mercoledì 22 aprile 2009
Palermo, novità sulla strage di via D'Amelio
ROMA - Gaspare Spatuzza sarà protetto ed accederà al programma provvisorio di protezione su richiesta della procura della Repubblica di Firenze che indaga sulla strage di via Dei Georgofili del 26-27 maggio del '93.È una delle decisioni assunte nel corso dell'incontro fra alcuni magistrati delle procure di Caltanissetta, Palermo, Roma e Firenze, convocati nella capitale dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso per esaminare la rilevanza delle dichiarazioni che Spatuzza rende da diversi mesi ed indica perfino il mancato attentato alla casa di dante all'inizio di Viale Trastevere a Roma, non realizzato per il "timore" di Cosa Nostra, sostiene Spatuzza, di provocare "troppi morti" perchè in quei giorni si celebrava la festa di quartiere "De noantri". Ma le novità più importanti riguarderebbero la strage di Via D'Amelio. "Stavamo preparando tutti i documenti per chiedere la revisione del processo Borsellino bis. Lo avevamo deciso da tempo. Ora ci si è fermati in attesa di leggere le dichiarazioni dei nuovi pentiti ed in particolare di Spatuzza" dice Rosalba Di Gregorio, legale di Pietro Aglieri, ex capo del mandamento Santa Maria di Gesù- Guadagna, accusato con altri dell'attentato in cui furono uccisi Paolo Borsellino e gli uomini della scorta.De Gregorio spera di riaprire il processo, quella parte almeno che per le "rivelazioni" di un ex pentito, Vincenzo Scarantino, portò alla condanna all'ergastolo di Aglieri e di altre cinque persone (Gaetano Murana, Cosimo Vernengo omonimo del presunto boss, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino e Giuseppe Urso detto "Franco"), considerate vicino al capo mandamento e condannati definitivamente, soltanto per la strage di Via D'Amelio, all'ergastolo e che, secondo le nuove rivelazioni di Spatuzza, non c'entrano nulla. Così a diciassette anni dalla strage in cui furono uccisi Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della scorta, l'inchiesta sugli autori sta per ripartire. I magistrati di Caltanissetta sono alle prese con il "dichiarante" Gaspare Spatuzza, il killer di don Puglisi.L'ex vice capo del mandamento di Brancaccio, infatti, da mesi sta riempiendo pagine e pagine di verbali raccontando la sua vita criminale e quella di alcune famiglie di Cosa Nostra protagoniste delle "stragi" che nei primi anni novanta insanguinarono l'Italia. Se le sue dichiarazioni verranno confermate, la storia della strage di Via D'Amelio, e non solo di questa, dovrà in buona parte essere riscritta.Spatuzza sostiene, infatti, che fu lui a rubare la 126 Fiat che imbottita di tritolo fu utilizzata per l'attentato del 19 luglio 1992 in via D'Amelio e di avere ricevuto l'incarico dai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Ha indicato ai magistrati di Caltanissetta il luogo esatto dove l'auto fu rubata. Dichiarazioni che sconfessano Vincenzo Scarantino.L'ex pentito che sta scontando 18 anni - e che si autoaccusò del furto, salvo, successivamente, ritrattare tutto - , raccontò (e la sua verità è stata fatta propria anche dalle sentenze della Cassazione), invece, di avere incaricato del furto dell'auto due balordi, su input del boss Salvatore Profeta: un tossicodipendente a cui vendeva la droga, Salvatore Candura (che oggi collabora con la giustizia e che avrebbe confermato le nuove rivelazioni di Spatuzza), e Luciano Valenti. Scarantino successivamente ritrattò tutto e accusò magistrati e investigatori di averlo "addestrato". Alcuni magistrati all'indomani di queste accuse furono inquisiti dalla procura di Catania, ma la vicenda si chiuse con una archiviazione perchè Scarantino puntualizzò che non si riferiva ai magistrati di Caltanissetta.Ma le "verità"processuali non cambiarono. Anche Giovanni Brusca, uno dei pentiti più accreditati da diverse procure, ha sollevato più di un dubbio e in due occasioni. La prima nel corso di un processo a Catania sulle "stragi", qualche anno fa dichiarò: "Ci sono innocenti in carcere per l´eccidio di via D´Amelio".La seconda quando riferì di aver chiesto a Totò Riina se "quelli si sono fatti sentire" (cioè se Aglieri e il vicecapo del mandamento Carlo Greco avessero o meno partecipato alla strage) e di aver avuto per risposta: "non li ho chiamati e non si sono fatti sentire". Ad aggiungere "dubbi" e riserve le dichiarazioni rese a "La Stampa" dall'ex piemme, "in applicazione", di Caltanissetta Ilda Boccassini.Il magistrato ha sostenuto che le dichiarazioni di Scarantino non l'hanno mai convinta, tanto è vero che prima di lasciare, per scadenza dell'incarico, la procura nissena, nel '94 in dieci pagine di verbale espresse tutte le sue riserve. Verbale del quale avrebbe ancora copia ma del quale non c'è più traccia a Caltanissetta. A far dubitare dell'attendibilità di Scarantino già nel '94, secondo la Boccassini, furono le dichiarazioni del "pentito" su presunti mandanti le "stragi": Fininvest, Marcello Dell'utri ecc... Tesi, invece, alle quali diedero spazio alcuni suoi colleghi che si occupavano delle indagini su via D'Amelio: i piemme Nino Di Matteo e Anna Maria Palma (oggi consulente della commissione parlamentare Antimafia).Saranno ora la Direzione nazionale antimafia, la procura di Caltanissetta, quella di Palermo, di Roma e di Firenze a decidere cosa fare: Spatuzza, infatti, da un lato "assolve" alcuni (già condannati definitivamente) dall'altro inserisce fatti, episodi e personaggi mai sfiorati prima dalle indagini e dai processi.
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