Domani si ricorda la strage che provocò 85 morti. I congiunti delle vittime incontrano Prodi: "Si vada fino in fondo"
BOLOGNA - Vogliono «giustizia e verità fino in fondo», senza fermarsi «solo alle persone che sono già state condannate». I familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti) lo hanno chiesto nuovamente in un incontro a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Romano Prodi, e lo ribadiranno domani mattina alla commemorazione del 27/o anniversario, che per il Governo vedrà presente il ministro del Welfare Cesare Damiano. Nei suoi confronti c’è il rischio di contestazioni durante la manifestazione da parte di frange del movimento, ma il presidente dell’Associazione, Paolo Bolognesi, invita a farlo «dal 3 agosto in poi: i fischi - dice ancora una volta - sarebbero inopportuni».
Un minuto di silenzio alle 10.25. Un minuto di silenzio certamente ci sarà, alle 10.25, e scandirà il momento in cui il 2 agosto 1980 la bomba squassò l’intera ala sinistra della stazione: la sala d’aspetto di seconda classe, il piazzale, il bar-ristorante, gli uffici del primo piano. Le prime immagini di quell’orrore, gli interventi dei tanti soccorritori e volontari, rivivranno domattina anche in tv, su ’History Channel’, grazie ad un filmato girato allora da un giovane operatore di Punto Radio Tv.
Un ricordo delle 85 vittime. Era un caldo sabato di esodo, la stazione ferroviaria era gremita di passeggeri in partenza per le vacanze. All’improvviso il botto, tremendo, e poi polvere, macerie, sangue e corpi straziati di uomini, donne e bambini. L’esplosione investì anche il treno Adria Express 13534, fermo sul primo binario. La macchina dei soccorsi si mise subito in moto, una mobilitazione spontanea che coinvolse l’intera città. Alla fine la conta dei morti, una scansione quasi interminabile, raggiunse quota 85. La vittima più piccola fu Angela Fresu, appena tre anni, la più anziana Antonio Montanari, di 86. L’ipotesi dello scoppio di una caldaia o delle tubature del gas, la prima avanzata in quei momenti ma quasi fin da subito ritenuta poco attendibile, lasciò presto il posto alla certezza dell’esplosivo: a provocare la strage era stata una bomba ad alto potenziale.
Le condanne. Dopo 15 anni, e cinque gradi di giudizio, la sentenza della Cassazione del 23 novembre ’95 condannò all’ergastolo per l’ esecuzione della strage i terroristi dei Nar Valerio ’Giusvà Fioravanti, ex attore-bambino della tv, e sua moglie Francesca Mambro. Ma ci furono condanne anche per depistaggio: colpirono Licio Gelli, Francesco Pazienza e due ex alti ufficiali del Sismi, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Alla lista degli esecutori si è aggiunto nell’aprile scorso un altro ex Nar (Nuclei armati rivoluzionari), Luigi Ciavardini; aveva 17 anni all’epoca, fu giudicato dal Tribunale dei minori e condannato a 30 anni - sentenza confermata dalla Suprema Corte, che rigettò il suo ricorso - perchè aiutò Fioravanti e Mambro nell’ esecuzione della strage e vi partecipò «materialmente». Fioravanti nel 2004 ha ottenuto la libertà condizionale e lavora all’associazione contro la pena di morte «Nessuno tocchi Caino»; Mambro dal 2000 ha avuto la sospensione della pena per maternità (la coppia ha una bimba, che ora ha 6 anni) e lavora con il marito. «Vogliamo la verità sui mandanti - continuano a chiedere i familiari - I segreti sono cose umane, e si possono risolvere solo con la volontà umana».
La Stampa, 1 agosto 2007
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