giovedì 17 dicembre 2009

Informazione e mafie/ Nove giornalisti uccisi e centinaia di cronisti minacciati

di Alberto Spampinato*
Se tutti gli altri fanno un passo indietro, i pochi che restano ostinatamente a fare i cani da guardia corrono più pericolo, sono isolati e possono essere neutralizzati nelle forme più spicce e brutali, con la violenza e nei casi estremi perfino con l'omicidio, come dimostrano, nel modo più eloquente, le storie dei nove giornalisti uccisi in Italia (otto in Sicilia e uno in Campania) mentre raccontavano l'altra faccia della mafia, quella più sanguinosa e brutale, quella della contaminazione con la politica e con il mondo degli affari. Vittime dimenticate dei quali spesso non si ricordano neppure i nomi: Cosimo Cristina (1935-1960), Mauro De Mauro (1921-1970), Giovanni Spampinato (1946-1972); Giuseppe Impastato (1948-1978), Mario Francese (1925-1979), Giuseppe Fava (1925-1984), Mauro Rostagno (1942-1988), Giuseppe Alfano (1945-1993). Giancarlo Siani (1959-1985). Voglio ricordarli con le parole pronunciate all'ultimo congresso della FNSI (Castellaneta Marina, 26-30 novembre 2007) dal segretario generale uscente Paolo Serventi Longhi e da Sergio Zavoli, un maestro del giornalismo italiano, che li hanno ricordati dicendo che, insieme a tutti i cronisti che rischiano ogni giorno l'incolumità personale per tenere la schiena dritta, "sono l'onore del giornalismo italiano". Centinaia minacciati. Quanti sono i cronisti minacciati in Italia? Non siamo in grado di dirlo. Nessuno è in grado di rispondere con esattezza. Probabilmente sono centinaia. E’ difficile contarli perché molti casi sono resi invisibili dall'oscuramento, altri dalla paura che spinge i minacciati a nascondersi, a portare in silenzio e solitudine la loro croce. Le informazioni disponibili, sparse e frammentarie, riguardano solo alcune decine di loro. I casi più noti sono quelli di Lirio Abbate, cronista dell'Ansa di Palermo (ora dell’Espresso), del giornalista-scrittore Roberto Saviano, della cronista giudiziaria del “Mattino” di Caserta Rosaria Capacchione. Tutti minacciati di morte e costretti a vivere sotto scorta, e quello di Pino Maniaci, direttore di Telejato. Il Rapporto Ossigeno 2009, pubblicato sulla rivista “Problemi dell’Informazione” (Il Mulino), disponibile sui siti ufficiali della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti e su numerosi altri che condividono il progetto, contiene tre reportages in Sicilia, Calabria e Campania fra i cronisti più esposti; analizza la dinamica dell’isolamento del giornalista che non osserva le regole non scritte della “prudenza”; elenca 52 episodi di minacce e intimidazioni registrati nel 2006-2008 sui giornali o segnalati da attestazioni di solidarietà. I casi di minacce e intimidazioni individuali sono 43, altri nove riguardano intere redazioni (Secolo XIX, Telegenova, Chi l’ha visto?, Corriere di Livorno, Famiglia Cristiana, Avvenire) con oltre cento giornalisti. A questi, secondo il Rapporto, bisogna aggiungere le centinaia di giornalisti italiani che non hanno avuto neppure la forza di denunciare la violenza. Dopo la pubblicazione del Rapporto 2009 sono emersi nuovi gravi episodi: José Trovato corrispondente del Giornale di Sicilia da Leonforte (Enna), Nello Rega, della redazione esteri di Televideo Rai, Gianni Lannes, free lance di Orta Nova (Foggia), altri giornalisti di “Calabria Ora”, e altri ancora. Storie meno note, alcune disconosciute o del tutto oscurate, ma non per questo meno drammatiche. Tutto ciò testimonia che il fenomeno dei giornalisti minacciati in Italia è di stringente attualità, non appartiene a un’epoca trascorsa.L'autocensura. Tutti queste casi ci indicano giornalisti coraggiosi, animati da impegno civile e professionale, fieri del proprio ruolo di informatori dell’opinione pubblica. Spesso, quasi sempre, sono isolati dalla loro comunità e anche all'interno della categoria dei giornalisti, che non riesce a condividere del tutto questi problemi né a esprimere la piena solidarietà che in questi casi è doverosa e necessaria. E’ un discorso penoso. Ma bisogna affrontarlo. Se vogliamo parlare il linguaggio della verità, dobbiamo parlarne, senza nasconderci e senza sottovalutare ciò che non pochi giornalisti pensano e dicono, sia pure sottovoce: che Abbate, Saviano, Lannes e tutti gli altri, se la sono cercata; che c’è un unico modo per evitare certi rischi, e consiste nel non pubblicare certe notizie. Cioè nell’accettare l’auto- censura come un dato di fatto. Dobbiamo tenere conto di questo punto di vista che ha molti silenziosi sostenitori. Vogliamo misurarci con loro, confutare pacatamente e in modo argomentato la loro tesi. Dobbiamo ascoltare le loro ragioni e motivazioni, annotare i riferimenti a casistiche particolari e tenerne conto. Ma dobbiamo fare questa discussione senza rinunciare a dire che consideriamo sbagliato, non condivisibile il ricorso sistematico e senza distinguo all’auto-censura. Chi considera l’auto-censura un dato di fatto ineliminabile, ho avuto modo di dire, il 28 novembre 2007 al congresso nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, esprime un punto di vista aberrante che io respingo e che tutti insieme dobbiamo confutare, perché infanga la memoria di tutti i giornalisti che in Italia sono stati uccisi per non rinunciare a fare onestamente e fino in fondo il loro lavoro. Dobbiamo confutare questo modo di ragionare perché nega la verità, perché nega un principio fondamentale della nostra professione: quello dell’autonomia e dell’indipendenza di giudizio del cronista. Cosa fare. Spetta a noi giornalisti scegliere le notizie da pubblicare, non spetta mai alle fonti della notizia, non spetta a chi teme di essere danneggiato. Dobbiamo ribadirlo, dobbiamo fare capire che solo se agiremo sempre così, non esisteranno “notizie che uccidono”. Esisteranno solo mafiosi, criminali, prepotenti che minacciano e sono pronti ad uccidere per censurare notizie a loro sgradite, notizie che secondo la nostra deontologia professionale sono uguali a tutte le altre. Nel richiamare questi punti, chiedo che da oggi in avanti la FNSI dedichi a questo tema una attenzione maggiore, un impegno continuativo per chiamare tutti i giornalisti a discuterne, per offrire un forte sostegno a tutti i giornalisti che entrano nel mirino. Penso a un osservatorio ad hoc da istituire e a un ufficio di garanzia presso la presidenza della FNSI. Penso a un convegno nazionale sulla cronaca locale e le sue difficoltà, perché è nella cronaca locale che nascono questi problemi. E’ nella cronaca locale che il giornalismo, giorno per giorno, vince e perde la battaglia per far vivere le notizie a dispetto di corporazioni e di interessi costituiti. E’ necessario parlare pubblicamente di queste cose, fare chiarezza, diffondere nella società la consapevolezza delle condizioni in cui si svolge il nostro lavoro. Dobbiamo spazzare via gli equivoci e superare un senso di rassegnazione che esiste, che va compreso, che può essere superato solo assumendo iniziative in grado di alimentare il coraggio e la speranza. Dobbiamo osservare il fenomeno in modo analitico. Perciò non possiamo accontentarci di parlarne mentre siamo sballottati dall’onda dell’emergenza e sopraffatti dall’emozione per il caso di un cronista in pericolo. Dobbiamo discuterne a freddo. Solo così potremo scoprire quale tremenda dinamica si innesca ogni volta che un cronista finisce nei guai per aver maneggiato notizie scottanti, e in particolare quelle ostili alla criminalità organizzata. E’ una dinamica che ho osservato e che frena la solidarietà incondizionata che serve in questi casi. Dobbiamo capire cosa c’è dietro queste dinamiche e trovare gli opportuni correttivi. Facciamo insieme questa analisi. Diciamo cosa dobbiamo fare noi e cosa dovrebbero fare altri soggetti: a cominciare dagli editori e dal mondo della politica. Perché questo è un problema che riguarda i giornalisti, ma non solo loro. La prima cosa che dobbiamo fare è rompere il tabù che ci impedisce di dire questa verità amara e tremenda”. Per sviluppare questa riflessione collettiva, la FNSI e l’Ordine Nazionale dei Giornalisti hanno fondato “Ossigeno per l’informazione”, con la partecipazione di UNCI, Articolo 21 e Libera Informazione. Con il Rapporto 2009, l’osservatorio ha fornito una documentazione e una base analitica per avviare in modo oggettivo la discussione che stiamo sviluppando in tutta Italia. (leggi la prima parte dell'intervento).
* Coordinatore nazionale di Ossigeno - Osservatorio sui cronisti minacciati
Bari, 16.12.2009
DA LIBERAINFORMAZIONE

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