di Antonio Gramsci Jr.
Ogni volta, quando passo vicino al Mausoleo di Lenin, cerco di accelerare i passi e di allontanarmene al piu presto possibile. Non sono riuscito mai in tutta la mia vita a sopraffare un senso di ribrezzo e di orrore. Nel vedere come - esposti agli sguardi spietatamente curiosi - giacciano i resti inermi di quello che una volta era il caro amico della nostra famiglia. Tutto comininciò nel lontano 1887, quando nella casa penale di San Pietroburgo si incontrarono due donne, Otillija Winterchalter e Maria Uljanova. La prima era la madre di Apollo Schucht, mio bisnonno. La seconda, quella di Aleksandr Uljanov, fratello di Vladimir, futuro Lenin. I due giovani rivoluzionari reclusi, erano strettamente legati alla «Narodnaja Volja», ma i loro impegni in questa organizzazione sovversiva erano diversi. Aleksandr apparteneva all’ala terroristica che fra l’altro preparava l’attentato allo zar Alessandro III. Apollo si occupava della propaganda marxista nei circoli rivoluzionari militari, alla cui formazione egli si dedicò all’inizio degli anni ottanta durante gli studi nel ginnasio militare. L’obiettivo di questi circoli lo ha descritto molto chiararamente lo stesso Apollo nelle sue memorie: «Poiché dopo il 1881 Narodnaja Volja non poteva seguire lo stesso percorso (in quell’anno fu ucciso lo zar Alessandro II, dopo di che il governo scatenò la rappresaglia contro i rivoluzionari), tutti quelli che volevano continuare la lotta comininciarono a cercare altre vie. Una di queste consisteva nella ricerca tra i quadri militari delle persone giuste. Dopo la loro preparazione adeguata si poteva sperare che al momento giusto (la rivoluzione) essi avrebbero sostenuto la nostra causa...».Dopo il processo sommario Aleksandr fu impiccato, Apollo invece fu condannato all’esilio in Siberia dove lo seguì la moglie Giulia con due figlie. Dopo tre anni di esilio la famiglia si trasferì a Samara, una bellissima città sul Volga, dove gia abitava Vladimir Uljanov con sua madre e sorelle. Tra le due famiglie nacque subito una calorosa amicizia. Nel 1893 gli Schucht emigrarono, però non persero i contatti con gli Ulianov. Lenin veniva spesso a trovare Apollo in Svizzera. Vedeva crescere mia nonna Giulia e le sue sorelle. Di una di esse, Asja era stato addirittura il padrino. La sorella maggiore di Giulia, Eugenia, forse «la più bolscevica» di tutta la famiglia, ricorda nelle sue bellissime memorie le monellerie infantili dello «zio Vladimir» durante la festa nazionale a Ginevra nel 1905. Quest’immagine di Lenin mascherato da orso che cosparge i bambini di confetti e li fa crepare dalle risate è discordante con quell’altra, scoperta nelle «nuovissime ricerche» dei nostri bravi storici, di una persona tetra e completamente priva del senso di umorismo. Nel 1916, probabilmente su richiamo di Lenin, Apollo ritornò in Russia dall’emigrazione. Essendo un bravo amministratore diventò ragioniere nella sezione del Partito a Mosca. Subito dopo la rivoluzione Lenin lo nominò commissario responsabile della nazionalizazione delle banche. E lo stesso Apollo ricorda che «a tutti i dipendenti che acconsentivano di collaborare con le nuove autorità, furono concessi gli stessi incarichi che avevano prima». Lenin a differenza da Stalin trattava sempre con il massimo rispetto i vecchi specialisti disposti a collaborare.Nel 1919 Lenin scrisse la raccomandazione per Eugenia Schucht per la sua iscrizione al Partito. In seguito lei diventò segretaria di Krupskaja nel Comissariato (ministero) dell’Istruzione popolare. Dopo la morte di Lenin Apollo e Eugenia continuarono i rapporti con le sue sorelle, soprattutto con Anna Uljanova che spesso aiutava gli Schucht nei momenti difficili. Insieme ad Anna, Eugenia cominciò a tradurre le opere di Lenin in italiano. Negli anni trenta, quando Stalin si liberò di quasi tutti gli amici di Lenin, la famiglia Schucht invece fu risparmiata, probabilmente grazie alla parentela con Antonio Gramsci (il trattamento della famiglia Schucht da parte di Stalin, è esaminato nel libro di Giuseppe Vacca e Angelo Rossi Gramsci tra Mussolini e Stalin). Anche mio nonno Antonio Gramsci ebbe occasione di conoscere Lenin personalmente. Stranamente questo fatto della vita di Gramsci sembra essere sconosciuto ai suoi biografi italiani. La notizia sul loro incontro si trova invece in un volume delle cronache biografiche su Lenin. In quel tempo nonostante la grave malattia Lenin seguiva con attenzione le vicende italiane e non rinunciava a qualche colloquio su questioni internazionali di cui desiderava informazioni dirette dai compagni da lui particolarmente stimati. Non gli potè sicuramente sfuggire il fatto che Gramsci aveva conosciuto i suoi vecchi amici Schucht. L’incontro avvenne il 25 novembre del 1922, alle ore 18, nell’ufficio di Lenin al Cremlino. Su questo incontro abbiamo un’altra testimonianza importante riferita nella lettera del 1972 di Camilla Ravera a mio padre Giuliano: «Caro Giuliano, circa l’incontro di Gramsci con Lenin a cui accenni, e di cui desideresti qualche particolare, non posso dirti molte cose. Gramsci si riferì spesso a quell’incontro nel corso delle lunghe conversazioni che io ebbi con lui durante la mia permanenza a Mosca, ma sempre accennandovi in rapporto alle questioni politiche di cui in quel momento particolarmente ci occupavamo. Non ricordo, ad esempio, se mi disse la data precisa di quell’incontro; o altri particolari circa il luogo e il modo, che dovettero essere poco diversi da quelli dell’incontro con Lenin che nei primi giorni del novemre potemmo avere Bordiga ed io... Durante quelle nostre conversazioni Gramsci mi disse di aver espresso a Lenin il suo profondo dissenso con Bordiga, non soltanto sul problema dei rapporti con il Partito Socialista, ma sul giudizio del fascismo, della situazione italiana, delle sue prospettive... «Lenin, mi diceva Gramsci, conosce le cose nostre assai più di quanto supponiamo»...Lenin volle conoscere direttamente il pensiero di Bordiga sui nuovi avvenimenti italiani....Ascoltò con evidente meraviglia le sue opinioni, rigide ed astratte (invece due anni prima Lenin sanzionò la rottura a sinistra ideata da Bordiga) ...Forse, da quella conversazione avuta con Gramsci e dalla seguente con Bordiga, può essere derivata - in Lenin e nell’Internazionale - la decisione, presa dopo breve tempo che Gramsci, non rientrasse in Italia, ma si riavvicinasse al Partito, trasferendosi a Vienna, con un proprio ufficio, e là riprendesse la pubblicazione della rivista L’Ordine Nuovo; e quel lavoro verso i compagni che - svilluppato poi successivamente nell’azione politica in Italia - portò al superamento del bordighismo...». Da questa testimonianza possiamo supporre che Lenin, con il suo intuito infallibile, dando piu ragione a Gramsci, decise di promuoverlo al leader del Partito Comunista Italiano.
L'Unità, 17.12.07
lunedì 17 dicembre 2007
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