Lo storico Prestigiacomo racconta con documenti inediti gli sfarzi della nobiltà di inizio '900. Domina la cronaca il mito di Donna Franca Florio, sempre in prima fila ad accogliere regnanti e magnati della finanza. La storia di Oscar Wilde che fu respinto da tutte le famiglie aristocratiche
L'ultimo libro di Vincenzo Prestigiacomo, «Vita mondana e Mano Nera nella Palermo della Belle Epoque» (Nuova Ipsa Editore), è storicamente collocato a cavallo tra '800 e '900 ed ha sullo sfondo la follia dilapidatrice di una aristocrazia che consuma l'ultimo lembo di patrimonio ereditato dagli antenati. In luce tanti aspetti di una città che segna uno dei momenti economicamente più floridi e politicamente più travagliati della storia siciliana. Nella cronaca mondana il mito dei Florio è lei, Donna Franca. Alta, snella, flessuosa, ondeggiante, con quel passo che gli antichi veneziani chiamavano alla «levriera». Dinanzi al suo fascino si inchinano re e imperatori, poeti e pittori. «L'Unica» la definisce Gabriele D'Annunzio. Nei giorni assolati di gennaio 1897 c'è molta elettricità tra le giovani signore della nobiltà; tutte a perdere il sonno pensando all'incontro con Nathaniel Rothschild. Per il banchiere vengono organizzati ricevimenti da mille e una notte. Il valzer delle serate viene aperto dai Papè di Valdina. Alla festa partecipano i Florio. Donna Franca indossa un capo viola di Worth, maison d'alta moda parigina detentrice indiscussa del gusto e dell'eleganza della Belle Epoque. Tra gli invitati anche il duca Emanuele Filiberto di Savoia Aosta e la consorte Elena d'Orleans. A prima vista molte signore sembrano giovani e belle, ma ad uno sguardo attento appaiono sciupate, consumate dal tempo, dalla vita mondana, dal piacere. Due giorni dopo, tutta l'aristocrazia palermitana si trasferisce dai Florio all'Olivuzza. Tra le nobildonne si apre una competizione di sfoggio di gioielli siciliani. Donna Franca indossa un paio di orecchini pendenti in oro con pietre rosse bollati «Palermo 1775». Non ci sono occhi per ammirare una spilla a forma di ramo fiorito, con diamanti, smeraldi, rubini e perle. Ospiti che partono ed altri che arrivano. Sbarcano al molo Santa Lucia i Morgan, i Krupp, i Lipton. Intanto lo sfarzoso mondo interno dei palazzi nobiliari contrasta con quello esterno. Per la strada si parcheggiano carretti, si collocano tavoli sgangherati e sgabelli per gli oziosi e per i senza lavoro che si consolano della inattività giocando a scopone con carte untose. La posta in palio è un bicchiere di vino. Palermo usa sempre più spesso il tram elettrico, allegro e comodo. E mentre in parte avanza l'impetuoso progresso industriale, dall'altra persistono i malumori della classe operaia. Intanto ad aprile sbarca in città Oscar Wilde. Capelli lunghi, un libro e una rosa in mano, il fedelissimo «bastone animato» al fianco. A Palermo il nome dello scrittore irlandese corre di bocca in bocca. Il suo capolavoro «Il ritratto di Dorian Gray» gira per i salotti buoni della nobiltà e dell'alta borghesia Ma la sua vita scandalosa non piace al perbenismo dei Mazzarino, dei Florio, dei Lanza di Trabia, e di tutta la loro compagnia. La prima a non riceverlo nel salotto dell'Olivuzza è Donna Franca. A Wilde si condanna il comportamento ambiguo che tiene con lord Alfred Douglas, studente biondo, efebico e dagli occhi cerulei. Durante l'estate si sviluppa l'agonismo marino. Nelle spiagge di Sferracavallo e Acquasanta si vedono sguazzare uomini e donne con costumi goffi. L'attività ludica è ristretta soltanto ad una cerchia sparuta di palermitani. Vincenzo Prestigiacomo crea una cronaca che si avvale di un ritmo incalzante capace di calamitare il lettore al libro quasi come si trattasse di un giallo. I colpi di scena sono caratterizzati da un sequestro di una adolescente e da tre inquietanti omicidi, che vengono a sconvolgere la vita quotidiana di Palermo, non più «felicissima».La Sicilia, 23/10/2010
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