di MATTEO TONELLI
Il No-B Day: per gli organizzatori un milione in piazza. La Questura: 90mila. Gli slogan: "Berlusconi mafioso, dimettiti". Durissimo discorso di Salvatore Borsellino. ROMA - L'onda viola invade Roma. Afferra il testimone lasciato dai girotondini nel 2002. Passa dal virtuale al reale. Da internet alla strada. Si conta e si guarda in faccia. Gioisce e assicura: "Saremo le sentinelle della democrazia". Sferza i partiti: "Ora si muovano sul conflitto di interessi". Sventola le sue bandiere il popolo viola, grida i suoi slogan e parla di "rivoluzione". Viola, ovviamente. In una Roma baciata dal sole si ritrovano in centinaia di migliaia. "Siamo un milione" assicurano gli organizzatori. Forse saranno meno, ma sicuramente tanti. Più delle aspettative. Nel mirino c'è lui, il Cavaliere "che è un mafioso", che "si deve far processare", che "si deve dimettere". Sventolano manette di polistirolo e striscioni che raffigurano Berlusconi dietro la sbarre. Li alzano giovani, ma anche tante gente che giovane non è. In molti hanno vissuto la stagione dei girotondi, ci hanno creduto, l'hanno vista scemare e adesso ci riprovano. Sfilano con drappi viola al collo, lontani dalle bandiere dei partiti. Quelli che oggi sono in piazza e quelli che non ci sono. Severi nel criticare un'opposizione "troppo morbida". Critici verso un Pd che oggi c'è ma non c'è. C'è tanto rosso per le vie della Capitale. E' quello delle bandiere delle varie anime dell'universo comunista. Tornano i verdi e il loro "Cavaliere radioattivo". C'è anche qualcosa del Pd: la presidente Rosy Bindi, Ignazio Marino e qulacun altro. Sicuramente molti di più i militanti "in incognito".
Il mare viola si prende la scena. Apre il corteo con un "Berlusconi dimissioni" che è il programma e la piattaforma del movimento. Forse limitata, ma oggi basta e avanza. Il serpentone si muove alle 14 e i numeri non sembrano oceanici. Ma con il passare dei minuti il corteo si ingrosserà fino a diventare enorme. "E' il miglior corteo degli ultimi 150 anni" recita uno striscione. Un corteo dove di "antiberlusconismo come un errore" non si vuol neanche sentir parlare. Una folla che attacca Berlusconi ma non risparmia Massimo D'Alema. E che, a sorpresa, loda Gianfranco Fini. L'onda viola arriva a piazza San Giovanni e la riempie. Tracima nella strade vicine. Si affolla intorno al palco. Di Pietro piazza le sua bandiere in prima fila, mentre l'ex pm e i suoi ostentano sciarpe viola: "Più opposizione e più piazza - dice il leader dell'Idv - il buon esempio della società civile serva alla politica per ritrovare l'unità". Rosy Bindi lo ascolta e chiosa: "Noi qui ci siamo ma non ci mettiamo il cappello. Sinceramente mi ha dato fastidio vedere le bandiere dei partiti". Le ruggine, anche oggi, resta. Dal palco il fratello del giudice Borselino è durissimo: "Il vero vilipendio è che persone come Schifani e Berlusconi occupino le istituzioni. Schifani non vuole chiarire i rapporti avuti con la mafia nel suo studio professionale". Mentre Borsellino parla in molti agitano la riproduzione dell'agenda rossa (quella vera è scomparsa) del magistrato antimafia. La conta prosegue. "Siamo un milione", assicurano gli organizzatori. "Solo 90mila" ribatte la Questura. La piazza salta, si spella le mani quando dal palco criticano la "timidezza" del Pd, torna a chiedere le dimissioni del premier. Ma non solo. Da San Giovanni arriva un segnale, forte, all'opposizione. "E' una festa - dice Gianfranco Mascia, che ai girotondi aveva partecipato -. Il viola è il colore che tiene insieme color che sono stufi della deriva che ha preso questo paese". Ma chi è questa gente che ha invaso Roma? "Gente che si era allontata dalla politica ma che non sono contro la politica" dice il portavoce Massimo Malerba. E da domani? "Lo decideremo insieme, ma Berlusconi stia sicuro: gli staremo col fiato sul collo". Già, il domani. E l'eredità che questa giornata lascia alle forze dell'opposizione. Con un Berlusconi in difficoltà, capire e gestire questa spinta è la vera sfida. Che tatticismo, polemiche e "cappelli" dei partiti rischiano di vanificare.
(La Repubblica, 5 dicembre 2009)
domenica 6 dicembre 2009
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