domenica 10 maggio 2009

Il segretario nazionale dell'Irdine dei Giornalisti spiega perchè sta con Pino Maniaci

Il segretario nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, con una lettera inviata alla redazione di SiciliaInformazioni, torna sul caso che ha come protagonista Pino Maniaci, volto noto dell'emittente partinicese Telejato. Il cronista, che il prossimo 26 giugno sarà processato con il rito abbreviato per esercizio abusivo della professione giornalistica, ha recentemente presentato all'Ordine regionale la richiesta di iscrizione all'Albo.

Caro Direttore,
mi costituisco. Sono Enzo Iacopino, iscritto all’Ordine dei giornalisti con tessera n. 52279, elenco professionisti dal 1976. Nei cinque anni precedenti ho avuto quella dei pubblicisti. Sono, ahimè, recidivo, come vede. Ho letto quanto scrive, pur non trovandomi “in Alaska o Sud Africa, a Voghera o a Catania”, ma a Roma, gli interrogativi che lei si pone e che in gran parte condivido.
Non capisco. E non mi adeguo. Ho già detto che non è la tessera dell’Ordine a fare di una persona un giornalista. Ho ripetuto, fino alla noia, credo, che la competenza, la prima competenza a deliberare sulla richiesta di iscrizione di Pino Maniaci è dell’Odg della Sicilia. Senza se e senza ma. I colleghi siciliani hanno, all’interno del loro Consiglio, risorse culturali adeguate a valutare se i demeriti (mi perdoni, l’ultimo di Maniaci è del 1994 – vado a memoria – data del reato e non del 2002, anno della sentenza) dell’interessato sono superiori ai meriti che ha guadagnato con la sua attività in prima linea, mentre altri – nei loro salotti, in Sicilia, in terraferma o nel Continente – pontificavano su quel che occorre per combattere la mafia. Senza bisogno di “badanti” a livello nazionale, con fini scarsamente comprensibili, l’Ordine della Sicilia ha le risorse economiche per farsi consigliare da un legale. Ad esempio, quelle stesse che aveva in un primo tempo deliberato di investire – leggo – in una costituzione di parte civile contro Maniaci per esercizio abusivo della professione. Un’ipotesi rientrata – ne sono lieto – anche perché, presentata la domanda di iscrizione era evidente che l’attività precedente di Maniaci rispondeva agli obblighi che la legge detta per poter essere iscritto all’Ordine. Poteva l’Ordine regionale non sapere che la legge impone che la domanda può essere presentata solo dopo che siano decorsi “almeno due anni” di attività giornalistica? No, non poteva. E, francamente, avrebbe dovuto saperlo lo stesso magistrato che, avuta la notizia della presentazione della domanda avrebbe ben potuto chiedere l’archiviazione del procedimento, e non la unificazione con altro contenente ben diversa ipotesi di reato, cancellando così un capo di incolpazione che fa riferimento ad un esame di abilitazione professionale al quale gli aspiranti pubblicisti non sono tenuti dalla legge.
Non so se, come lei ipotizza, ci siano, trascrivo, difficoltà “solo burocratiche o c’è qualcosa sotto? Essendoci di mezzo la mafia, tutto è possibile. È questa l’opinione prevalente”. Ad essere sinceri, penso che molto più banalmente ci sia la preoccupazione di evitare che una decisione immediata (?: dopo quasi due anni da una pubblica manifestazione di solidarietà a Telejato) appaia come un favoritismo inaccettabile, soprattutto per i professorini dell’antimafia parolaia che non mancano tra i giornalisti. E, si sa (senza scomodare Nostro Signore) c’è sempre un Giuda che ti bacia in pubblico, ti sussurra parole affettuose all’orecchio e poi tenta di accoltellarti o ostacolarti lontano dai riflettori. E, a volte, ce n’è più d’uno.
Tifo, con lei direttore, per il Maniaci di oggi. Sono stato con lui due giorni. L’ho conosciuto di persona pochi minuti prima di accompagnarlo, con il consigliere Giacomo Clemenzi, a presentare la domanda di iscrizione, il 4 maggio. Mi è bastato chiederglielo, senza che ci conoscessimo, per telefono la sera del 30 aprile. Sì, è bastata una telefonata. Ricorda la pubblicità? Beh, in questo caso, una telefonata tutela la dignità dell’Ordine (al quale mi spiace lei non creda). E’ bastato non restare in attesa che accadesse l’irreparabile, per lui e per l’Ordine (prima di tutto per quello della Sicilia) di una condanna di Maniaci per esercizio abusivo della professione, magari ottenuta anche grazie alla costituzione di parte civile da parte dell’Ordine regionale. E’ questo che sarebbe stato “scandaloso”, non – come qualcuno ha detto – la mia presenza a Partinico, accanto al cittadino Maniaci, per testimoniare non una solidarietà parolaia, ma qualcosa di più profondo che o lo si capisce, se si hanno dentro sentimenti, oppure non vale la pena di spiegare. Questa, come lei scrive, è una “vistosa lacerazione, forse senza precedenti, sul terreno minato dell’antimafia” con l’Ordine della Sicilia? Non lo credo. Non lo voglio. Spenderò energie per evitare che così venga interpretato. E comincio da qui, approfittando per altre due righe di lei. Lasciamo lavorare i colleghi del Consiglio della Sicilia. Con serenità e con scrupolo sapranno dare, confido, la risposta che in tanti attendono. A cominciare dal cittadino Pino Maniaci. La ringrazio, direttore. Di cuore.
Enzo Iacopino
segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti
SiciliaInformazioni, 09 maggio 2009

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