A liste presentate, è lecito domandarsi: ma era proprio necessario indire le “ primarie” per eleggere i gruppi dirigenti del nascente Partito democratico siciliano? Invece di questa simulazione della democrazia era preferibile, e altrettanto legittimo, che DS e Margherita optassero per una divisione equa degli incarichi, magari riservandone una fetta alle donne e ad altre rinomate minoranze. Ci avrebbero fatto anche una bella figura. In ogni caso, si sarebbe evitata questa fittizia rappresentazione della democrazia che in Sicilia (e in alcune altre regioni del sud ) vede concorrere solo candidati della Margherita. Nessuno dei Ds e/o della tanto decantata “società civile”. In realtà, sta accadendo quello che, a priori, è stato pattuito a livello di vertici. Ovvero una ripartizione proporzionale degli incarichi che, per essere nobilitata, necessitava di una legittimazione democratica. Da qui la chiamata al voto, l’indizione delle primarie. Ma, per quanto addomesticato, il voto è sempre un’incognita, un rischio che può mettere in discussione gli equilibri decisi a tavolino. Ecco, allora, la trovata: gli accordi di desistenza che ciascun partito dovrà rispettare a favore del candidato designato per quella regione. Secondo questa logica- ormai è chiaro- la direzione del PD siciliano spetta alla Margherita, addirittura ad una sua determinata corrente. Perciò, bisognava scoraggiare, con ogni mezzo, altre candidature, specie quelle effettivamente concorrenti.
Fino ad un certo momento, taluni s’illusero che così non fosse, che la competizione fosse davvero aperta e per nulla predeterminata. Sensazione sicuramente rafforzata dall’annuncio dell’entrata in campo dell’on. Giuseppe Lumia, vicepresidente ds della Commissione antimafia. Candidatura autorevole, stimata, suffragata con tanto di documento programmatico, che ha raccolto significativi consensi, anche inattesi, in vasti settori del mondo politico e sindacale, dell’economia e dell’associazionismo, talmente entusiasti da raccogliere le firme a suo sostegno. Una candidatura pesante e perciò stesso insidiosa e, secondo la logica di cui sopra, da evitare assolutamente. E così, a poche ore dalla scadenza regolamentare, ecco giungere la sorpresa: Lumia annuncia la sua malinconica marcia indietro in cambio di generiche “assicurazioni” a recepire il suo progetto da parte dello staff di Veltroni e del suo candidato designato per la regione, il sindaco di Messina, on. Genovese. Quando si dice la forza del programma! Alla vigilia di una consultazione nessuno si è mai rifiutato di far proprio un programma in cambio di pacchetti di voti e/o addirittura del ritiro del candidato concorrente.
Tuttavia, queste sono le motivazioni ufficiali. Non è dato sapere se siano state date altre, più convincenti, assicurazioni. Molti lo pensano e taluni lo scrivono sui giornali. Fatto sta che, il 14 ottobre, a concorrere saranno solo tre esponenti della Margherita. Partito che dimostra una sorprendente vitalità fino al punto di respingere, come nel caso della candidatura del sindaco di Caltanissetta, Salvatore Messana, talune minacciose ingiunzioni (interne) pubblicamente denunciate da autorevoli esponenti di quel partito. Solo candidati della Margherita, dunque. Così l’accordo è salvo, chiunque verrà eletto. Il ritiro di Lumia è stato provvidenziale per l’on. Genovese il quale vede trasformare in alleato di prestigio il suo più insidioso concorrente. Perciò, quasi tutti i pronostici assicurano che ad essere “incoronato” sarà il sindaco di Messina. Come da copione. Per altro, l’abbandono di Lumia crea forti delusioni fra i militanti e restringe l’area di partecipazione alle primarie. Se l’esito è così scontato, molti elettori non andranno a pagare cinque euro per votare.
Insomma, quello siciliano è un caso classico in cui si smentisce la finzione delle “primarie” indette per dimostrare all’universo mondo di voler dar vita a una formazione politica veramente nuova, moderna, scevra da ogni pratica spartitoria. Soprattutto in Sicilia dove, al di là delle rispettabili persone coinvolte, si dimostra che non si vogliono abbandonare vecchie e dannose logiche. Nemmeno in questa fase critica in cui è sotto attacco, ingiustamente o meno, il sistema dei partiti.
Oggi più che mai, la sfida è la riforma del sistema politico, nel senso dell’allargamento della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Per vincerla i partiti devono entrare in sintonia con i problemi della gente, soprattutto della povera gente. Questo pareva l’intento del nascente PD. Ora più di un dubbio insorge. Prevarrà l’autoriforma o l’autoreferenzialità di un gruppo dirigente sostanzialmente inadeguato? Se è questa la risposta al ciclone Grillo, c’è da stare freschi. All’antipolitica, se di questo si tratta, si risponde con la Politica, quella autenticamente democratica, affidata a gruppi dirigenti nuovi e diversamente motivati.
Agostino Spataro
13 settembre 2007
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