Esultano gli organizzatori della manifestazione contro il welfare e il precariato. Giordano: "Prodi ascolti questo popolo". Ingrao dà la linea: "Non siamo qui contro il governo". Immigrati, precari, donne, studenti, il film del corteo. Ferrero: "Giornata splendida, il premier più forte". Diliberto: "Non è più rinviabile il partito unico a sinistra". Vendola: "Io leader? L'ultima delle questioni"
di CLAUDIA FUSANI
ROMA - Rossa, come le migliaia di bandiere che già alle due del pomeriggio colorano piazza Esedra. Unita, perchè è "l'unità della sinistra" la richiesta assordante che sale dalla piazza. Sarcastica, come il distinto signore in giacca e papillon, secchio e spazzolone in mano e il cartello: "Lavavetri, modello Pitti Uomo"; o come l'altro con un collage di titoli di giornali arrangiato in testa a mo' di cappello che spiega: "20 ottobre/avanti popolo/via la legge 30/via la precarietà". Soprattutto non violenta, non destabilizzante: non sarà questo corteo a dare la spallata al governo Prodi. Anzi, come poi diranno tutti i leader, da Giordano a Diliberto, da Ingrao al ministro Ferrero, "il governo Prodi esce rafforzato dopo questa splendida giornata purchè sappia ascoltare questo popolo". "Siamo un milione" - A sera, sul palco di piazza San Giovanni attraversato dal primo freddo gelido di questo autunno politicamente bollente, gli organizzatori assicurano: "Siamo un milione". Difficile dirlo, impossibile contarli, certo la piazza è piena, il corteo si è dovuto muovere da piazza Esedra alle due e mezzo, quasi un'ora prima del previsto perchè gente, bandiere e carri allegorici non ci stavano più e quando la testa del serpentone arriva in San Giovanni intorno alle diciotto, la coda è ancora sparsa tra piazza S.Maria Maggiore e via Merulana. Gli organizzatori, i tre giornali Liberazione, Manifesto e Carta, Rifondazione e Comunisti, alla vigilia puntavano timidamente a 150 mila persone. Alle tre del pomeriggio dicono "siamo 300 mila". Alle cinque, "500 mila" che poi diventano 700 mila e poi arrivano al milione.
Il compagno Ingrao: "Serve un cambiamento" - Una giornata come questa non ha bisogno di eroi. Simboli sì, meglio ancora se si tratta di un mito vivente. Ed ecco che verso le tre, basco scozzese in testa, la mano destra appoggiata al bastone, il grande vecchio del comunismo Pietro Ingrao, 92 anni, raggiunge a piedi, accompagnato dalla sorella Giulia, la testa del corteo che lo aspetta con lo striscione: "Siamo tutti un programma, contro ogni precarietà"."Vogliamo la luna?" chiede Ingrao. "E perchè no? Vogliamo proprio la luna". Arriva dal grande vecchio comunista la rassicurazione che conta, quella che dà la linea della giorrnata: "Non credo che il corteo di oggi sia contro Prodi e nemmeno contro Veltroni. Però i due sono dei moderati, mentre oggi la massa di popolo vuole un cambiamento profondo e di sostanza. Quanto più si rafforzerà questo movimento tanto più Prodi potrà fare qualcosa di buono". E' la linea. Sono le parole che marcano la differenza tra una giornata che poteva essere un boomerang per la maggioranza e che invece sarà "un abbraccio" e una richiesta al governo a fare di più e meglio. A questo punto sorridono tutti, Franco Giordano, Gennaro Migliore, Giovanni Russo Spena, Oliviero Diliberto, i direttori dei giornali Piero Sansonetti e Gabriele Polo, Giorgio Cremaschi e Gianni Rinaldini, i leader della Fiom, l'unico sindacato che ha aderito alla piattaforma della manifestazione contro il precariato e per i diritti civili e sociali. Le facce tese della vigilia se ne vanno in sorrisi e dichiarazioni rassicuranti: "Prodi ascolti questo popolo" dice il segretario di Rifondazione Franco Giordano. "L'ho sempre ascoltato" gli risponderà in serata il premier. "Sono comunista, ma mica scemo: non faccio una manifestazione contro me stesso. Questa giornata è stimolo e incoraggiamento per il governo perchè migliori le cose" chiarisce una volta per tutte Diliberto dichiarando "sconfitti gli uccelli del malaugurio della vigilia".
Le signore del corteo - Il corteo scivola via festoso. Quello che più conta, senza offese né ultimatum al governo. Compare la signora Lella, coniugata Bertinotti, bionda e collana rossa come le bandiere. "Sono qui - precisa - a rappresentare unicamente me stessa, ho salutato centinaia di compagni e sono molto soddisfatta". Forse di tanto in tanto telefona al marito, il presidente della Camera Fausto Bertinotti che tanto ha tifato per questa manifestazione e che a metà pomeriggio può dichiarare la propria "enorme soddisfazione". Qualche cartello mette scherzosamente in vendita la Cgil il cui leader Epifani aveva invitato gli iscritti a non partecuipare al corteo, meno che mai con le bandiere. Le bandiere della Cgil c'erano, ovviamente. E anche tante. Come quelle arcobaleno, quella della pace che da tanto non si vedevano più in giro. C'è posto per tutti, in questo corteo, per tutti quelli che rivendicano il diritto a un posto in questa società: studenti, precari, immigrati, gay e lesbiche. Le femministe, animate dall'onorevole Elettra Deiana (Rc) animano lo spezzone giallo e autonomo del corteo con la scritta: "Reddito-diritti-libertà delle donne". Ce l'hanno con questa politica un po' troppo "in mano ai maschi". E quasi quasi, per qualche metro, scippano la testa del corteo al comitato organizzatore, rigorosamente maschile.. Quelli che non hanno aderito, tra gioia e rimpianti - Trovano posto anche quelli di sinistra che avevano detto che non ci sarebbero stati e invece ci sono. Mussi, leader di Sinistra democratica, era molto scettico e non aveva aderito: nel corteo si vedono però i suoi deputati Cesare Salvi, Titti Di Salvo, Alba Basso, Silvana Pisa, Giorgio Mele, Piero Di Siena, Paolo Brutti. Il ministro e leader verde Pecoraro Scanio è lontano, ma il suo capogruppo alla Camera Angelo Bonelli è qui a raccogliere firme contro gli Ogm: "Condividiamo la lotta alla precarietà ma non aderiamo". Aderisce "da casa" il sottosegretario all'economia il verde Paolo Cento che ha ubbidito al diktat niente ministri e membri del governo in piazza. Qualcuno, invece, ha disubbidito, come i sottosegretari Alfonso Gianni (Rc) e Danielle Mazzonis. "Verdi e Sd hanno sbagliato" puntulizza Diliberto. Entro Natale la costituente della sinistra - Sono le sette di sera quando tutto il corteo raggiunge piazza San Giovanni già stracolma. Sul palco salgono gli invisibili con le loro storie di precarietà e incertezza. Dalla piazza sale una richiesta netta: unità a sinistra. Così che Giordano può dire: "Entro Natale ci sarà la Costituente di sinistra". Lo seguono Diliberto, Mussi, i Verdi, Paolo Cento. La necessità di un soggetto unitario a sinistra del neonato Partito democratico è evidente a tutti. E va fatto adesso perchè ora c'è la spinta a farlo. Nichi e Franco, duello sordo tra leader - L'entusiamo della piazza mette da parte anche un altro possibile elemento di tensione: la presenza nel corteo di Giordano e di Nichi Vendola, il governatore della Puglia indicato da Bertinotti come possibile Veltroni della Cosa Rossa. "Vendola è persona coerente e farà il presidente della Regione" assicura Giordano. "Io leader? Mi pare l'ultima delle questioni" minimizza il governatore che però rilancia: "La Cosa Rossa non può più attendere".
ROMA - Rossa, come le migliaia di bandiere che già alle due del pomeriggio colorano piazza Esedra. Unita, perchè è "l'unità della sinistra" la richiesta assordante che sale dalla piazza. Sarcastica, come il distinto signore in giacca e papillon, secchio e spazzolone in mano e il cartello: "Lavavetri, modello Pitti Uomo"; o come l'altro con un collage di titoli di giornali arrangiato in testa a mo' di cappello che spiega: "20 ottobre/avanti popolo/via la legge 30/via la precarietà". Soprattutto non violenta, non destabilizzante: non sarà questo corteo a dare la spallata al governo Prodi. Anzi, come poi diranno tutti i leader, da Giordano a Diliberto, da Ingrao al ministro Ferrero, "il governo Prodi esce rafforzato dopo questa splendida giornata purchè sappia ascoltare questo popolo". "Siamo un milione" - A sera, sul palco di piazza San Giovanni attraversato dal primo freddo gelido di questo autunno politicamente bollente, gli organizzatori assicurano: "Siamo un milione". Difficile dirlo, impossibile contarli, certo la piazza è piena, il corteo si è dovuto muovere da piazza Esedra alle due e mezzo, quasi un'ora prima del previsto perchè gente, bandiere e carri allegorici non ci stavano più e quando la testa del serpentone arriva in San Giovanni intorno alle diciotto, la coda è ancora sparsa tra piazza S.Maria Maggiore e via Merulana. Gli organizzatori, i tre giornali Liberazione, Manifesto e Carta, Rifondazione e Comunisti, alla vigilia puntavano timidamente a 150 mila persone. Alle tre del pomeriggio dicono "siamo 300 mila". Alle cinque, "500 mila" che poi diventano 700 mila e poi arrivano al milione.
Il compagno Ingrao: "Serve un cambiamento" - Una giornata come questa non ha bisogno di eroi. Simboli sì, meglio ancora se si tratta di un mito vivente. Ed ecco che verso le tre, basco scozzese in testa, la mano destra appoggiata al bastone, il grande vecchio del comunismo Pietro Ingrao, 92 anni, raggiunge a piedi, accompagnato dalla sorella Giulia, la testa del corteo che lo aspetta con lo striscione: "Siamo tutti un programma, contro ogni precarietà"."Vogliamo la luna?" chiede Ingrao. "E perchè no? Vogliamo proprio la luna". Arriva dal grande vecchio comunista la rassicurazione che conta, quella che dà la linea della giorrnata: "Non credo che il corteo di oggi sia contro Prodi e nemmeno contro Veltroni. Però i due sono dei moderati, mentre oggi la massa di popolo vuole un cambiamento profondo e di sostanza. Quanto più si rafforzerà questo movimento tanto più Prodi potrà fare qualcosa di buono". E' la linea. Sono le parole che marcano la differenza tra una giornata che poteva essere un boomerang per la maggioranza e che invece sarà "un abbraccio" e una richiesta al governo a fare di più e meglio. A questo punto sorridono tutti, Franco Giordano, Gennaro Migliore, Giovanni Russo Spena, Oliviero Diliberto, i direttori dei giornali Piero Sansonetti e Gabriele Polo, Giorgio Cremaschi e Gianni Rinaldini, i leader della Fiom, l'unico sindacato che ha aderito alla piattaforma della manifestazione contro il precariato e per i diritti civili e sociali. Le facce tese della vigilia se ne vanno in sorrisi e dichiarazioni rassicuranti: "Prodi ascolti questo popolo" dice il segretario di Rifondazione Franco Giordano. "L'ho sempre ascoltato" gli risponderà in serata il premier. "Sono comunista, ma mica scemo: non faccio una manifestazione contro me stesso. Questa giornata è stimolo e incoraggiamento per il governo perchè migliori le cose" chiarisce una volta per tutte Diliberto dichiarando "sconfitti gli uccelli del malaugurio della vigilia".
Le signore del corteo - Il corteo scivola via festoso. Quello che più conta, senza offese né ultimatum al governo. Compare la signora Lella, coniugata Bertinotti, bionda e collana rossa come le bandiere. "Sono qui - precisa - a rappresentare unicamente me stessa, ho salutato centinaia di compagni e sono molto soddisfatta". Forse di tanto in tanto telefona al marito, il presidente della Camera Fausto Bertinotti che tanto ha tifato per questa manifestazione e che a metà pomeriggio può dichiarare la propria "enorme soddisfazione". Qualche cartello mette scherzosamente in vendita la Cgil il cui leader Epifani aveva invitato gli iscritti a non partecuipare al corteo, meno che mai con le bandiere. Le bandiere della Cgil c'erano, ovviamente. E anche tante. Come quelle arcobaleno, quella della pace che da tanto non si vedevano più in giro. C'è posto per tutti, in questo corteo, per tutti quelli che rivendicano il diritto a un posto in questa società: studenti, precari, immigrati, gay e lesbiche. Le femministe, animate dall'onorevole Elettra Deiana (Rc) animano lo spezzone giallo e autonomo del corteo con la scritta: "Reddito-diritti-libertà delle donne". Ce l'hanno con questa politica un po' troppo "in mano ai maschi". E quasi quasi, per qualche metro, scippano la testa del corteo al comitato organizzatore, rigorosamente maschile.. Quelli che non hanno aderito, tra gioia e rimpianti - Trovano posto anche quelli di sinistra che avevano detto che non ci sarebbero stati e invece ci sono. Mussi, leader di Sinistra democratica, era molto scettico e non aveva aderito: nel corteo si vedono però i suoi deputati Cesare Salvi, Titti Di Salvo, Alba Basso, Silvana Pisa, Giorgio Mele, Piero Di Siena, Paolo Brutti. Il ministro e leader verde Pecoraro Scanio è lontano, ma il suo capogruppo alla Camera Angelo Bonelli è qui a raccogliere firme contro gli Ogm: "Condividiamo la lotta alla precarietà ma non aderiamo". Aderisce "da casa" il sottosegretario all'economia il verde Paolo Cento che ha ubbidito al diktat niente ministri e membri del governo in piazza. Qualcuno, invece, ha disubbidito, come i sottosegretari Alfonso Gianni (Rc) e Danielle Mazzonis. "Verdi e Sd hanno sbagliato" puntulizza Diliberto. Entro Natale la costituente della sinistra - Sono le sette di sera quando tutto il corteo raggiunge piazza San Giovanni già stracolma. Sul palco salgono gli invisibili con le loro storie di precarietà e incertezza. Dalla piazza sale una richiesta netta: unità a sinistra. Così che Giordano può dire: "Entro Natale ci sarà la Costituente di sinistra". Lo seguono Diliberto, Mussi, i Verdi, Paolo Cento. La necessità di un soggetto unitario a sinistra del neonato Partito democratico è evidente a tutti. E va fatto adesso perchè ora c'è la spinta a farlo. Nichi e Franco, duello sordo tra leader - L'entusiamo della piazza mette da parte anche un altro possibile elemento di tensione: la presenza nel corteo di Giordano e di Nichi Vendola, il governatore della Puglia indicato da Bertinotti come possibile Veltroni della Cosa Rossa. "Vendola è persona coerente e farà il presidente della Regione" assicura Giordano. "Io leader? Mi pare l'ultima delle questioni" minimizza il governatore che però rilancia: "La Cosa Rossa non può più attendere".
(La Repubblica, 20 ottobre 2007)
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