Parla Salvatore che abita di fronte la casa della legalità inaugurata dal ministro Maroni. Nel 1969 era stato proprio lui ad acquistarla. Prima che inizi la manifestazione accetta di parlare, e per la prima volta racconta la sua verità
Cortile Colletti. In fondo abitano i fratelli Provenzano |
Continua ad affacciarsi Salvatore Provenzano nel piccolo cortile Colletti di Corleone dove fra poco meno di un’ora arriverà il ministro dell’Interno Roberto Maroni per inaugurare la casa delle associazioni antimafia nella palazzina che un tempo era della famiglia Provenzano. I poliziotti del nucleo antisabotaggio scrutano fin davanti la porta di casa di Salvatore Provenzano: guardano, controllano. Lui resta impassibile.
Signor Provenzano, la sentenza che ha confiscato la sua casa poco più in là sostiene che a fine anni Sessanta lei e i suoi fratelli non avevate ufficialmente un reddito tale da poter acquistare una palazzina. Cosa ha detto ai giudici?
“Intanto, vorrei rivolgerle anch’io una domanda, visto che oggi alti rappresentanti dello Stato si presentano qui in questo cortile Colletti. Cosa crede che abbia mai fatto lo Stato per Corleone? Cosa ha fatto il Comune quando io e tanti altri ragazzi volevamo andare a scuola? Siccome le nostre famiglie non avevano la possibilità fummo mandati a lavorare nei campi. E poi, emigrammo in Germania. Lì, per trent’anni, ho realizzato massetti, ne facevo 120 metri quadrati al giorno. E poi la sera percorrevo trenta chilometri per andare a frequentare un corso serale di licenza media. In quegli anni ho fatto anche un esame di abilitazione alla professione: uno dei docenti prese in mano il mio tema e mi guardò. Disse: “Provenzano, fanno più errori i tedeschi che lei”. Ma qualche tempo dopo fui arrestato, per cose che avrei commesso in Italia. Assurdo. E infatti fui assolto. Ma i miei guai non finirono comunque lì. Sono stato escluso dalla società. Questa è la giustizia che ho conosciuto, una giustizia che per quanto mi riguarda non si fonda sulla verità, che non vuole cercare la verità”.
Lei è stato però assolto dalla giustizia italiana. Suo fratello Bernardo, no. E’ in carcere con accuse gravissime appurate da sentenza ormai definitive, per aver ordinato omicidi e stragi
“Solo mio fratello può sapere. Per quello che lo conosco, credo che non può aver fatto del male. Ma la verità è che in questo paese serve un capro espiatorio. Serve ancora, per tutto ciò che è accaduto”.
Signor Provenzano, la ricostruzione delle sentenze parla chiaro: un gruppo di giovani sicari della cosca di Luciano Liggio iniziò da Corleone la sua ascesa criminale verso Palermo, puntando poi a un attacco senza precedenti contro i rappresentanti delle istituzioni
“Un gruppo di corleonesi contro lo Stato? Se l’hanno fatto saranno stati dei pazzi, e come tali andavano trattati. Mi domando: ma si può fare la guerra allo Stato? Io penso proprio di no, è chiaro che si esce sconfitti. E allora forse qualcuno li ha strumentalizzati quei ragazzi di Corleone. Chi, non lo so davvero. Bisogna avere il coraggio di chiederselo se si vuole conoscere la verità”.
I magistrati di Palermo e Caltanissetta la stanno cercando questa verità dentro lo Stato, anche grazie al contributo di testimoni nuovi, come Massimo Ciancimino, il cui padre era grande amico di suo fratello. “Chi Ciancimino? Quello che ogni giorno esce non si sa da dove un biglietto nuovo di mio fratello o di suo padre?"
Vedrà anche lei il ministro Maroni mentre entra in cortile Colletti? “Ma cosa ne sa questo ministro della Lega di Corleone? E cosa ne sa di questa casa che è stata rubata dallo Stato? Ho le carte che provano i miei anni di lavoro in Germania, e poi anche la donazione di un mio zio e un prestito di mia sorella. Quelle carte avevano convinto i giudici di primo grado a disporre il dissequestro, ma non sono bastate alla corte d’appello. Ho portato altre carte in Cassazione, ma è stato inutile. Ve l’assicuro, in quella casa mio fratello non c’è mai stato”.
(La Repubblica, 15 agosto 2010)
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