di SALVO PALAZZOLO
PALERMO - Un giovane e brillante avvocato, Marcello Trapani, gestiva gli investimenti del clan di Salvatore Lo Piccolo, il successore di Bernardo Provenzano alla guida di Cosa nostra palermitana: otto milioni di euro sarebbero dovuti finire nel Veneto, a Chioggia, per la realizzazione di un complesso residenziale. L'anno scorso, era stato arrestato Lo Piccolo, dopo una latitanza durata 25 anni. Adesso, i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria di Palermo hanno scoperto alcuni degli insospettabili complici. L'indagine coordinata dai pm Domenico Gozzo, Gaetano Paci, Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi e dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo ha portato in cella questa mattina non solo Marcello Trapani, 39 anni, accusato di associazione mafiosa, ma anche Giovanni Pecoraro, ex responsabile del settore giovanile del Palermo Calcio: deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, perché avrebbe aiutato i Lo Piccolo nel loro progetto di pilotare i futuri lavori e la gestione del nuovo stadio. Il provvedimento di custodia cautelare firmato dal gip Silvana Saguto è fondato sulle intercettazioni, audio e video, che i finanzieri della Valutaria hanno effettuato nell'abitazione e nello studio dell'avvocato Trapani. Una telecamera nascosta ha ripreso il legale mentre scambia pizzini con uno dei figli di Lo Piccolo, Calogero, appena scarcerato. Di investimenti non parlavano mai, preferivano scrivere. E poi gettavano i bigliettini nell'immondizia. I finanzieri li hanno recuperati e ricomposti. Così è emersa la trattativa che doveva portare i boss ad investire in Veneto. Ma poi, l'arresto dei Lo Piccolo fermò l'affare. Ufficialmente, Trapani era stato nominato dalla famiglia Lo Piccolo dopo l'arresto di Salvatore e del figlio Sandro, nel novembre dell'anno scorso, per rafforzare il collegio di difesa. Il giovane avvocato, appena dal 2003 con la toga in spalla, si era subito distinto: invocando il "legittimo sospetto" della legge Cirami aveva chiesto alla Corte di Cassazione lo spostamento dei processi ai Lo Piccolo in un'altra sede giudiziaria, lontano da Palermo. "Perché qui i giudici sono condizionati dall'opinione pubblica e dai mass media", aveva annunciato. A quel tempo, sostiene la Procura, l'avvocato Trapani era già il più fidato consigliere dei Lo Piccolo. Almeno da due anni. La veloce carriera di Marcello Trapani non era passata davvero inosservata. Ai suoi colleghi, ma anche ai magistrati. Lui, d'altro canto, amava i riflettori, e non solo quelli dei processi importanti. Il legale finito in manette è pure molto noto nel mondo sportivo, perché procuratore di diversi giovani calciatori del Palermo, alcuni dei quali ceduti quest'anno a squadre di serie B. Anche i Lo Piccolo volevano entrare nel mondo del calcio, a tutto campo. Giovanni Pecoraro avrebbe avuto un ruolo persino dell'estorsione che i boss fecero all'imprenditore che stava ristrutturando la villa del calciatore Giovanni Tedesco. E nel natale 2006, i Lo Piccolo non esitarono a inviare una testa di capretto all'allora direttore sportivo del Palermo, Rino Foschi. A quel tempo, Salvatore Lo Piccolo era ormai il nuovo signore della città. Ed era iniziata la sua campagna di intimidazioni, a colpi di attentati incendiari e minacce contro i commercianti e gli imprenditori che non volevano sottostare alla legge di Cosa nostra.
(24 settembre 2008)
(24 settembre 2008)
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