. E poi i mandanti del rogo che nel luglio scorso distrusse il grande magazzino di Rodolfo Guajana, punito perché si era rifiutato di cedere al racket. Tanti altri imprenditori palermitani, sono centinaia quelli segnati nel libro mastro del pizzo, non hanno mai denunciato. Adesso, rischiano un'accusa di favoreggiamento.
Due ex fidati dei Lo Piccolo hanno contribuito a svelare i segreti più recenti della mafia palermitana, Francesco Franzese e Antonino Nuccio. I nuovi pentiti hanno raccontato che Sandro Lo Piccolo, appena trentenne, era ormai nel ruolo del vero capomafia. Riteneva di avere i titoli giusti: l'ergastolo per un duplice omicidio, una latitanza di sette anni, un cognome influente. Ma con i suoi collaboratori più stretti continuava a rammaricarsi di non avere fatto il liceo. Ecco perché aveva intrapreso il più singolare dei corsi da autodidatta: non era soltanto un collezionista di citazioni da buona mafia, lui studiava per davvero le espressioni del vero padrino. Poco importa che alcune fossero sgrammaticate, erano tratte dai pizzini di Provenzano, l'unico libro di testo adottato da Cosa nostra siciliana, quello che ha segnato il genere letterario del perfetto capomafia. "Nella vita c'è un valore umano che vale più della libertà, l'onore e la dignità", questa frase doveva piacere particolarmente al giovane Sandro, perché l'aveva sottolineata. Così pure: "C'è una parabola che dice che ad un albero puoi togliere le foglie, puoi tagliare i rami, ma quando le radici sono forti e grandi, stai pur tranquillo che sia i rami che le foglie ricresceranno". Il giovane mafioso continuava a selezionare citazioni. Tra queste parole si sono districati i pm Domenico Gozzo, Gaetano Paci, Francesco Del Bene e Annamaria Picozzi, come fosse un giallo letterario. Perché dietro la personalità di Sandro Lo Piccolo c'è l'essenza della nuova mafia, così come è stata riformata da Provenzano dopo le stragi Falcone e Borsellino. "Extremis, a mali estremi estremi rimedi - annotava - Non tollero, tolleranza. Non voglio fare né la morale e né quanto meno la paternale a nessuno. Determinante. Delucidazioni. Non collima, collimano. Pondera bene. Sei stato molto esauriente. In via ufficiosa. In via confidenziale. Io non posso fare il frate francescano per fargli un favore a loro". Tanto si allargava (non molto a dire il vero) l'orizzonte letterario dei nuovi padrini, giusto quello che serviva per fare effetto sul popolo dei picciotti addetti alle estorsioni. Magari, qualche espressione un po' più ricercata era per gli insospettabili complici: "Naturalmente - scriveva Lo Piccolo - questa vicenda ha suscitato in me i più profondi sentimenti di amarezza, sofferenza e dolore, ma non ha scalfito la mia dignità che conservo integra". E ancora: "La volevo ringraziare per la generosità che ha nei miei confronti". Oppure: "Sono molto indignato nel sentire ciò che mi scrivi". Tra una frase e l'altra, Lo Piccolo aveva segnato: "Freudiano, filosofo Freud". Aspettava l'occasione giusta per la sua citazione più colta. Ma non ne ha avuto il tempo. Adesso, in carcere, ha detto al suo avvocato, Marcello Trapani, che vuole per davvero cominciare a studiare. Nel dizionario aveva segnato da ultimo: "Cerco di scandire la giornata come meglio posso", "Purtroppo il destino mi ha messo davanti a una dura prova". E ancora: "Il panico è il nemico della ragione". Poco a poco, quel manuale di pronta scrittura era diventato per Sandro Lo Piccolo un diario di vita. E nelle ultime pagine era spuntata pure una sezione sentimentale del dizionario del perfetto mafioso: "Nostalgia. Una bellezza inaudita... incredibile. Se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti. Voglio una cosa più viscerale, profondamente radicata, tipo... amore".

(16 gennaio 2008)

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