L'intervento del ministro Maroni |
E' ancora la casa di molti misteri. Cortile Colletti 2, Corleone. Dove Bernardo Provenzano si sarebbe rifugiato più volte durante la sua lunga latitanza. "Ma adesso quei misteri vogliamo cominciare a svelarli", dice don Luigi Ciotti mentre entra nella palazzina che fino al 1985 apparteneva alla famiglia Provenzano e oggi è diventata una casa delle associazioni antimafia e una bottega dei prodotti realizzati nelle terre confiscate ai boss. "Questo non è un museo - dice il sindaco di Corleone, Nino Iannazzo - è un laboratorio concreto di antimafia. E da questo luogo simbolo, oggi, vogliamo dire che non c'è più spazio per chi vorrebbe tornare a seminare il terrore a Corleone, o da Corleone". Sono le stesse parole che il primo cittadino pronunciò l'anno scorso dopo la scarcerazione del figlio di Riina, Giuseppe: qualche mese dopo, il rampollo di don Totò tornò in carcere per scontare un residuo di pena della condanna per associazione mafiosa. Uscirà a marzo.
Sul prospetto della palazzina un tempo dei Provenzano campeggia adesso un manifesto: "Non abbiamo paura". Dentro, alle pareti, ci sono i quadri di Gaetano Porcasi, che ricordano le vittime della violenza mafiosa. Da Bernardino Verro, assassinato a Corleone nel 1915 a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e padre Pino Puglisi, rappresentanti anche con delle sagome a grandezza naturale donate dallo scrittore Carlo Lucarelli.
L'intervento del ministro Alfano |
La bottega della legalità è stata confiscata definitivamente nel 2005, ma ci sono voluti cinque anni prima che potesse essere riconsegnata alla comunità. La ristrutturazione è costata quasi 200 mila euro: arrivati dal "Pon sicurezza" del ministero dell'Interno, dal Comune di Corleone e dalla Regione Sicilia. Ad animare il laboratorio sono adesso il consorzio sviluppo e legalità, che raccoglie otto Comuni della provincia di Palermo, e soprattutto le cooperative sociali impegnate nei terreni un tempo dei boss ("Lavoro e non solo", "Placido Rizzotto" e "Pio La Torre"). "Quei frutti realizzati dai volontari - dice don Ciotti, instancabile animatore di Libera - sono un grande segno di speranza, perché offrono lavoro. E solo la speranza può sconfiggere la paura, che sembra tornata prepotente in molte regioni del nostro paese". Il sindaco di Corleone vuole lanciare un appello: "Questa iniziativa del governo non deve restare isolata. Corleone ha bisogno di grande attenzione, i giovani vivono un momento di forte disagio e a loro dobbiamo dare una risposta per evitare che si ripeta la storia amara di quei ragazzi diventati prima sicari e poi capimafia".
Poco dopo le 14, arrivano in cortile Colletti i ministri dell'Interno e della Giustizia. C'è anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Sono accompagnati dai vertici delle forze dell'ordine e dal prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso. "Ci siamo sbilanciati - dice Maroni - nei prossimi tre anni vogliamo vincere la guerra contro la criminalità organizzata". C'è un rigido cordone di sicurezza attorno alla delegazione. I ragazzi delle cooperative e la gente di Corleone sono oltre una barriera di poliziotti e carabinieri. Maroni visita la palazzina, dentro c'è spazio anche per un piccolo buffet per le autorità. Quando arrivano le blindate del ministro dell'Interno, i ragazzi delle cooperative cominciano a intonare "Bella ciao". Sono momenti di tensione nel cordone di sicurezza, non si capisce perché. Qualcuno porta l'ordine di raddoppiare la barriera. Il coro si fa ancora più forte. Maroni, circondato dalla scorta, si muove veloce col suo seguito verso l'auto che lo porterà all'elicottero...(La Repubblica, 15 agosto 2010)
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