Inchiesta della Procura antimafia sul business dell'energia pulita in Sicilia. Un "affaire" che coinvolge i fedelissimi del superlatitante Matteo Messina Denaro. Un impresario campano, uno trentino e persone legate alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo. Gli indagati accusati di aver consentito a Cosa nostra il controllo di autorizzazioni e appalti
TRAPANI - Le mani della mafia sul business dell'energia pulita. E' quanto emerge dall'inchiesta che stamattina all'alba ha portato all'arresto di otto tra imprenditori e politici, accusati di speculare sulla realizzazione dei "parchi eolici" in Sicilia per conto di Cosa nostra. Un intreccio che coinvolge burocrati locali della provincia di Trapani, ma anche impresari campani e trentini. Sullo sfondo, il boss latitante Matteo Messina Denaro. Le otto ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip di Palermo su richiesta della Procura antimafia. Tra le persone finite in manette nell'operazione "Eolo", che ha coinvolto più di cento carabinieri e agenti di polizia, ci sono: il consigliere ed ex assessore comunale di Mazara del Vallo, Vito Martino (Pdl); Giovan Battista Agate, pregiudicato di Mazara e fratello del boss Mariano Agate; Giuseppe Sucameli, attualmente detenuto per associazione mafiosa; Melchiorre Saladino, imprenditore ritenuto vicino a Messina Denaro. Secondo i pm era attraverso Saladino che il capomafia controllava il business "verde". L'indagine, partita dalla provincia di Trapani (Mazara del Vallo, Marsala, Trapani e Castelvetrano), si è estesa anche alla provincia di Salerno, dove è stato arrestato l'imprenditore Antonio Aquara, e a quella di Trento, dove è finito in manette un altro imprenditore, Luigi Franzinelli, socio della Sud Wind e accusato di corruzione aggravata per aver favorito la mafia nella realizzazione delle centrali eoliche. La Sud Wind, secondo quanto emerge dall'inchiesta, era costantemente favorita negli appalti grazie ai maneggi dell'imprenditore Saladino, di Martino e di altri pubblici ufficiali al momento non identificati. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di aver consentito a Cosa nostra, e in particolare alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, il controllo di attività economiche, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici nel settore della produzione di energia eolica. A loro è contestato anche lo scambio di voti politico-mafioso.
Nei mesi passati Vittorio Sgarbi - sindaco di Salemi, nel Trapanese, e fermo oppositore delle "pale" per via del loro impatto ambientale - aveva paventato l'esistenza di interessi di Cosa nostra nella gestione dell'eolico. Un'ipotesi ripetuta anche la scorsa settimana durante un incontro con il procuratore di Marsala, Alberto Di Pisa. E' un allarme condiviso anche dalla Coldiretti, preoccupata degli abusi legati a questo tipo di energia pulita. Un settore, afferma l'organizzazione, che è "terreno fertile" per la criminalità, attirata dai "forti incentivi economici e dalla mancanza di corrette procedure di individuazione dei territori e di assegnazione dei finanziamenti". Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia, osserva che "l'interesse della mafia per questo settore non stupisce": "A rendere il gioco più facile in Sicilia - spiega Fontana - è il contesto particolarmente privo di regole, legato in massima parte alla discrezionalità degli amministratori".
(17 febbraio 2009)
martedì 17 febbraio 2009
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