di GABRIELE ISMAN
Una maxi evasione fiscale da oltre 42 milioni di euro: 42.504.137,02 per chiama l´esattezza dei numeri. E l´evasore è davvero eccellente: MassimoCiancimino, figlio di don Vito, l´ex sindaco di Palermo. Ad accertarla èstato il comando provinciale della Guardia di finanza, guidato dal generaleCarlo Ricozzi, attraverso il gruppo Entrate. Secondo i finanzieri,Ciancimino jr avrebbe occultato redditi derivanti da proventi illeciti trail 2002 e il 2004, conseguiti per effetto della gestione e del riciclaggioda parte di prestanome, degli ingenti capitali riconducibili al cosiddetto"patrimonio occulto", accumulato dal padre. Nelle indagini certosine delleFiamme gialle sono finite le vendite a una società spagnola di azioni equote del Gruppo Gas e la gestione di un conto estero tenuto presso la AbnAmro Bank di Amsterdam. Il nome di quel conto era Powercase, proprio comel´azienda, vera e proprio cassaforte del tesoro dell´ex sindaco, che donVito e l´avvocato romano Giorgio Ghiron avevano creato con sede alle IsoleVergini. Nel 2005, nel garage dello studio dell´avvocato nel ricco quartieredel Parioli, a Roma, erano stati ritrovati 29 faldoni con tutto l´archiviofinanziario dei Ciancimino: una vera e propria miniera di informazioni pergli investigatori. La Powercase era stata sciolta soltanto nel 2003.La notifica del provvedimento della Guardia di finanza - sarà poi l´Agenziadelle entrate a quantificare quanto Ciancimino debba in termini direstituzione allo Stato - è dell´aprile scorso. Più o meno nello stessoperiodo il figlio dell´ex sindaco del sacco di Palermo - condannato a cinqueanni e otto mesi in primo grado per riciclaggio e tentata estorsione,nell´ambito della gestione del tesoro del padre - ha cominciato a parlarecon i magistrati della Dda di Palermo e Caltanissetta circa il famosopapello, l´elenco delle richieste di Cosa Nostra per lasciare la strategiadelle bombe nel 1992. Se quanto sta raccontando potrà risultare davveroutile è ancora tutto da capire: finora un solo verbale è stato reso pubbliconell´ambito del processo al generale Mario Mori. In quelle pagine Massimo Ciancimino ha smentito quanto detto dall´imputatoche aveva sempre raccontato di aver incontro don Vito (defunto l´11 novembredel 2002) dopo la strage di via D´Amelio. Più recentemente Ciancimino jraveva detto di temere per la propria la propria vita, ma poche settimane fail comitato provinciale per l´Ordine e la sicurezza non gli ha assegnato lascorta.Nel febbraio 2005, quando arrivarono i primi guai giudiziari, MassimoCiancimino disse: «Sono vittima del cognome che porto. Non ho mai riciclatonulla, ho sempre svolto la mia attività alla luce del sole, proprio perquello che è accaduto alla mia famiglia sono stato molto attento a tenermilontano da certi ambienti e ho sempre lavorato onestamente». I giudici diprimo grado non gli hanno creduto.Gli oltre 42 milioni di evasione accertata dalla Guardia di finanza diPalermo vanno ad aggiungersi ai 5 milioni di euro che già il giudice Falconeaveva scoperto e sequestrato a don Vito e agli altri 60, tra conti esocietà, sequestrati dalla Dda di Palermo ai suoi eredi. Quando gli furonosequestrati i soldi, don Vito, spavaldo, disse: «Nell´arco della mia vita hoguadagnato somme più del doppio di quelle che mi sono state sequestrate».Era il 18 maggio 1991, e nello stesso processo don Vito disse candidamente:«Non vi dico dov´è il resto del mio patrimonio altrimenti me losequestrereste». Il provvedimento delle Fiamme gialle palermitane è unadelle prime applicazioni della norma interpretativa firmata dall´alloraministro Bersani nel 2006. Se infatti la legge per la tassazione deiproventi derivanti da reato è del 1993, soltanto 13 anni dopo è arrivatal´interpretazione - tutti i proventi sono tassabili - che ne ha estesol´applicazione, anche con effetto retroattivo. Per Ciancimino jr - che nel2002 aveva dichiarato 43 mila euro e nel 2003 58 mila come propri redditi -il conto potrebbe essere davvero salatissimo.
GIOVEDÌ, 16 OTTOBRE 2008
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