I beni confiscati alla mafia non devono servire per alimentare le clientele della politica, ma per produrre lavoro e sviluppo nella legalità. Altrimenti si tradisce lo spirito e la lettera della legge di iniziativa popolare n. 109/96, per la quale, 14 anni fa, più di un milione di cittadini si sono esposti con la propria faccia e la propria firma. Ad oggi, non pare che l’amministrazione comunale di Palermo, città dove insistono numerosi beni confiscati, si sia adoperata per promuovere la nascita di cooperative sociali di giovani, per affidare loro, con procedure pubbliche trasparenti, i beni confiscati, da cui ricavare lavoro e prodotti “puliti”. Bisogna invertire la tendenza e abbandonare la strada delle pratiche clientelari. Da subito, bisogna accentuare i controlli sui beni confiscati già assegnati, troncando con nettezza situazioni scandalose, come quelle denunciate da “Striscia”.
Dino Paternostro
Responsabile del Dipartimento Sicurezza e Legalità
della Camera del lavoro di Palermo
martedì 5 ottobre 2010
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