Gli interventi dal palco di piazza del Popolo a Roma. Niente attacchi al Colle e richiami all'unità. E la prima volta della Bonino. Apre Emma, poi Tonino e Bersani
ROMA - Berlusconi la chiama "ammucchiata". Ma gli interventi dal palco di piazza del Popolo, dal quale non si è attaccato Napolitano, nè si è abusato di "radicalismo" o "giustizialismo", ricompattano il centrosinistra. A metà giornata i timori della vigilia erano già svaniti. Nell'opposizione nessuna nuova divisione. L'obiettivo è e sarà sconfiggere Berlusconi. Non sé stessi. Così, in vista del voto, la manifestazione è un successo, numerico e politico. A partire dall'esordio, delicato, con la Bonino. Emma parla a una piazza non sua. Non tradizionalmente almeno. Ma è la prima a salire sul palco, a Roma, nel capoluogo della regione che sta cercando di conquistare. L'esponente radicale è più a suo agio di quanto ci si poteva attendere. Chiede un "nuovo inizio", una "riscossa democratica e civile". "Penso che potremo vincere qui e in altre regioni - dice -, ma per riuscirsi ognuno di voi deve essere militante e sentire che io sono vicina a voi e non il contrario". E ancora: "Vogliamo e dobbiamo essere l'alternativa al vecchio, a questo regime da basso impero, prepotente perchè si sente moribondo. Infine Emma avverte la piazza già piena: "Mancano pochi giorni alla scadenza elettorale, è probabile che ci siano altre trappole e noi dobbiamo saperle evitare".
Poi tocca a Bonelli, dei Verdi, e a Nichi Vendola. Il candidato in Puglia, con un discorso appassionato, scalda la piazza senza lanciarsi in facili ottimismi: "Se è vero che il racconto berlusconiano è finito, noi non possiamo stare seduti sulla sponda del fiume. Il racconto del Cavaliere non funziona più, ma noi non ne abbiamo ancora uno alternativo: oggi qui ricomincia il cantiere dell'alternativa". "Ricominciamo - conclude Vendola - da dove Berlusconi ha inferto l'ultimo colpo. Ricominciamo con un discorso chiaro: o faremo questo o falliremo. Hanno portato l'Italia in un angolo, abbiamo il dovere di risollevarla in piedi".
Sul palco gli succede Ferrero, il comunista con cui ebbe disputa congressuale feroce. Poi arriva Di Pietro, e tanti applausi, e la sensazione che stavolta non ci saranno da gestire le solite polemiche del giorno dopo. E infatti Tonino non attacca Napolitano, anzi. Dice chiaro e tondo: "Oggi, e da oggi in poi, parleremo solo di come mandare via Berlusconi". Il discorso è comunque duro, alla sua maniera: "Via il despota fascista e piduista". Ma al di là degli attacchi al Cavaliere l'ex pm lancia più di un appello all'unità delle opposizioni: "Ci vuole da parte di tutti coraggio e umiltà, un atto di responsabilità per fare squadra, per dare vita all'alternativa. Dobbiamo stare uniti".
Quando sale sul palco Bersani si è già capito che è andata come doveva andare. Pur tra le differenze dei toni e degli argomenti, il "sabato delle regole" non sarà anche il sabato dell'imbarazzo col Quirinale. Il leader Pd può allora fare quello che aveva preannunciato alla vigilia. Vale a dire chiudere la manifestazione con un discorso da campagna elettorale a tutto tondo.
"Non è una lista in più che ci preoccupa, perché vinciamo lista o non lista. E' la legalità che ci preoccupa", spiega all'inizio. Poi lancia l'attacco al governo: "L'agenda è in mano a uno solo che le occupa con leggi per sè e i suoi. Berlusconi fa il capopopolo, il capopartito, il caporedattore del Tg1... fa tutto tranne il suo mestiere". E ancora: "Da Berlusconi vengono solo chiacchiere, mentre la sala macchine del governo fa solo gli affari suoi"
Da questa piazza "che è l'inizio dell'alternativa", continua il leader democratico, "deve partire un messaggio concreto sui problemi concreti dei cittadini". Perché "democrazia e lavoro sono parole gemelle che si danno la mano, e lo dice la prima pagina della nostra Costituzione, la più bella del mondo". Lavoro, lavoro, e ancora lavoro. Il segretario del Pd lo ripete molte volte: "Un'altra Italia è possibile. Noi combatteremo Berlusconi ma non ci rispecchieremo in Berlusconi perchè lui non è il futuro del nostro Paese. E invece noi parliamo al futuro del Paese". Anche se la strada è lunga e ricca di pericoli. "Il Cavaliere al tramonto è pericoloso per le istituzioni: per questo lo combatteremo".
(La Repubblica, 13 marzo 2010)
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