venerdì 11 dicembre 2009

Giuseppe De Marco da Prizzi, pioniere dell’aviazione italiana

di ANTONINO G. MARCHESE
Tra gli uomini illustri che la città di Prizzi ha dato alla nazione nel XX secolo, a parte il poeta dialettale Vito Mercadante (1873 - 1936), lo storico e paleografo Paolo Collura (1914 - 1997) e l’astrofisico di fama internazionale Giuseppe Salvatore Vaiana (1935 - Palermo, 1991), va senz’altro ricordato quel Giuseppe De Marco considerato uno dei pionieri dell’aviazione italiana, un vero personaggio nell’accezione emersoniana di “representative man”, pressocché dimenticato nella sua città natale (che non gli ha ancora intestato una via, cosa che ha fatto invece la città di Palermo), ma ben noto alla pubblicistica di settore, sia di ambito nazionale, come gli studi di Gaetano Pastoressa di Bitonto, che di ambito regionale, come gli studi di Pietro Di Marco di Mezzojuso.
Il nostro Giuseppe De Marco è inoltre citato nel volume Personaggi di provincia (a cura di Tommaso Romano, edito dalla Provincia Regionale di Palermo, 2000-2001), tra gli uomini illustri di Prizzi (p. 477), con una scheda redatta dallo scrivente e la consulenza di Carmelo Fucarino, illustre storico locale.
Giuseppe De Marco è nato a Prizzi l’11 aprile 1894, da Giorgio e da Giuseppa Ferrara, in una dimora storica del centro abitato (un tempo sede del Tribunale del Sant’Uffizio), in via Bongiorno n° 2. Abbandonati gli studi liceali (era iscritto al 1° liceo classico Vittorio Emanuele II di Palermo, dopo aver frequentato, assieme al fratello Isidoro, il ginnasio Guglielmo II di Monreale), contro la volontà paterna si recò nell’aprile 1914 a Torino per iscriversi alla scuola civile privata “Antonio Chiribiri” per apprendere l’arte del pilotaggio di aeroplani, conseguendo il brevetto civile di 1° grado (n° 330), nell’aerodromo di Mirafiori, su monoplano Chiribiri, il 28 agosto 1915.
Il fascino del volo il De Marco lo aveva subìto sin da ragazzo, avendo assistito nel 1912 in Palermo all’esibizione di un pilota francese; infatti il primo volo del vecchio continente aveva avuto luogo proprio a Parigi, nel novembre del 1906, allorché la febbre del “folle volo”, per citare Dante, aveva oltrepassato l’oceano Atlantico da quando, il 17 dicembre 1903, i fratelli Wright avevano realizzato per primi il sogno di Icaro staccando le ali da terra con il loro aeroplano a Kitty Hawk, negli States. La sfida delle vie del cielo avrebbe concluso la sua fase di esordio nel 1914 con l’ecatombe della Prima guerra mondiale che, come scrive Carlo Faricciotti, «inghiotte nel suo baratro la vecchia Europa, trasferisce nei cieli l’epica del duello cavalleresco, con protagonisti esaltati da stampa e propaganda come il Barone Rosso Manfred Von Richtofen o il nostro Francesco Baracca. Duelli che diventano soggetti da film, come nel caso di Combattimento aereo, del 1915, prodotto da Italia Film».
Mentre frequentava la scuola privata di aviazione di Torino, De Marco venne chiamato al servizio militare nella stessa città (12 settembre 1914) e incorporato nel “battaglione aviatori”, ottenendo i galloni di caporale e venendo ammesso al corso di pilota aviatore militare alla scuola di San Giusto a Pisa, ove ottenne il brevetto superiore di 2° grado in data 22 dicembre 1915 (col n° 71) pilotando un biplano francese “Caudron”.
Il 27 febbraio 1916, Giuseppe De Marco venne chiamato in zona di guerra, incorporato nella 80ª Squadriglia da caccia, dalla quale rientrò il 23 gennaio 1917 per essere assegnato al Deposito Comando Aeronautico, venendo autorizzato a compiere esperimenti tecnici, per poi passare al campo scuola idrovolanti di Sesto Calende. Dopo essere stato inviato al Campo Scuola di Passignano sul Trasimeno (15 febbraio 1919) venne trasferito alla Squadriglia idrovolanti di Palermo (20 giugno 1919). Ricoverato nell’ospedale militare della stessa città (11 febbraio 1920), gli fu assegnata per un anno una pensione di 8ª categoria. Dalle notizie del foglio matricolare, fornitomi dal pronipote (nonché figlioccio di battesimo) Bruno De Marco, emerge anche che il nostro Giuseppe, durante il servizio militare, aveva «tenuto buona condotta» e aveva «servito con fedeltà ed onore» la Patria.
Da altre notizie biografiche fornitemi dal pronipote, si apprende che sul campo di aviazione di Cascina Costa (Varese), a partire dal maggio 1915, De Marco compì voli come istruttore (avendo avuto occasione di conoscere anche il futuro eroe Francesco Baracca), annoverando tra i suoi allievi giovani aquile quali Gaffredo Gorini, Silvio Scaroni, Flavio Torello Baracchini e tanti altri passati alla storia aviatoria italiana, classificati tra i più ardimentosi assi da caccia. Baracchini, in particolare, verrà decorato di medaglia d’oro al valore militare per avere abbattuto in trentacinque combattimenti ben nove aerei nemici.
Nel novembre dello stesso anno 1915, richiamato al campo di Mirafiori (passato, nel frattempo, all’autorità militare), Giuseppe De Marco, addetto alla sezione degli esperimenti, ebbe modo di provare in volo il radiotelegrafo senza fili inventato dal geniale scienziato Guglielmo Marconi, allora tenente del Genio militare, venendo assistito nei voli dal telegrafista tenente Borghese, sotto la direzione del capitano Achille Celloni rimasto a terra, con la presenza dello stesso Marconi che capta una lunga serie di segnali telegrafici. Inutile dire che la prova ebbe esito favorevole e fu coronata da relativo brindisi finale. (Va ricordato, in proposito, come la radiotelegrafia da campo era stata già sperimentata a Tobruk, nel 1912, durante la campagna di guerra italo-turca). Grazie a tale esperimento, con l’uso di un biplano “Caudron tipo G. 3” il caporal maggiore Giuseppe De Marco venne promosso al grado di sergente (31 gennaio 1916).
Conclusasi la Prima guerra mondiale col vittorioso armistizio del 4 novembre 1918, il valoroso pioniere alato prizzese Giuseppe De Marco si sarebbe fatto antesignano anche della propaganda sportiva aviatoria in Sicilia fondando, nel 1922, l’Aero Club di Sicilia con sede in Palermo, del quale fu presidente del Comitato provvisorio e che ebbe tra i suoi soci più rappresentativi il palermitano Giuseppe Albanese, che fu anche protagonista della Targa Florio, correndo più volte negli anni ’20 con una Bugatti 37, e l’Ingegnere Bruno Sonnino, segretario dell’Associazione, anche questi abbastanza noto nel settore automobilistico. Un giornale locale palermitano salutò il sodalizio con queste parole: «I generosi isolani, che tanto dettero alla guerra in genere e alla guerriglia aerea in specie, non hanno voluto rimanere estranei a questo magnifico movimento di rinascita e di redenzione dell’aeronautica nazionale. Fondata la loro associazione essi iniziarono immediatamente un lavoro di feconda propaganda volando e facendo volare, riavvicinando e convertendo al volo».
Ma già in data 25 luglio 1918, il giornale palermitano “Il Piccolo” così si era espresso a proposito dell’aviatore prizzese: «Inchiniamoci intanto davanti a due aviatori autentici, due dominatori dell’etere, come direbbe qualche poeta neo-arcadico della contemporaneità. Sono due giovani aitanti il signor De Marco e il sergente Garufo, due pionieri, che, dopo qualche escursione aerea non disdegnano la rotonda di Mondello e si rifanno dalle fatiche quotidiane di collaudare gli apparecchi delle Officine Ducrot».
Nel 1923, dopo avere fondato l’Aero Club di Sicilia, il nostro De Marco acquistò a Torino un biplano Caudron, che, smontato e sistemato in un cassone, venne imbarcato a Genova per Palermo. Con tale velivolo, del tipo “G. 3 bis”, dotato di un motore di 110 cavalli, compì numerosi voli di sana e feconda propaganda aviatoria, conducendo parecchi passeggeri e rendendosi disponibile anche a condurre per i cieli di Sicilia il famoso paracadutista napoletano Gennaro Maddaluno che gli aveva scritto una lettera esprimendo il desiderio di venire a Palermo per potere effettuare il lancio con il paracadute su Mondello. L’evento fu sperimentato in maniera egregia mentre meno fortuna ebbe la fidanzata del paracadutista che volle anch’essa eseguire un lancio, andando però a cadere sopra alcuni fichidindia nel parco della Favorita, riportando lievi ferite.
Sempre nel 1923 il De Marco fu assunto dalla Società Aeronautica Ducrot & Florio come responsabile civile per il collaudo di veicoli militari prodotti per la S.I.S.A. Va rilevato come la Ducrot produceva mobili pregiati ed arredamenti navali, attività sospesa durante il primo conflitto mondiale allorché ottenne la licenza di fabbricare aeroplani ed idrovolanti. Durante questa attività di collaudatore il De Marco subì un incidente nel collaudo di un prototipo, fortunatamente senza gravi conseguenze, riuscendo ad ammarare, nonostante la rottura dell’elica, nelle acque di Mondello, facendosi poi trainare da un motoscafo alla fabbrica per la necessaria riparazione.
Cessata definitivamente l’attività costruttiva aeronautica della società palermitana, Giuseppe De Marco tentò invano l’occupazione di pilota collaudatore a Torino, ove anche la ditta Chiribiri aveva convertito nel frattempo la costruzione di aeroplani con quella di automobili sportive, per cui trovò occupazione definitiva presso il Comune di Prizzi, ove nel 1926 venne assunto come applicato di segreteria avventizio con delibera n° 45 del 14 dicembre.
Appena un anno dopo, nel 1927, l’Aero Club d’Italia riportava un manifesto di propaganda del seguente tenore: «Il Duce è il primo socio dell’Aero Club d’Italia. Italiani seguitene l’esempio per formare una milizia compatta di credenti nell’idea aerea».
Ironia della sorte, il nostro Giuseppe De Marco dovette rinunciare a continuare a credere “nell’idea aerea” per stabilirsi definitivamente nella sua città natale per occupare un posto di modesto impiegato municipale ed ove rimase fino al collocamento in pensione avvenuto nel 1961. Interrotti i rapporti mondani con la capitale dell’Isola, il De Marco ebbe modo di frequentare il marchese Orazio Arezzo il quale con la famiglia soleva trascorrere la calda estate siciliana nelle sue tenute di Filaga.
Trasferitosi dopo il pensionamento a Palermo, il De Marco vi consumò gli ultimi anni della sua vita, ivi morendo il 5 gennaio 1980, amorevolmente assistito dalla figlia Giuseppina che aveva avuto dalla moglie Teresa Cavagno, una bella torinese che aveva sposato nel 1919 e dalla quale aveva avuto anche due figli maschi: Giorgio e Antonino.
Solerte e zelante funzionario del Comune natìo per ben trentacinque anni, insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone, De Marco venne intervistato due anni prima della morte (il 24 agosto 1978) da un conduttore della “Radio Centrale di Prizzi” mostrandosi del tutto sorpreso che qualcuno si ricordasse ancora di lui e del suo passato di eroico aviatore, schivo e modesto qual era. Venne sepolto nel cimitero di Prizzi, nella tomba di famiglia, accanto alla moglie Teresa a lui premorta (22 aprile 1979).
Gaetano Pastoressa ha voluto ricordare nel suo Dizionario dell’aviazione italiana il valoroso Giuseppe De Marco come «assai bella figura di pilota-istruttore, che appare ritratta sempre elegante e compìta sia in uniforme militare che in maglione nero e a collo alto», mentre il “Giornale dell’Isola” di Catania, in un articolo del 4 novembre 1923, scriveva che il nostro pioniere dell’aria «possiede le mirabili virtuosità dell’uomo appositamente plasmato per dominare lo spazio».
Antonino G. Marchese
NELLE FOTO. Dall'alto in basso: Giuseppe De Marco col sen. Guglielmo Marconi, (Mirafiori 1915); Giuseppe De Marco col cap Celloni (al centro) e il sergente Baldioli (a sinistra), Mirafiori 1915.

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