di Lirio Abbate
L'esordio del metodo Bertolaso: 100 milioni per l'America's Cup 2005. Con la supervisione di D'Alì: il padre di Protezione civile spa ora indagato per mafia
Sembrano legati da un filo invisibile, ma anche da amicizie e passioni comuni. Come i 'grandi eventi'. Sono Guido Bertolaso e il senatore del Pdl Antonio D'Alì entrambi coinvolti adesso in inchieste giudiziarie. Le loro strade si sono incrociate per la prima volta sei anni fa, quando il parlamentare era sottosegretario all'Interno e all'epoca fu attivissimo nel convincere Ernesto Bertarelli patron di Alinghi, a portare nel 2005 la Louis Vuitton Acts, la fase preparatoria della Coppa America, nella sua Trapani. Per questo evento vennero messi a disposizione da enti pubblici 100 milioni di euro per realizzare le nuove opere portuali. Si doveva fare tutto in fretta, in deroga a normative ambientali, prima dello sparo di cannone che dava il via alle regate. E così venne inventato il metodo Bertolaso: su proposta di D'Alì, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi colse al volo l'occasione per decretare la manifestazione come 'grande evento', nominando il capo della Protezione civile quale commissario delegato. Un sistema che permetteva di affidare i contratti senza gara: un modo di operare diverso dagli appalti pubblici dove vince chi offre il ribasso maggiore, qui invece è premiata l'offerta che piace di più. Un'operazione che è stata poi replicata per i lavori del G8 de La Maddalena e per la ricostruzione del dopo terremoto a l'Aquila.Ma se il 3 settembre 2004 il consiglio dei ministri dichiarava che la Louis Vuitton Cup Acts era un 'grande evento' e dunque si poteva procedere in emergenza con la Protezione civile, adesso sulla stessa manifestazione che si deve svolgere alla Maddalena la Corte dei conti "dubita". Per i magistrati contabili la regata non può essere "riconducibile alla categoria dei 'grandi eventi rientranti nella competenza del dipartimento della Protezione civile'". Il motivo è che i 'grandi eventi', "quand'anche non si sostanzino in calamità o catastrofi, dovrebbero pur sempre riferirsi a situazioni di emergenza che mettano a grave rischio l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente". Nulla di tutto ciò, scrive nella sua istruttoria il magistrato Rocco Di Passio, "sembra possibile ravvisare nel 'grande evento' della regata velica Louis Vuitton il cui assoggettamento al decreto della presidenza del consiglio del 30 dicembre 2009 appare dunque fuori luogo". Sei anni fa tutto invece sembrava passare sotto silenzio. Ma in Sicilia un affare da 100 milioni di euro non sfugge ai boss. Un imprenditore, Antonino Birrittella, arrestato per mafia e adesso collaboratore di giustizia, ha raccontato ai magistrati che le imprese vicine ai clan avevano saputo già in anticipo chi si sarebbe aggiudicato i cantieri dell'America's Cup. E le ditte che avrebbero fornito i materiali. Per questo motivo Birrittella sostiene che per prepararsi all'evento aveva iniziato ad acquistare i mezzi meccanici necessari per essere pronto a cominciare, già alcuni mesi prima dell'aggiudicazione dei lavori. La previsione, sostiene il pentito, fu rispettata. Su questo grande affare indagò cinque anni fa la Commissione parlamentare antimafia, che nella relazione di minoranza parla proprio di 'condizionamento degli appalti della manifestazione' prospettando 'l'ipotesi di una ingerenza dell'organizzazione mafiosa'.Fra le imprese che si aggiudicano i lavori di completamento delle opere foranee nel porto di Trapani vi è anche la Coling Costruzioni generali che fa capo alla famiglia Morici, indicati dagli inquirenti molto vicini al senatore D'Alì.Gli affari trapanesi protetti dallo scudo emergenziale della Protezione civile che ruotano attorno all'America's Cup vengono sfiorati subito dalle inchieste su mafia e pubblica amministrazione che nell'ottobre 2004 portano in carcere il capo del Settore Urbanistica del Comune di Trapani, l'ingegnere Filippo Messina, accusato di corruzione, falso e turbativa d'asta. È il vaso di Pandora per gli investigatori: i contatti del tecnico comunale portano a imprenditori, politici e mafiosi. Indagando sul funzionario arrestato, la polizia scopre anche un collegamento con le opere dell'America's Cup. L'uomo, per motivi che non sono stati mai chiariti, si recava al ministero dell'Interno nel periodo in cui D'Alì era sottosegretario. Messina arrivava al Viminale in occasione di riunioni che si tenevano prima dello svolgimento delle gare veliche. All'epoca a condurre quell'istruttoria furono i pm Andrea Tarondo e Giuseppina Mione. Ora la Mione è a Firenze e sta coordinando insieme agli altri colleghi della procura l'inchiesta sui grandi eventi in cui è coinvolto Guido Bertolaso, accusato di corruzione, insieme alla 'cricca' di Angelo Balducci, l'ex presidente del Consiglio del lavori pubblici.
Il senatore Antonio D'Alì dopo aver perso la carica di sottosegretario è stato eletto presidente della Provincia di Trapani e oggi è a capo della commissione Territorio Ambiente del Senato. I magistrati di Palermo, secondo quanto confermato a 'L'espresso', lo hanno iscritto nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa. L'accusa si basa su dichiarazioni di collaboratori di giustizia fra i quali Antonino Birrittella e Francesco Geraci. Quest'ultimo racconta dei rapporti che vi sarebbero stati fino agli anni Novanta fra il parlamentare e il boss latitante Matteo Messina Denaro. In particolare, la famiglia del capomafia accusato della strage di via dei Georgofili a Firenze è stata in passato al servizio dei D'Alì nelle loro tenute trapanesi. Ma nel fascicolo sono inserite anche intercettazioni in cui mafiosi parlano tra loro facendo riferimento all'ex sottosegretario. L'inchiesta va avanti già da due anni e i termini previsti dalla legge sono praticamente scaduti: la procura starebbe valutando l'ipotesi di chiederne l'archiviazione, per poi riaprirla nel momento in cui emergano ulteriori elementi d'accusa. Resta il fatto che il presidente della commissione Ambiente è ancora indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Anche nell'inchiesta di Firenze sui grandi eventi, i carabinieri del Ros registrano conversazioni in cui si fa riferimento a D'Alì. È il 2008 quando l'imprenditore Riccardo Fusi, il patron della Btp parla al telefono con il suo amico Alessandro Biagetti e quest'ultimo si augura che al ministero delle Infrastrutture vada a fare il vice ministro un suo amico, che potrebbe favorirli in alcuni affari. E cita 'Tonino', com'è chiamato dagli amici il senatore D'Alì. Erano i giorni in cui si discuteva della nuova squadra di governo. E delle nomine dei vice ministri. Poche settimane dopo la prima intercettazione, sempre Biagetti parla con Fusi e continua a sostenere che uno dei vice ministri di Matteoli potrebbe essere "il mio amico Tonino D'Alì, senatore di Trapani, tieni conto che lui è mio fratello".Per il parlamentare trapanese non ci sarà alcun posto nell'esecutivo di Berlusconi. Ma gli viene riservata la presidenza della commissione Territorio, Ambiente al Senato, la cui attività si incrocerà spesso con quella portata avanti dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Il senatore è impegnato nel controllo dell'operazione pulizia condotta in Campania da Bertolaso come commissario dei rifiuti. E il filo che lega D'Alì a Bertolaso si allunga anche sulla tragedia dell'Abruzzo. Il parlamentare indagato per mafia è il relatore del disegno di legge per gli interventi urgenti in favore della popolazione colpita dal terremoto nell'aprile 2009. Ma soprattutto è sempre D'Alì ad andare in soccorso di Bertolaso e del governo facendo da relatore in Senato del progetto di legge per trasformare la Protezione civile in società per azioni. Un progetto accantonato solo dopo la retata dei magistrati fiorentini. L'intervento degli inquirenti però non è piaciuto al senatore, che in aula lo ha criticato apertamente: "Il Parlamento è stato condizionato nelle sue decisioni da alcuni fattori esterni che non dovrebbero mai condizionare le scelte politiche". Forse il filo con Bertolaso non è ancora spezzato.
(L’Espresso, 11 marzo 2010)
Il senatore D’Alì: “Non sono indagato per associazione mafiosa”
"Non sono indagato per concorso esterno in associazione mafiosa". E' quanto afferma in una nota il senatore del Pdl, Antonio D'Alì, dicendo di aver letto sul sito dell'Espresso "un articolo del giornalista Lirio Abbate che mi indicherebbe in tal senso da due anni e comunque in fase di archiviazione. Vengono riportati fatti per i quali l'Unità e la giornalista Sandra Amurri - ricorda - sono stati già condannati per diffamazione nei miei confronti con sentenza passata in giudicato e legati ad episodi su cui stata fatta già abbondante chiarezza". "Sono fiero e orgoglioso - prosegue D'Alì - di far parte della maggioranza del Governo Berlusconi, di averne sostenuto come relatore la proposta normativa sulla legge della Protezione Civile della quale nessuno ha voluto capire il vero significato, che non era quello di privatizzazione della stessa, e per questo evidentemente oggi si cerca di attaccare la mia integrità. Ho dato mandato ai miei legali - annuncia quindi il senatore - di procedere contro l'Espresso e contro il giornalista Lirio Abbate che sembrerebbe divenuto depositario e suggeritore dei provvedimenti della magistratura palermitana".
venerdì 12 marzo 2010
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