Vincenzo Liarda |
Un sindacalista siciliano si batte per convertire a usi sociali un latifondo sequestrato a Cosa Nostra. E i capicosca gli mandano messaggi di morte. Un appello al ministro Maroni
La mafia lo ha messo nel mirino: gli sono arrivate lettere anonime, proiettili, altri lugubri avvertimenti. Ora Vincenzo Liarda, 44 anni, sindacalista della Cgil del piccolo paese di Polizzi Generosa (meno di 4.000 abitanti in provincia di Palermo) "gira" la pratica a Roberto Maroni: "Al ministro dell'Interno chiedo di risolvere con una norma l'intoppo burocratico che blocca l'assegnazione di Verbumcaudo, il feudo nelle campagne delle Madonie confiscato a Michele Greco, il "papa" di Cosa Nostra". E' per questa battaglia a favore della cooperativa "Placido Rizzotto" dell'associazione Libera che il sindacalista Liarda è stato minacciato più volte da Cosa nostra negli ultimi mesi. L'ennesimo avvertimento domenica scorsa: una decina di alberi di ulivo del suo piccolo appezzamento di terra, in contrada Chiaretta a Polizzi Generosa, sono stati tagliati a colpi di accetta. Un messaggio che nelle zone rurali della Sicilia suona ancora come l'ultimo della serie. "Dico subito che il ministro Maroni mi è stato vicino. Ha firmato lui l'assegnazione di una tutela dei carabinieri a protezione della mia incolumità", racconta Liarda. "Ma il problema ovviamente non è personale. Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, ha spedito qui in Sicilia il responsabile della sicurezza e legalità del sindacato in cui milito da venti anni e insieme al segretario regionale Mariella Maggio abbiamo parlato di una serie di iniziative per tenere alta l'attenzione sul caso Verbumcaudo".Sequestrato nel 1987 dal giudice istruttore Giovanni Falcone (allora aveva un valore stimato di 2 miliardi e mezzo di lire), il feudo si estende per 150 ettari e la sua assegnazione per fini sociali è bloccata: "Sul bene c'è un'ipoteca sottoscritta da Michele Greco quando si impossessò del feudo che apparteneva al conte Salvatore Tagliavia", spiega Liarda. "I diritti della banca creditrice vanno preservati, è ovvio. Ma la legge sui beni confiscati non consente al momento altra strada che la vendita all'asta del feudo. Così lo spirito dell'espropriazione dei beni ai boss, in questo caso, viene tradito da una norma che andrebbe modificata al più presto". Liarda, 44 anni, sposato, vivaista forestale, da maggio scorso ha ricevuto una serie di lettere di minacce: proiettili, avvertimenti a smetterla con la campagna per l'assegnazione del feudo a Libera. Poi un ritaglio di giornale con la foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e una scritta inquietante, destinata al sindacalista e al senatore Giuseppe Lumia del Pd, che ha sposato la sua causa: "Anche se siete meno importanti farete la stessa fine". "Era il 21 dicembre 2007 quando, alla fine di un lunghissimo e complesso iter, il feudo è assegnato al Comune di Polizzi che ha deciso di affidarlo alla cooperativa Placido Rizzotto", scrive il senatore Lumia in una interrogazione presentata il 15 luglio ai ministri dell'Interno e della Giustizia. "L'obiettivo è quello di realizzare attività agricole e agrituristiche per creare occupazione e, allo stesso tempo, dare un segnale forte di legalità e sviluppo". Ma la scoperta dell'ipoteca firmata dal capomafia palermitano rivoluziona tutto: "Il magistrato dell'esecuzione del Tribunale di Termini Imerese blocca di fatto l'assegnazione alla cooperativa Rizzotto", spiega Lumia, "e avvia un percorso che porta inevitabilmente alla vendita del feudo con un'asta pubblica. Nel frattempo decide di assegnarne la gestione, addirittura a titolo gratuito, ai proprietari dei terreni confinanti, i fratelli Battaglia, i quali da sempre hanno condotto, di fatto, il feudo, e sui quali è necessaria una rigorosa verifica sui loro legami con il boss Michele Greco e sugli attuali riferimenti del clan Madonia". Nell'attesa che la magistratura indaghi, Liarda rilancia il suo appello a Maroni: "Ministro, faccia approvare al più presto una norma che sblocchi i tanti casi Verbumcaudo che ci sono in Italia. Perché, mi creda, la malaburocrazia può uccidere come Cosa nostra".
(L’Espresso, 03 settembre 2010)
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