di Giuseppe Lumia
Il divario tra Nord e Sud, in termini di Pil, rimane invariato; l’occupazione nel Mezzogiorno cala del 4,1%; ci sono poche infrastrutture e la qualità dei servizi è scarsa, mentre non si arresta l’emorragia dei tanti giovani, che abbandonano il Meridione per mancanza di opportunità lavorative e prospettive di vita. È la fotografia scattata dallo studio della Banca d’Italia nelle regioni del Sud. Il lavoro di Palazzo Koch non manca di sottolineare il “fattore” criminalità organizzata, che “altera gravemente le condizioni di concorrenza e incide anche sul comportamento delle imprese legali. Impone costi diretti, come le estorsioni, e indiretti, come l’obbligo di assunzione di personale o la non interferenza in taluni appalti. Le imprese legate alla criminalità possono inoltre avvantaggiarsi di pratiche di mercato in realtà consentite solo dal reimpiego di capitali illeciti”. Secondo Bankitalia, inoltre, “la criminalità influenza anche i costi del credito, più elevati al Sud, e la sua presenza accresce i tassi di interesse praticati alle imprese”. Un deficit strutturale che si ripercuote nella quotidianità e nella vita dei cittadini. Solo per dirne una, oggi un’indagine realizzata da Cittadinanzattiva prende in esame la scuola dell’infanzia nell’Isola, registrando dati negativi: “su 10.055 domande presentate, in Sicilia uno su tre (33%) dei richiedenti rimane in lista di attesa, a fronte di una media nazionale del 25%. Tra i capoluoghi di provincia siciliani, Caltanissetta presenta le liste di attesa più alte con il 72% di domande respinte, seguita da Trapani (55%) e Palermo (52%). Se è vero che le cause delle condizioni in cui versa il Sud e la Sicilia affondano nella storia del nostro Paese e attraversano i decenni fino ai giorni nostri e pur vero che molte delle scelte operate da questo governo hanno aggravato la situazione. Si pensi ai tagli del Ministro della pubblica istruzione, al dirottamento di una buona parte delle risorse dei Fas (fondi per le aree sottoutilizzate) in molte regione del Nord, allo sbilanciamento di investimenti pubblici per la costruzione di infrastrutture a favore del Settentrione, al comportamento passivo del governo sulla vertenza fiat di Termini Imerese. La prima cosa da fare per uscire da questa empasse è prendere coscienza della situazione che stiamo vivendo e del malgoverno di un centro-destra troppo impegnato a conservare lo status quo. Bisogna scardinare il vecchio sistema di potere basato sull’intermediazione burocratico-clientelare, spesso affaristico-mafiosa, e mettere finalmente al centro gli interessi dei cittadini. La politica abbia il coraggio di rinnovarsi e imboccare la strada delle riforme sotto il segno della legalità e dello sviluppo. Solo così potremo cambiare in meglio la realtà. È questo quello che il Partito democratico sta cercando di fare sia a livello regionale – proponendo riforme radicali sulla sanità, sui rifiuti, sull’energia… – sia a livello nazionale, costruendo un’alternativa di governo seria e credibile.
domenica 21 febbraio 2010
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