mercoledì 24 novembre 2010

Canzoneri, Cna. “Gli artigiani? I ciabattini sono diventati imprenditori. E’ crisi, ma la malattia si chiama burocrazia”

Sebastiano Canzoneri
Sebastiano Canzoneri ha attraversato tutti i luoghi della metamorfosi, li ha accompagnati per mano da dirigente del Cna a Palermo. Ed ora si misura con il cambiamento, i nuovi bisogni, una realtà assai diversa dal giorno in cui ha cominciato. Lasua storia ricorda quei sindacalisti che dall’oggi al domani nelle aree industriali siciliane dovettero assistere gli operai chimici dopo avere lavorato a fianco dei braccianti. Come quei sindacalisti, Sebastiano Canzoneri, segretario provinciale del Cna a Palermo, si è riciclato senza traumi, mantenendo tuttavia un certo aplomb del tempo andato, quasi che volesse ricordarci che lui i barbieri, i calzolai e i falegnami di trenta-quaranta anni fa continua a tenerli in gran conto. L’atteggiamento pensoso, il gesto misurato indossa uno spezzato elegante di foggia antica, una cravatta sobria, bene intonata, e parla con voce appena percettibile. Ha un vecchio telefonino, cui dice di essere molto affezionato, e usa il mouchoir invece che i fazzoletti di carta. Per quanti sforzi faccia, dunque, la sensazione di stare parlando con il rappresentante degli artigiani di un tempo e non con gli imprenditori di oggi, è forte. Ma è solo una sensazione. Sebastiano Canzoneri affronta i problemi dell’industria e dell’imprenditoria siciliani. E’ come ascoltare un dirigente di Confindustria, non il sindacalista dei calzolai. Sotto i suoi occhi è cambiato il mondo, e lui se n’è accorto eccome. La Confederazione nazionale dell’artigianato e delle piccole e medie imprese è una realtà importante nel panorama delle forze sociali e produttive del Paese.
Di che cosa vi occupate, signor Canzoneri?
“Assistenza, cioè servizi fiscali, credito, ambiente, attraverso le nostre società. Siamo strutturati come la Lega delle cooperative, noi stessi finanziamo le cooperative”.

Finanziate le imprese, dunque?
“Piccole e medie imprese che meritano fiducia. Abbiamo delle regole da rispettare ma non ci fermiamo ad una vigilanza tipicamente bancaria. La fiducia non si basa unicamente sulla solidità, guardiamo al progetto, alla capacità. Se ci sono idee buone, il progetto è originale, la gente è seria, li aiutiamo. Ci siamo per questa ragione, non altro”.

Che tipo di finanziamento concedete?
“Dal cinquanta all’80 per cento dell’investimento. Talvolta superiamo questi tetti, ma con la necessaria cautela. Seguiamo i nostri imprenditori in tutto e per tutto. Bisogna fare valutazioni tecniche con accuratezza, ci sono rischi collaterali, costi sociali, che gli artigiani devono affrontare e sapere prevenire. Abbiamo costanti rapporti con le Camere di Commercio e, naturalmente, con le banche”.

Siete la Confindustria dell’artigianato, dunque.
“Non c’è uno spartiacque netto fra noi e la Confindustria. Forse noi abbiamo grande cura alle piccole cose, non affrontiamo solo i grandi problemi. La nostra rete è fatta di piccoli imprenditori, ma fra loro ci sono eccellenze, investitori importanti che stanno bene sul mercato. Sparite le vecchie figure dell’artigiano, operiamo in un ambiente variegato. Ci sono imprese nostre che lavorano per le multinazionali. E’ una realtà forse poco conosciuta, la cui immagine è rimasta quella di mezzo secolo fa. Non siamo più nell’800 e sembra che pochi se ne siano accorti quando pensano agli artigiani. Faccio un esempio, quando qualcuno dice che qualcosa è fatta in modo artigianale, può significare una cosa o il suo contrario...”.

In che senso?
“Può volere dire che l’oggetto è fatto in modo dilettantesco, grezzo, non curato, ma anche il suo contrario, che è “lavorato” in ogni dettaglio con la stessa cura di un tempo, grazie al lavoro manuale dell’artigiano. C’è una certa ambiguità, convivono le due considerazioni, ma prevale l’aspetto positivo, bisogna dirlo. L’artigianato conserva la fiducia”

Gli artigiani, diventati imprenditori, devono meritarsi questa fiducia antica. I barbieri di una volta erano personaggi centrali della vita sociale di un tempo, colti e, spesso, rivoluzionari, affabulatori…
”Nei golpe sudamericani, i barbieri venivano subito prelevati e incarcerati perché i più pericolosi. Gli artigiani di oggi se la meritano la fiducia, anche se non c’è niente che ricordi il passato. L’artigianato è un imprenditore. Opera nell’elettronica, nella metalmeccanica, nel settore alimentare. Si serve dell’informatica, delle innovazioni tecnologiche, sta al passo con i tempi. Finocchiaro, il più famoso pasticciere siciliano, era un artigiano e conserva quelle caratteristiche, nonostante venda in tutto il mondo i prodotti che realizza a Castelbuono. Assistiamo imprese come la Rimat che fa meccanica di alta precisione e lavora per la Selenia”.

La vostra è un’oasi felice.
“Nemmeno per idea, viviamo i problemi dell’impresa. I servizi che non ci sono, il fisco, il sottosviluppo del Mezzogiorno, l’instabilità dei governi, ma soprattutto la burocrazia. Negli ultimi tempi abbiamo registrato una cancellazione massiccia dai nostri albi. C’è chi abbassa la saracinesca perché non ce la fa più. Dobbiamo misurarci con questa realtà difficile. Con le furbizie di coloro che abbassano la saracinesca e continuano a lavorare a livello individuale per non pagare le tasse. Fanno concorrenza sleale e danneggiano il mercato. L’80 per cento sono fuori dalla legge. I problemi sono tanti, i controlli sono difficili”.

Quale problema si dovrebbe affrontare subito, senza indugio.
“Ci sono risorse pubbliche non spese, diritti negati, imprese in coma a causa della burocrazie che non funziona, che ha procedute complicate. Un gran numero di imprese attendono dalla Regione mediamente ventimila euro, il contributo a fondo perduto su conto interesse, contratti sui mutui, linee di credito attraverso i consorzi fidi. Decreti firmati, i soldi non arrivano alle casse artigiane. Soldi stanziati e dirottati ad altri capitoli di bilancio. Ricordo il bando dell’artigianato, 50 mila euro a fondo perduto. Su 3000 domande, ne sono state esitate solo 87 in sei mesi. Ci vorranno venti anni per completare l’esame di questo passo. Se si sbloccassero queste risorse, basterebbe solo questo, rispettare le leggi, dare a chi ha maturato il diritto, ciò che gli è dovuto, e si potrebbe avere una svolta positiva. Non abbiamo bisogno di nuove leggi, abbiamo bisogno che la pubblica amministrazione funzioni. Su questi temi abbiamo organizzato una manifestazione al San Paolo Hotel il giorno 24, alla quale abbiamo invitato anche le autorità regionali”-

Un bilancio del suo lavoro. L’ha mai fatto?
“La mia esperienza è unica, mi ha arricchito, sono stato costretto a stare al passo con le novità, ma ho assistito il ciabattino con la stessa solerzia con la quale oggi assisto l’’imprenditore di successo”.
SiciliaInformazioni, 22 novembre 2010 12:40

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