Un censimento dei viaggiatori sbarcati in Sicilia dagli Arabi ai nostri giorni
di Amelia Crisantino
Un censimento dei viaggiatori sbarcati in Sicilia dagli Arabi ai nostri giorni, che prendesse in esame non solo i classici protagonisti del Grand Tour coi loro diari scritti per essere pubblicati ma anche una montagna di appunti, lettere private, ricordi letterari: impresa ambiziosa e mai prima tentata che ha richiesto sette anni di lavoro, appena arrivata in libreria.I quattro volumi di 'Il grande viaggio in Sicilia' di Salvo Di Matteo (edizioni Arbor, 2.376 pagine complessive, 120 euro) sono strumento di lavoro per studiosi che fra le sue pagine trovano ogni possibile indicazione bibliografica, ma anche occasione unica per il lettore curioso che - quasi fosse sul pontile della Storia - può accogliere ogni visitatore e seguirlo nelle sue peregrinazioni. Un´accurata scheda biografica permette di inserire ogni visitatore nel suo tempo, ogni viaggiatore porta con sé un´idea diversa della Sicilia. E, dovendo scegliere un criterio, ecco che nei primi tre volumi il democratico ordine alfabetico mette uno di seguito all´altro Mussolini Benito e Musson Spencer, Pascoli Giovanni e Paton William. Il quarto volume è dedicato alle immagini: dal profilo delle coste tracciato nel 1577 da Tiburzio Spannocchi su incarico della Deputazione del Regno, sino alle novecentesche vedute di Paul Bret e Giovanni Omiccioli. Sullo sfondo resta l´annosa questione ricordata da Orazio Cancila nell´introduzione: la Sicilia è terra segregata dal mare, esclusa dai percorsi geografici e dalle correnti culturali fino all´età risorgimentale? O, al contrario, è polo di attrazione per schiere di escursionisti che vi trovano l´incanto della natura e la memoria di grandi civiltà, suggestivo e fecondo punto d´incontro fra Occidente, Africa e Oriente? Ogni epoca ha la sua verità. La Sicilia di Ibn Hawqal, mercante arabo che nel X secolo descrive le ricche botteghe, la grande moschea e la ricchezza della Kalsa di una Palermo al culmine della sua bellezza - «vi ha di che insuperbirsi e di che arrossire» commentava Michele Amari nel tradurre il manoscritto - è del tutto dimenticata nei secoli in cui l´isola si allontana dal suo passato musulmano per diventare la fortezza assediata di un Mediterraneo in guerra.
Per molto tempo fu Napoli la frontiera di ogni viaggiatore colto, poche notizie filtravano da una Sicilia che cominciò a essere rappresentata come la patria di ogni fantastica aspirazione e persino ricca di miniere d´oro. Sino a tutto il Seicento solo i pellegrini, che negli Anni Santi si recavano nelle basiliche apostoliche, percorrono l´isola da «turisti»: gli altri stranieri sono mercanti, sbarcano in Sicilia soprattutto alla ricerca di grano. Arrivano anche artisti e naturalisti curiosi, pronti a indagare i segreti di un´isola che è tutta attorno al più grande vulcano d´Europa. Ma è solo nella seconda metà del Settecento che la Sicilia ancora una volta cambia la sua immagine. È l´ultima metamorfosi, di cui ancora viviamo gli esiti. Mentre altrove l´Illuminismo permea gli spiriti colti, l´Isola pensata dai suoi abitanti come la patria di ogni virtù si avvia a diventare il substrato di una serie di negative sedimentazioni. Comincia l´Encyclopedie di Diderot e d´Alembert, attenta e aggiornata sintesi del sapere dell´epoca, quando scrive che Palermo era stata una bella città purtroppo distrutta dal terremoto: suscitando le sdegnate rettifiche di chi, così alla grande e in faccia all´Europa, vede brutalmente certificata la propria marginalità. Da questo momento la Sicilia sarà la patria del Mito, l´isola dove una volta gli dei sono stati di casa, «luogo» per eccellenza della condizione umana in cui riflettere sulla caducità di ogni gloria davanti delle rovine dei templi. Ma sarà anche l´isola tiranneggiata dal baronaggio riottoso, dove il buon ordine e il progresso di marca borghesi non riescono a mettere radici. Un´isola ricca di passato, che vive un misero presente sempre perdente. E che finisce per rifugiarsi in un ricordo divenuto stridulo, petulante.
I viaggiatori ci raccontano i diversi volti di una terra che a tutti mostra la sua verità. E sono sempre «viaggiatori stranieri»: così li definisce nel sottotitolo Salvo Di Matteo, estendendo l´aggettivo anche ai tanti italiani. Si rivendica così il sentimento della separazione che è propria di ogni animo isolano, ma che rischia di trasformarsi in estraneità proprio mentre si dimostra che molteplici legami uniscono l´isola al continente. Intanto, avvicinati da un ordine alfabetico che supera il tempo e lo spazio mostrando la superfluità di ogni altra categoria, ecco farsi avanti la folla dei 1.500 visitatori censiti in questi volumi. Alcuni di loro sono celebri dispensatori di giudizi sempre citati, basti pensare a Goethe e al suo «è qui che si trova la chiave di tutto», trasformato in slogan da agenzia turistica. Ma di gran parte scopriamo l´esistenza proprio grazie all´erudita fatica di questo vasto repertorio, ed è come prepararci anche noi a un viaggio che promette di continuare fra le pagine che ogni viaggiatore ha lasciato: raggiungibili con l´aiuto della bibliografia che ognuno di loro riceve come personale bagaglio, con note precise sino all´indicazione della segnatura per i testi reperibili nelle varie biblioteche. Non resta che lasciarsi portare in giro scegliendo la guida a seconda dei gusti, c´è una gran varietà.Possiamo preferire il sino ad oggi sconosciuto conte danese Friedrich zu Stolberg, che per 43 giorni nell´estate del 1792 profonde il suo entusiasmo per una terra dove «il grano si moltiplica venti, trenta e anche quaranta volte», ammirare con lui la maestosità dei castagni dell´Etna dimenticando la fatica che in un´isola senza strade c´è voluta per raggiungerli. Fare poi un salto indietro nel tempo con Ugo Falcando, cronista normanno come tanti innamorato di Palermo, che scrive «chi potrà mai bastantemente esaltare gli acquedotti che in tanta abbondanza forniscono alla città il salutare elemento?». O, cambiando di nuovo epoca, guardarsi intorno in compagnia di Anne Brassey: è a Palermo il 5 ottobre 1874 e prende alloggio all´hotel Trinacria. Subito corre ad ammirare i mosaici di Monreale, capita nel mezzo di una delle periodiche emergenze legate alla pubblica sicurezza e ogni pochi metri incontra sentinelle armate, posti di guardia. Ma se vogliamo davvero sorprenderci ecco una disarmante Virginia Woolf, in Sicilia col marito Leonard nel marzo del 1927: che tutto ammira colma di contagioso entusiasmo, e nelle sue lettere scrive «siamo tutti e due leggermente sbronzi, quasi decisi a non fare più ritorno in Inghilterra. Qui è perfetto? in realtà tutto è un incanto».
(La Repubblica, 05 dicembre 2008)
lunedì 15 dicembre 2008
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